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Cosa si vede dalla finestra internazionale?

L’ingresso in campo di Scozia e Belgio prima della gara, valida per le qualificazioni ad EURO2020, del settembre 2019

Domani sera, da Copenhagen contro la Danimarca, ricomincia la corsa della Scozia maschile verso la qualificazione alla coppa del mondo.

Dopo aver interrotto l’attesa della partecipazione ad un major tournament (Francia 1998) con la qualificazione ad Euro2020, i ragazzi di coach Steve Clarke proveranno a guadagnarsi nuovamente il diritto di giocare una fase finale della coppa del mondo.

Non sarà per niente facile, perché gli avversari si chiamano Danimarca, appunto, ma anche Austria, Israele (battuto solo ai rigori nella semifinale del “torneo di ripescaggio” per Euro2020), Fær Øer e Moldavia, che sabato prossimo (4 settembre) sarà il primo e unico avversario che sfiderà la Scozia ad Hampden Park nelle tre giornate del torneo di qualificazione che si disputano in settembre.

L’arrivo di Steve Clarke alla guida della Scozia ha portato una ventata di aria fresca e la qualificazione all’europeo è stata il completamento di un processo che si sarebbe potuto definire positivo (per diverse ragioni) anche se dalla “lotteria dei rigori” di Belgrado fosse uscito il nome della Serbia.

Un momento della gara tra Scozia e Belgio

Certo, purtroppo nel calcio professionistico (ma non solo) contano solo i risultati e quindi un’eventuale sconfitta ai rigori avrebbe rappresentato un ulteriore fallimento, un’altra fase finale di un major tournament guardata alla tv, un’altra estate a chiedersi cosa si poteva fare diversamente e a riguardarsi le immagini della coppa del mondo del 1978, o di Italia ’90 e di Marassi invasa dai tifosi scozzesi, o a continuare a pensare che era impossibile non qualificarsi alla fase finale dell’europeo dopo aver battuto la Francia a Parigi (goal di McFadden in loop che molto probabilmente sarebbe stato immortalato anche in Trainspotting se solo non fosse stato segnato molti anni dopo l’uscita del libro – e del film).

Ho visto la nazionale maggiore maschile scozzese dal vivo solo una volta, nel 2018 contro il Belgio ad Hampden Park, e onestamente credo di aver visto uno dei punti piú bassi della storia recente della Scozia.

L’esterno del Main Stand di Hampden Park

L’avversario di quella sera, i Diavoli Rossi di Martinez, erano davvero fuori categoria per la Scozia ma il modo in cui la partita si è sviluppata, la passività totale mostrata dalla Scozia, mi lasciarono davvero perplesso.

Quella giornata si era anche aperta bene, perché dopo un fantastico pranzo alla WEST Brewery, ero riuscito finalmente a vedere dal vivo il Cathkin Park – o, meglio, quello che resta.

Cathkin Park è adesso un parco comunale che sorge, in linea d’aria, alle spalle del North Stand di Hampden Park. Al suo interno, ci sono ancora le terraces di quello che era conosciuto come Hampden (il secondo stadio con questo nome) fino al 1903, prima che i Queen’s Park decidessero di costruirsi una nuova casa, il terzo (e ultimo) Hampden.

Una delle terrace rimaste di Cathkin Park

Dal 1903 al 1967, il New Cathkin Park era diventato la casa del Third Lanark (club che decise di cambiare nome allo stadio), club che proprio in quell’anno andò in fallimento. Lo stadio rimase inutilizzato e, negli anni, è andato in rovina. Ci sono progetti di riqualificarlo, finalmente, anche perché un rifondato Third Lanark AFC (che gioca nella Greater Glasgow Amateur League) è tornato a giocare al Cathkin Park.

Il “pellegrinaggio” ad un uno dei lost grounds scozzesi è stato l’unico momento di poesia della giornata, perché lo spettacolo messo in scena nel terzo Hampden dalla Scozia è stato davvero indegno, quel giorno. I ragazzi in blue, guidati da Steve Clarke, subirono la sconfitta casalinga più pesante della loro storia (dopo lo 0-5 per mano dell’Auld Enemy nel lontano 1973) ma, più che il risultato finale (0-4, Belgio a segno con Lukaku, Vermaelen, Alderweireld e De Bruyne, con quest’ultimo in serata di grazia) è stato il modo in cui è arrivata la sconfitta – modo che, citando Dante, “ancor m’offende”.

Il match programme della partita

La Scozia era apparsa un gruppo di giocatori che avrebbero voluto essere ovunque tranne che in campo. Non era una squadra, non c’era un purpose, non c’erano idee e, come ho detto sopra, credo che davvero quello fosse il punto più basso dell’era post-moderna.

Steve Clarke, arrivato nel maggio 2019, aveva trovato un gruppo di giocatori che, dall’esterno, sembrava davvero non avere le idee chiare su quali fossero gli obiettivi e su come ottenerli e poteva solo far crescere questa squadra, ma la metamorfosi mostrata dal gruppo, addirittura contando che si è passati attraverso due lockdown, ha davvero qualcosa di miracoloso. Il problema della Scozia era soprattutto psicologico, si vedeva chiaramente che i ragazzi scendevano in campo con paura e non si divertivano. La vittoria dello spareggio di Belgrado contro la Serbia ha riacceso il fuoco, vediamo se Robertson e compagni riusciranno (con diverse difficoltà, tra infortuni e giocatori in isolamento) a tenerlo accesso.

Nothing Matters More
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L’importanza dei preliminari

I tornelli all’ingresso del Main Stand di Meggetland

La Road to Hampden Park è cominciata ieri, sabato 28 agosto, con le undici gare del preliminare di Scottish Cup che hanno visto protagoniste squadre che occupano sesta e settima posizione nella “piramide” del calcio scozzese.

Le coppe hanno sempre avuto, per me, un grande fascino, spesso addirittura superiore ai campionati e quando posso cerco sempre di andare a vedere gare ad eliminazione diretta dal vivo.

Il Main Stand di Meggetland

Ieri pomeriggio, dopo quattro gare di Lowland League consecutive, è stata la volta di una partita di Scottish Cup, quella tra Tynecastle FC e Girvan FC giocatasi a Meggetland.

Sono tornato a Meggetland (centro sportivo che sorge nel sud-ovest di Edimburgo) dopo qualche anno e, per la prima volta, ho visto una gara di calcio nella struttura dove Edinburgh Rugby ha giocato in casa per una stagione.

Il Girvan FC festeggia il primo goal della gara

Come detto, l’occasione è stata lo scontro tra due squadre che si contendevano l’accesso al sorteggio del primo turno di Scottish Cup (effettuato nel tardo pomeriggio di oggi). Il Tynecastle FC è una squadra di East of Scotland Football League – una delle tre competizioni (le altre sono South of Scotland e West of Scotland) che formano il sesto gradino della piramide calcistica scozzese al di sotto della Lowland Football League – e divide Meggetland coi Boroughmuir Bears, club di rugby di Super6, dal 2018.

Prima di spostarsi a Meggetland, il Tynecastle FC (formato nel 1928 come Tynecastle Boys Club e conosciuto col nome attuale dal 2005 dopo la fusione col Tollcross United) aveva giocato al Fernieside Recreation Ground (casa del Tollcross United dal 1971) e dal 2015 aveva diviso il Saughton Enclosure con il Lothian Thistle Hutchison Vale.

Meggetland, che vanta una capienza di poco più di 4,300 spettatori (tra cui 500 posti a sedere nel main stand) è un bello stadio dove vedere calcio o rugby, consente una bella visuale del campo da ognuno dei suoi tre stand ed è anche piuttosto facilmente raggiungibile dal centro (con bus 10 o 27 in una ventina di minuti da Princes St).

Ospite di ieri era il Girvan FC, una squadra dell’Ayrshire che milita in West of Scotland League Conference A, un gradino sotto il Tynecastle e quindi al settimo gradino della “pyramid”. Potenzialmente, questo fattore avrebbe fatto dei Seasiders (questo il loro soprannome) gli underdogs di giornata ma, per quanto visto in campo nei novanta minuti, il Girvan avrebbe meritato davvero miglior sorte.

Il Tynecastle in attacco nella prima frazione

Gli ospiti, partiti meglio, sono andati avanti in avvio ma non sono riusciti a concretizzare le numerose occasioni create. Il Tynecastle ha avuto il merito di rimanere in partita, sopportando al meglio le ondate offensive degli ospiti e sfruttando al meglio le occasioni che si sono presentate sulla propria strada. Nota negativa: il Tynecastle ha deciso di non produrre un programma per la sfida. A parziale “risarcimento”, mi è stato dato un biglietto “generico” ai tornelli.

Il match si è chiuso sul 4-2 per i padroni di casa, che nel prossimo turno (il primo “ufficiale) ospiteranno i Brora Rangers, club che dalle parti del Tynecastle Park ricordano molto bene per aver eliminato, nell’edizione scorsa, gli Hearts.

Gregor Townsend durante il sorteggio del primo turno di Scottish Cup

Il sorteggio del primo turno è stato effettuato, in diretta sulle piattaforme social ufficiali della competizione, alla presenza di Gregor Townsend, head coach della Scozia maschile di rugby.

Il primo turno si giocherà nel fine settimana del 17/18/19 settembre. Molti gli incroci interessanti, conosceremo nelle prossime settimane date ed orari esatti delle partite.

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Scottish Cup, it’s a way of life

La Scottish Cup esposta nella bacheca del The Heart of Midlothian Museum, che si trova sotto il Gorgie Stand del Tynecastle Park. A fianco della coppa, lo scarpino destro firmato da Rudi Skacel

Sabato prossimo comincia, con le gare del turno preliminare, l’edizione 2021/22 della Scottish Cup, il secondo torneo di calcio più antico del mondo – ma che può vantare il trofeo più antico, con la coppa che, come la vediamo oggi, è stata consegnata per la prima volta nel 1874, esattamente il 21 marzo di quell’anno quando il Queen’s Park, ad Hampden, vinse la finale contro il Clydesdale.

Come riporta il sito ufficiale della Scottish FA, “(…) The FA Cup is the oldest tournament but their trophy has been replaced on more than one occasion while the Scottish Cup has retained the same silverware since its launch in the 19th century.

Tynecastle Park sotto la neve nel pre-partita di Hearts-Hibs del 21.01.2018

Il Queen’s Park, forse anche perché ispirato dal giocare la finale casalinga, ha vinto dieci edizioni della coppa ma l’ultima volta che ha alzato il trofeo, prodotto dai gioiellieri di Glasgow George Edward & Sons, era il 1893 (anno in cui Genoa, FC Basel e FC Barcelona venivano fondate).

Hampden Park (la cui versione odierna è la terza della sua storia) è la sede della finale ma, negli anni, la gara decisiva è stata giocata anche a Hamilton Crescent, Kinning Park, Cathkin Park, Ibrox e Celtic Park.

Se il Queen’s Park ha dominato le primissime edizioni della competizione, negli anni le due squadre che formano l’Old Firm hanno lentamente ma inesorabilmente iniziato a prendere piede anche qui.

I tifosi degli Hearts ricordano ai rivali degli Hibs la data della finale di Scottish Cup finita 1-5

Il Celtic vanta 39 Scottish Cup nella sua bacheca in East Glasgow, ultimo successo nella finale 2020 contro gli Hearts. Risultato fissato sul 3-3 dopo 120 minuti intensi giocati in un Hampden Park vuoto, la gara è stata decisa dai calci di rigore. Il match si giocò il 20 dicembre 2020 perché, ovviamente, anche la competizione era stata influenzata dalla pandemia.

Per due anni consecutivi, Hoops e Jambos si sono trovati di fronte in finale e nel 2019, ironia della sorte, ero al Celtic Park per la finale di Guinness PRO14 (rugby) tra Leinster e Glasgow Warriors e vedere la partita in tv, nella sala stampa dello stadio, è stata un’esperienza piuttosto amara visto il risultato finale – e soprattutto com’è maturato.

Gli Hearts hanno vinto la coppa per l’ultima volta nel 2012, nell’ormai leggendario Edinburgh Derby in cui, ispirati da Rudi Skacel, hanno demolito gli Hibs (1-5). Quel giorno, invece, ero al Twickenham Stadium di Londra per la finale di Heineken Cup (rugby) e ricordo di aver visto la partita sui mini-schermi presenti in tribuna stampa.

I programmi delle gare di Scottish Cup che ho visto dal vivo

I Jambos hanno in bacheca otto Scottish Cup (e, per otto volte, sono arrivati secondi). La prima vittoria è arrivata nel 1890/91, la penultima nel 2005/06 (ai rigori contro il Gretna, club fallito due anni più tardi e tornato come Gretna 2008 in Lowland League).

I Rangers siedono al secondo posto della “classifica” dei vincitori, con 33 Scottish Cup nel loro trophy cabinet – ma non vincono il trofeo dall’ormai lontano 2009. Clamorosamente, nel 2016 hanno assistito ad un evento storico: l’Hibernian, battendo proprio i Gers, tornava ad alzare la Coppa al cielo dopo 114 anni.

Un momento della sfida tra Edinburgh City e Fort William FC, turno preliminare di Scottish Cup 2014/15 giocato al Meadowbank Stadium il 16.08.2014

Da quando mi sono trasferito in Scozia non ho visto molte gare di Scottish Cup, decisamente ne ho viste molte meno di quelle che avrei voluto (ma rimedierò). La prima in assoluto è stata quella del terzo turno dell’edizione 2012/13, al vecchio Meadowbank Stadium, tra i padroni di casa dell’Edinburgh City e il Queen of the South. Qualche mese dopo, agosto 2014, sono tornato a Meadowbank per il turno preliminare tra City e Fort William, squadra di Highland League diventata famosa qualche anno fa per il record di sconfitte (840 giorni consecutivi senza raccogliere una vittoria).

Sarebbero poi passati due anni prima che tornassi a vedere una gara di Scottish Cup, stavolta al Tynecastle Park per la sfida tra Hearts ed Aberdeen (era il quarto turno, gennaio 2016) e altri due anni per la mia quarta gara, ancora in gennaio (2018) e addirittura un Edinburgh Derby (vinto 1-0 con goal di Cowie all’87’, gli Hearts sarebbero poi stati eliminati ai quarti dal Motherwell).

Le ultime due gare che ho visto dal vivo sono state il replay del sesto turno dell’edizione 208/19, Hearts-Partick Thistle (2-1 con goal di Uche e Clare in rimonta) e la gara tra Hibs e Dundee United ad Easter Rd, un altro replay (stavolta del quarto turno, vinto dai padroni di casa 4-2).

Edinburgh City v Queen of the South, 03.11.2012, la mia prima gara di Scottish Cup

Sono venticinque in totale i club che hanno avuto l’onore di vincere il trofeo, con Renton FC, Third Lanark e St Bernard’s che, nonostante siano ormai scomparsi, hanno per sempre il loro nome sulla coppa.

Nel 2014 il St Johnstone raggiunse la sua prima finale di Scottish Cup Final (in 130 anni di storia) vincendo il trofeo con il successo, 2-0, sui rivali del Dundee United. I Perth Saints si sono ripetuti lo scorso maggio, centrando un clamoroso double (dopo aver vinto la Scottish League Cup) con il successo in finale (1-0) sugli Hibs.

Sabato, come detto, si apre l’edizione 2021/22 con le undici gare del turno preliminare. Cumnock Juniors, Dalkeith Thistle, Darvel, Dunbar United e Sauchie Juniors, che hanno da poco ottenuto la “Club Licence”, prenderanno parte alla competizione per la prima volta, mentre Auchinleck Talbot, Irvine Meadow e Musselburgh Athletic parteciperanno alla Scottish Cup come membri della SFA – e non più come club invitati.

Il Clydebank torna invece in Scottish Cup (mancava dall’edizione 2001/02) dopo esser stato rifondato come “junior club” nel 2003 e dopo aver ottenuto la licenza dalla SFA.

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Il calcio femminile scozzese va a teatro (e i risultati sono straordinari)

Il palco dello spettacolo montato nel Main Stand del Tynecastle Park

Il calcio femminile scozzese negli ultimi anni è cresciuto esponenzialmente, grazie al grande lavoro dietro le quinte e ai risultati ottenuti dalla Nazionale che, nel 2017 (europei) e 2019 (coppa del mondo, un traguardo che il calcio scozzese non raggiungeva da vent’anni) riuscì a qualificarsi per la fase finale di un major tournament – qualcosa che la Nazionale maschile è riuscita a fare solo per Euro2020, dopo più di vent’anni di attesa.

Il calcio domestico femminile stenta ancora un po’ a decollare, anche perché non è per nulla facile farsi spazio in un Paese, la Scozia, dove anche club domestici maschili soffrono da sempre l’ingombrante dominio dell’Old Firm. South of the border il calcio femminile, con la FA SWL, ha raggiunto forse lo step successivo (anche grazie alle prestazioni delle Lionesses, la nazionale femminile inglese, che non ha vinto trofei – al pari della maschile – ma si è ormai consolidata nel numero delle migliori squadre al mondo) ma pur sempre la strada da fare verso una vera e propria uguaglianza è ancora molto lunga – basti pensare che nessuna delle squadre femminili di FA SWL, pur essendo di fatto la squadra femminile di club di Premier League (avendo lo stesso nome, vestendo le stesse maglie con lo stesso logo) salvo rarissime occasioni e solo negli ultimi anni gioca nella “casa” del club e si trova, solitamente, a dover giocare partite in stadi piccoli.

Il poster dello spettacolo

Dopo un anno di pausa forzata dalla pandemia, nel 2021 sono tornate tante manifestazioni e tra loro, anche se con qualche limitazione, è tornato anche l’Edinburgh Fringe. In questa edizione la compagnia teatrale “This is my story Productions” (che non nasconde, già nel nome, un richiamo agli Hearts) dopo aver portato sul palco montato all’interno del Tynecastle Park la storia del McCrae’s Battalion nelle edizioni 2018 (cui sono stato) e 2019, ha deciso di mettere in scena uno spettacolo incentrato sull’ascesa e caduta (‘colpevoli’ compresi) del calcio femminile in Scozia durante la prima guerra mondiale.

Nel 2018 la compagnia aveva prodotto “A war of two halves” che, come detto, ripercorreva le orme dei giocatori degli Hearts che, allo scoppio della prima guerra mondiale, lasciarono i campi da calcio (ad un passo dal vincere il titolo di campioni di Scozia) per andare a combattere in Francia col McCrae’s Battalion. Lo spettacolo era ambientato al Tynecastle Park ed era uno spettacolo “itinerante”, nel senso che non c’era un palco fisso ma gli spettatori seguivano fisicamente gli attori attraverso le diverse fasi dello spettacolo in diverse aree dello stadio, partendo dal Main Stand, passando per gli spogliatoi (allora collocati ancora nel Wheatfield Stand dal momento che il Main Stand era stato si aperto, ma non completato) e arrivando addirittura ad una trincea ricostruita dietro il Roseburn Stand.

La placca posta all’ingresso della Usher Hall di Edimburgo che ricorda il McCrae’s Battalion

Quest’anno, invece, il focus è sulla squadra di calcio femminile formatasi all’interno della fabbrica della North British Rubber, un’azienda situata nel quartiere di Fountainbridge della capitale scozzese che durante la guerra produceva stivali per i militari impegnati nelle trincee europee. Lo spettacolo, che dura in tutto due ore e mezza (compresi 15’/20′ minuti di intervallo) si svolge su un palcoscenico costruito all’interno del Main Stand (con gli spettatori tutti seduti nel settore S dello stadio) e ripercorre la storia di queste donne, della loro esperienza in fabbrica come lavoratrici a sostegno dello sforzo bellico, del loro amore per il calcio.

Nel 1916 il calcio femminile era sempre più popolare in Scozia e Inghilterra e continuava a crescere, finché la SFA (che aveva cercato in tutti i modi di ostacolarne la crescita) non decise (nel 1921) di impedire alle donne di giocare a calcio, adducendo motivazioni “scientifiche” e chiedendo ai club loro associati (maschili, ça va sans dire) di non dare più autorizzazione a squadre femminili di giocare nei loro stadi.

Questo divieto resterà di fatto in vigore fino al 1971, e in Scozia si protrarrà per altri tre lunghi anni. La storia del calcio femminile in Scozia si mischia con quella personale delle lavoratrici, col movimento delle Suffragettes che chiedevano diritto di voto per le donne (ed uguaglianza, con le lavoratrici che pur facendo lo stesso lavoro dei lavoratori venivano pagate molto meno) passando per lo scoppio della pandemia di influenza (che collega, tristemente, le due epoche, quella raccontata nel play e quella che stiamo vivendo) e raccontando, con amara ironia, le macchinazioni della Federazione per impedire al calcio femminile di continuare a crescere.

Il palco poco prima dell’inizio del secondo tempo

Nove attrici sul palco, che recitano, cantano, suonano e offrono una rappresentazione di un’epoca gloriosa e drammatica, per le vite dei loro personaggi e per il calcio femminile in Scozia. Uno spettacolo che non ha paura di affrontare tematiche ancora piuttosto difficili, come l’esperienza delle donne e degli uomini durante la guerra, il rientro a casa dei militari, la difficile reintegrazione, le complicate relazioni amorose.

Uno spettacolo, Sweet F.A., davvero intenso, che strappa risate al pubblico ma che fa anche commuovere, con le nove attrici bravissime nel coinvolgere gli spettatori presenti sugli spalti per tutta la durata del play.

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Lowland League mon amour

I tornelli all’ingresso dall’Ainslie Park Stadium

Quarta gara consecutiva di Lowland Scottish Football League di questo “pazzo” 2021, un anno che (quasi a pari merito col 2020) verrà ricordato, soprattutto, per questa maledetta pandemia che ancora non sembra intenzionata a lasciarci in pace. Nonostante tutto, però, si cerca di tornare a vivere una certa “normalità” e andare a vedere gare di calcio in un contesto, quello della non-league scozzese, piuttosto “rilassato” ed adeguato al livello 0 di restrizioni cui da qualche settimana siamo entrati, lascia sperare davvero che una luce in fondo al tunnel ci sia davvero.

Segni pre-level 0 per il distanziamento fisico che speriamo siano consegnati alla storia

La gara che ho scelto di vedere oggi, dopo due trasferte davvero interessanti, è quella fra The Spartans ed East Stirlingshire all’Ainslie Park Stadium di Edimburgo. Meteo davvero inclemente, con pioggia battente fin dalla mattina, ma clima tutto sommato accettabile per poter vestire pantaloni corti (19°C, vento praticamente assente, un giorno che sembra autunnale ma ha ancora qualcosa d’estivo, mettiamola così) e passare novanta minuti in uno stadio senza soffrire troppo.

Il cielo sopra il main stand di Ainslie Park

Gli Spartans sono una squadra che mi piace molto, soprattutto per il nome e per il logo. Ho studiato al liceo classico e son sempre stato filo-spartano (ero controcorrente in tutto e con Atene come mainstream, non potevo che scegliere gli underdogs lacedemoni) e all’università, in un esame di storia greca, avevo letto un libro (“il kòsmos spartano” era il titolo) per supplire alla mancata frequenza. Insomma, Sparta era da sempre nel mio destino.

Clamorosamente, ho atteso più di sette anni per tornare ad Ainslie Park e dò la colpa al rugby e al fatto che sono stato occupato ad andare in giro a vedere altri posti in questi anni. Ainslie Park non è cambiato moltissimo, in sette anni, ma sono stati aggiunti veri tornelli all’ingresso ed è stata costruita una terrace per gli ospiti sul lato di fianco alle panchine, terrace che però, per il regolamento sicurezza covid, non è ancora stata aperta.

Una fase della gara tra Spartans ed East Stirlingshire con la nuova terrce sullo sfondo

Poco male, i numerosi tifosi dell’East Stirlingshire si sono mischiati, tranquillamente, ai tifosi locali nell’unico stand coperto. La pioggia, come detto, non ha praticamente mai smesso di scendere sulla capitale scozzese per tutto il pomeriggio e solo un manipolo di appassionati ha deciso di passare la gara all’esterno – alcuni di loro senza ombrello. Scelte di vita insomma che non è giusto discutere ma che vanno accettate.

Ainslie Park sorge nel quartiere di Pilton, un quartiere che si trova a nord della capitale scozzese e che consiste di due housing scheme. Non proprio una perla nella corona di Edimburgo, ma la zona dello stadio – dove, a due passi, sorge anche un leisure centre – è tutto sommato tranquilla e, per un kick off alle 3pm di sabato pomeriggio, non presenta particolari problematiche.

L’indicazione stradale per Ainslie Park – con cartello che indica luogo di uno dei tanti covid test centre

Ci si arriva con un paio di bus dal centro di Edimburgo, ma oggi sono arrivato da casa camminando fino all’inizio di Glasgow Rd e prendendo il bus 21, che mi ha lasciato all’angolo con la via dello stadio in poco più di venti minuti.

Sono arrivato tutto sommato presto, con circa quaranta minuti di anticipo sul calcio d’inizio ma solo perché volevo garantirmi un bel posto nello stand coperto. Cash at gate, ovvero si paga in contanti ai tornelli, programma acquistato all’ingresso e via verso lo stand che, quando sono arrivato, era ancora praticamente vuoto.

Il main stand dell’Ainslie Park

Gli Spartans, come detto, ospitavano l’East Stirlingshire in quello che, di fatto, era il match più interessante del nono turno di Lowland League. I padroni di casa si presentavano alla sfida al terzo posto in classifica, con 18 punti e ad una sola lunghezza dal Bonnyrigg Rose capolista – ma con addirittura una gara in meno, mentre gli ospiti, con 11 punti, arrivavano nella capitale in cerca disperata di una vittoria per accorciare le distanze con le squadre di vertice.

Non avevo mai visto giocare l’East Stirlingshire, club fondato nel 1881 e uno dei due club di Falkirk – l’altro, il Falkirk FC, gioca in Scottish League 1 e divide il Falkirk Stadium proprio con lo Shire (pronuncia, alla scozzese, “sciaiar“) dal 2018/19. Fino ad allora, lo Shire giocava le gare interne al Firs Park e dal 2008 aveva diviso Ochilview Park con i rivali dello Stenhousemuir.

Le squadre lasciano il campo a fine gara

I bianconeri, oggi scesi in campo in divisa rossonera, sono entrati nella Scottish Football League nella stagione 1900/01 e solo al termine della stagione 2015/16 lo Shire (per mano dell’Edinburgh City, altro club della capitale che, in attesa che i lavori per la costruzione del nuovo Meadowbank siano terminati, gioca ad Ainslie Park) è retrocesso in Lowland League dopo aver chiuso la stagione all’ultimo posto della League 2.

Il club, negli anni recenti, ha sofferto più di qualche problema economico e anche la stessa sopravvivenza in SFL (prima della riforma dei tornei con la nascita della SPFL e l’introduzione dello spareggio promozione/retrocessione con la vincente della finale tra le prime classificate il Lowland e Highland League) era stata, in alcuni momenti, messa in discussione.

Il complesso che ospita gli spogliatoi e la sede del club

La stagione 2021/22 dello Shire era partita piuttosto bene, con due vittorie consecutive, cui erano però seguite due sconfitte e il pareggio casalingo contro il Gretna 2008, un risultato che (con tutto il rispetto per il Gretna) non può essere accolto positivamente da una squadra che ha come ambizione il ritorno nella football league.

Gli Spartans, dal canto loro, come detto si presentavano alla gara da secondi in classifica e con l’intento di restare nelle zone alte il più possibile, considerando che il Bonnyrigg Rose non sembra intenzionato a perdere punti per strada e Civil Service Strollers, Dalbeattie Star e Berwick Rangers (oltre alle due “B” di Celtic e Rangers che, al momento, sono escluse dalla lotta alla promozione salvo ulteriori modifiche in corsa del regolamento) stanno viaggiando con un ruolino di marcia piuttosto costante.

Un’altra fase della gara

La gara, giocata sotto una pioggia costante e a tratti battente, è stata molto bella. Shire avanti 3-0 e in superiorità numerica già dalla seconda metà del primo tempo, Spartans che quando le speranze sembravano ormai svanite (dopo aver fallito anche un rigore) hanno trovato due goal e spinto fino alla fine costringendo lo Shire (per citare Sir Alex Ferguson, che proprio dall’East Stirlingshire aveva iniziato la sua carriera di allenatore) a soffrire fino alla fine in quello che la leggenda del Man Utd avrebbe definito “squeaky bum time”.

Risultato finale 2-3, i tanti tifosi dell’East Stirlingshire hanno potuto festeggiare una vittoria che porta lo Shire a 14 punti in classifica ma che consente loro di guadagnare punti solo sui diretti avversari di oggi, gli Spartans appunto, che vedono a loro volta Rose e Civil Strollers allungare in vetta.

Il match programme della gara di oggi
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Calcio popolare nel regno di Fife

L’East Stand dell’East End Park gremito dai tifosi degli Hearts

Anche oggi parliamo della stagione 2013/14 degli Hearts, e stavolta il motivo è la gara amichevole giocata all’East End Park di Dunfermline contro la squadra locale, il DAFC, nel luglio 2013.

L’East End Park è un bello stadio che sorge nella parte est di Dunfermline. Dietro il North Stand, che corre parallelo al Main Stand, si trova il grande cimitero della cittadina che si può vedere proprio dal Main Stand. Lo stadio è stato aperto nel 1885 (anno di fondazione del DAFC) ma è diventato uno stadio con tutti posti a sedere solo negli anni novanta, con una capienza nominale di 11,480 spettatori.

Il North Stand dell’East End Park

Quel giorno erano presenti 4,538 spettatori e la stragrande maggioranza erano tifosi degli Hearts. L’ingresso della gara era stato fissato in £10 e la gara amichevole era la prima edizione della Fans’ Cup 2013 (la seconda e finora ultima si giocò nel 2015 tra Albion Rovers e Hearts), un torneo organizzato da Supporters Direct Scotland con l’intento di celebrare il coinvolgimento dei tifosi nella gestione dei club.

Quella stagione, che come ormai saprete si aprí con gli Hearts in amministrazione, penalizzati con -15 punti in classifica e di fatto già retrocessi ancora prima che la palla iniziasse a rotolare, si era aperta il 9 luglio con una sconfitta (5-1) contro la Dinamo Bucarest al Leigh Sport Village, centro sportivo situato nella Greater Manchester e che il prossimo anno ospiterà gare dell’Europeo femminile di calcio.

Ingresso in campo delle squadre

La seconda gara amichevole della pre-season era invece in programma quattro giorni più tardi, sabato 13 luglio, contro il Dunfermline Athletic FC la cui situazione finanziaria era, in quel periodo, non molto diversa da quella dei Jambos.

Una settimana prima della gara, il 5 luglio, Pars United (organizzazione di tifosi formatasi con l’intento di salvare il club dalla liquidazione, obiettivo centrato poi nell’ottobre di quell’anno) era stato designato come la scelta preferita dall’amministratore (KPMG) cui affidare le sorti del club.

Il muro dei tifosi dietro il Norrie McCathie Stand, lo stand dei tifosi del DAFC

Il tentativo di Pars United di salvare il club andò a buon fine ma l’essere entrati in amministrazione nel marzo 2013, a stagione in corso, costò ai Pars 15 punti di penalizzazione da scontare nella stagione 2012/13 che si chiuse con la retrocessione nell’allora Scottish Division Two dopo i playoffs (quella che, nella stagione 2013/14, sarebbe stata conosciuta come League 1).

Per gli Hearts, invece, era la Foundation of Hearts la protagonista del tentativo di salvataggio del club. Anche quel tentativo andò a buon fine e dopo otto anni, il 30 agosto, Ann Budge (attuale proprietaria dei Jambos) passerà alla Foundation of Hearts la maggioranza delle quote del club, rendendo gli Heart of Midlothian FC il più grande “fan owned based club in Britain”.

Una fase di gioco del match vinto dagli Hearts (1-2 risultato finale)

Tornando indietro nel tempo, in quel luglio 2013 la situazione per i Jambos, come detto, era tutt’altro che allegra. La rosa, ridotta davvero all’osso, era scesa in campo agli ordini di Gary Locke ed era riuscita a strappare una buona vittoria (1-2) ma era chiaro a tutti i presenti (coi tifosi degli Hearts che avevano riempito il settore ospiti) che la gara più importante si stava ancora giocando al di fuori del rettangolo di gioco.

I tifosi degli Hearts al termine della gara

Sono contento di poter raccontare una storia andata a buon fine per entrambe le protagoniste. Il DAFC gioca adesso in Championship e ha tutte le carte in regola per fare una stagione interessante, mentre gli Hearts hanno raccolto due vittorie consecutive in Premiership e, nonostante la loro avventura in League Cup sia già terminata, domenica contro l’Aberdeen possono puntare al terzo successo di fila.

Il programma della gara tra Dunfermline Athletic FC e Hearts

Dunfermline è una cittadina che sorge nel “Kingdom of Fife”, ad una mezz’ora di treno da Edimburgo e facilmente raggiungibile anche con pullman locali. La stazione di riferimento per il centro cittadino e per lo stadio è Dunfermline Town e non Dunfermline Queen Margaret, che si trova più ad est ed è di fatto la stazione per l’ospedale.

Se si sceglie di viaggiare in treno, approfittando del fatto che si passa sul meraviglioso Forth Bridge, quando si scende alla stazione bisogna attraversare il parco pubblico per arrivare in centro o allo stadio, mentre la stazione dei bus (arrivando in bus/pullman da Edimburgo, si passa sul ponte carrabile sul fiordo e si può comunque ammirare il Forth Bridge da fuori) è di fatto in centro.

Uno scorcio della Dunfermline Abbey

L’attrazione del posto è la Abbey, costruita nel XVI secolo e, seppur in rovina, davvero merita una visita. Nella zona attorno alla Abbey era stato sepolto anche Robert The Bruce, il re scozzese entrato nella leggenda con la vittoria di Bannockburn.

Il Palace adiacente alla Abbey è spesso chiuso, anche quando siamo riusciti a visitare la Abbey approfittando di biglietti gratuiti emessi in occasione della festività di St Andrew (il 30 novembre), non siamo riusciti a visitarlo.

Ci sono altri luoghi interessanti, come la St Margarets Cave e la casa-museo di Andrew Carnegie, milionario industriale e filantropo emigrato negli Stati Uniti e che ha avuto un ruolo di primo piano nello sviluppo della sua città natale.

Nelle mie due visite a Dunfermline non ho avuto modo di visitare questi ultimi due luoghi ma ci sarà modo di colmare la lacuna una volta che questa maledetta pandemia sarà definitivamente un ricordo lontano e spiacevole.

Saluti da Dunfermline
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La prima trasferta non si scorda mai

Il North Stand del McDiarmid Park pieno di tifosi degli Hearts

“Se ci danno davvero il -15 in classifica, dovunque gli Hearts giochino la prima giornata della nuova stagione noi ci saremo.”

Avevo fatto questa promessa (anche a nome di Mrs, che mi aveva però autorizzato) verso la fine della stagione 2012/13, la mia prima stagione da “vero” tifoso degli Hearts dopo essermi trasferito ad Edimburgo nell’ottobre 2012.

Gli Hearts in campo per il riscaldamento pre-gara. Alle spalle, l’East Stand ancora vuoto

Come ho già avuto modo di scrivere su questo “diario”, le cose dopo il trionfo in Scottish Cup del 2012 erano andate, per gli Hearts, davvero in caduta libera. Nonostante la grandissima incertezza fuori dal campo (che avrebbe portato i Jambos in amministrazione, con conseguente penalità comminata dalla Lega e retrocessione in Championship al termine della stagione successiva) sul campo gli Hearts erano anche riusciti a fare buone cose, raggiungendo la finale di League Cup e chiudendo la stagione al decimo posto e conquistando una dignitosa salvezza.

La stagione 2013/14, però, iniziava davvero con più di un’incognita. Il 19 giugno il club era formalmente entrato in amministrazione e la SPFL, oltre ai 15 punti di penalità, aveva anche imposto un blocco al mercato dei Jambos, che finché non fossero usciti dall’amministrazione non avrebbero più potuto firmare nuovi giocatori – ma solo ragazzi delle giovanili.

Il Main Stand visto dall’angolo con l’Ormond Stand

Insomma, le regole imposte avevano di fatto reso impossibile agli Hearts la sopravvivenza nella massima serie (che durava, ininterrottamente, dal 1981) e preparato, già dalla pre-season, le basi per un’annata di grandissima sofferenza.

La prima trasferta che abbiamo fatto in quella stagione 2013/14 è stata all’East End Park di Dunfermline dove gli Hearts hanno affrontato il club locale, Dunfermline AFC, in un’amichevole sponsorizzata dal Supporter’s Direct Scotland e cui è stato dato il titolo di Fans’ Cup 2013. Pars United (fondato da un gruppo di tifosi per salvare il club quando era entrato in amministrazione) e Foundation of Hearts (che aveva vinto la corsa sugli altri due concorrenti per diventare l’azionista del club) furono i protagonisti di giornata, mentre i Jambos, il 13 luglio 2013 e con una rosa davvero ridotta all’osso, giocavano la loro seconda amichevole centrando la prima vittoria (1-2) stagionale.

Di questa partita, però, parleremo altrove.

L’ingresso principale del Main Stand del McDiarmid Park

Quel giorno di agosto (era domenica 4 agosto 2013) siamo andati a Perth con il Megabus dalla stazione dei bus di Edimburgo (collocata in St Andrew Square) e, arrivando con buon anticipo sul fischio d’inizio (fissato per le 3pm) abbiamo anche avuto occasione di fare due passi nel centro.

Perth non è propriamente una città che definirei “turistica” ma offre comunque qualche spunto di interesse. In centro, la chiesa dedicata a St John, la St John’s Kirk, è l’edificio più antico della città e si trova un riferimento alla chiesa come luogo di culto dal 1126, ma si hanno documentazioni che attestano la presenza di una chiesa dedicata a San Giovanni Battista addirittura tre secoli prima – come riporta il sito di Visit Scotland.

Saluti da Perth – 04.08.2013

Il centro è sembrato ben ordinato e a due passi dalla chiesa si arriva sul fiume Tay, su cui sorgono due ponti. Il fiume Tay sfocia nel Mar del Nord bagnando Dundee, con le cui due squadre i tifosi del St Johnstone hanno una discreta rivalità regionale.

Un altro punto di interesse e il North Inch Park, un parco che sorge a nord-est del centro al cui interno si trova un campo dal golf e dove si ha la possibilità di camminare e rilassarsi nel verde. Nelle vicinanze del parco sorge il Black Watch Castle & Museum, museo dedicato al battaglione scozzese parte del The Royal Regiment of Scotland.

Il McDiarmid Park visto dall’esterno dell’Ormond Stand

Lo stadio, il McDiarmid Park, sorge a nord-ovest della cittadina e, per arrivarci, vi aspetta o una lunga camminata o un viaggio con mezzi pubblici – consiglio sempre di controllare prima della partenza per eventuali cambiamenti e prepararsi un piano B in caso.

Allora ero entusiasta di poter vedere un nuovo stadio, tutto era nuovo per me essendomi trasferito quassú da meno di un anno e anche il McDiarmid Park era interessante da vedere. Lo stadio, in realtà, non ha davvero nulla di speciale: sorge in una zona industrial-commerciale, alle spalle dell’East Stand si trova il crematorium e dietro lo stand ospiti, il North Stand, corre l’autostrada A9 – rendendo il posto strategico per chi si muove in auto da fuori città.

Il Saints Shop

I quattro stand sono tutti uguali, solo uno di questi (il Family Stand o South Stand) ha un nome, si chiama Ormond Stand e ospita lo store del club. Quell’anno, un po’ come successo anche in questa stagione, il St Johnstone aveva fatto bene in Europa League, battendo a sorpresa il Rosenborg nel secondo turno preliminare e arrivando vicino ad eliminare l’FC Minsk, club bielorusso che ha avuto la meglio solo ai rigori.

Quest’anno i Perth Saints hanno saputo contenere l’impeto del Galatasaray, imponendo un prestigioso pareggio (1-1) ma cedendo al ritorno proprio al McDiarmid Park (2-4). Il St Johnstone, reduce dal double centrato lo scorso anno (League Cup e Scottish Cup, risultato davvero notevole) cercherà contro il LASK (club austriaco) il pass per l’Europa Conference League (terza coppa europea che esordisce quest’anno) e ha tutte le carte in regola per giocare un campionato da protagonista.

L’East Stand a pochi minuti dal kick off

Col settore dedicato agli ospiti, il North Stand, esaurito in prevendita, i tifosi a seguito degli Hearts (tra cui noi) che non erano provvisti di biglietto potevano acquistarlo ai tornelli del Main Stand, per metà dedicato ai Jambos – che erano, di fatto, la grande maggioranza dei 6,174 spettatori (dato ufficiale) presenti quel giorno allo stadio. Si dice che i biglietti venduti agli ospiti fossero attorno ai 4mila, il sito degli Hearts conta 3,500 Jambos ma qualunque fosse il dato, l’impressione che ho avuto quel giorno era davvero di giocare in casa.

Fin dal riscaldamento, cosa piuttosto inusuale, c’era grande entusiasmo e l’ingresso in campo delle squadre è stato salutato con un vero boato. Un goal (convalidato, ma che ogni volta che rivedo mi fa davvero arrabbiare perché almeno un giocatore dei Saints era, in fuorigioco ostacolando la visuale di MacDonald) di Stevie May al 25′ è stato sufficiente al St Johnstone per prendersi i tre punti quel giorno.

Il match programme della gara

Gli Hearts tornarono in Gorgie con la conferma che la stagione sarebbe stata piuttosto difficile ma, anche, che il gruppo a disposizione di Gary Locke (vera leggenda del club) avrebbe dato tutto fino a che la matematica non lo avesse condannato.

Avrei rivisto ancora il St Johnstone quell’anno, il 2 novembre. Allora la gara fu piuttosto a senso unico, l’entusiasmo iniziale era passato e gli Hearts avevano sofferto una sconfitta giusta (0-2 risultato finale) che li lasciava a quindici punti di distacco dal St Mirren, penultimo in classifica.

Il mathc programme della sfida di novembre al Tynecastle Stadium

Fa strano pensare che, senza il -15 e nonostante tutto, gli Hearts si sarebbero salvati. Al termine di quella stagione, oltretutto, la capitale scozzese si sarebbe trovata con due squadre in Championship perché gli Hibs (la cui “festa” al Tynecastle era andata di traverso) persero lo spareggio contro l’Hamilton Academical, chiudendo l’annata con una retrocessione amarissima.

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La rivalità più “local” del calcio scozzese (part 2)

I giocatori degli Hearts salutano i tifosi accorsi al Dens Park al termine della gara vinta 0-3

Qualche giorno fa avevo raccontato del mio viaggio a Dundee per vedere all’opera il Dundee United. Quella era però la seconda volta che visitavo la città.

La mia primissima volta a Dundee è stato nell’ottobre 2018, a seguito degli Hearts che, in un turno infrasettimanale dell’allora Ladbrokes Premiership in programma martedi 23 ottobre 2018, sfidavano il Dundee FC al Dens Park.

Il Dens Park visto dall’angolo tra Provos Rd e Dens Rd

Anche quel giorno mi sono mosso in treno, anche quel giorno avevo prenotato i biglietti con buon anticipo per risparmiare qualche soldo, anche quel giorno ho avuto bisogno di chiedere mezza giornata di ferie per potermi godere trasferta e “gita” come piace a me.

Ricordo di essere arrivato in stazione a Dundee nel primo pomeriggio, con la mia maglia degli Hearts sotto una felpa “anonima” e avevo iniziato la mia esplorazione proprio dal V&A, rimanendo subito colpito per la vista che, dalle diverse terrazze, si ha dell’estuario del Firth of Tay.

Saluti dal V&A Dundee

Col calcio d’inizio fissato per le 7.45pm e col biglietto già acquistato al ticket office del Tynecastle Park in prevendita, non dovevo essere allo stadio troppo in anticipo ma, essendo tutto nuovo per me, non volevo nemmeno rischiare di costringermi a fare le cose di fretta.

Avevo letto molte cose negative su Dundee e, anche per questo, sono rimasto positivamente sorpreso dal mio impatto con la città. Il lungo Tay non è niente di incredibile ma regala, con la luce giusta, scorci davvero interessanti e il centro, seppur piccolo, è impreziosito da alcune statue e da giardini che rendono una visita a Dundee consigliatissima.

Dundee, il lungo Tay coi due ponti (automobili e ferrovia), il Brewdog e la statua di Desperate Dan con City Square sullo sfondo

Quel giorno non sono riuscito ad entrare al McManus (ci sarei andato nella seconda occasione) ma lasciatomi il V&A alle spalle mi sono diretto verso lo stadio, passando per il centro e fermandomi al Brewdog per un paio di pinte pre-partita.

Non sapevo che mi aspettava una salita ripidissima, quella verso Hilltown, per arrivare alla spianata dove i due stadi sono stati costruiti. In qualche modo, all’andata, sono arrivato al Dens Park lato settore di casa e, per arrivare al settore ospiti, ho dovuto “circumnavigare” lo stadio passando da Dens Rd, che corre lungo il South Stand, risalendo N Isla St (sbucando di fronte al Main Stand del Tannadice Park) e proseguendo poi su Tannadice St fino all’ingresso del settore riservato al pubblico al seguito della squadra visitante.

Il Dens Park visto da Dens Rd

La zona attorno allo stadio è un misto tra residenziale e industriale e non so davvero consigliare nessun posto dove passare il tempo, quindi se non siete, come me, “ossessionati” dal voler arrivare con buon anticipo alla partita, il mio suggerimento è di trovare un posto in centro e spostarsi verso lo stadio solo per la gara.

Anche quella volta sono arrivato con più di un’ora di anticipo sul kick off, trovando ovviamente i cancelli chiusi ma già qualche altro Jambo nei paraggi. Arrivando cosi presto non sono riuscito a recuperare un programma della gara – che, piuttosto clamorosamente, non erano venduti all’interno del settore ospiti – ma ho rimediato acquistandolo poi dalla casa editrice nella settimana successiva.

Il settore dedicato agli ospiti, il The Bob Shankly Stand, sorge dietro la porta sul lato est del campo, mentre ad ovest, di fronte, si trova il The Bobby Cox Stand. Entrambi gli stand sono stati costruiti in tempo record, 18 settimane per completare i lavori e rendere gli stand disponibili per l’inizio della stagione 1999/2000.

I lavori di costruzione degli stand saranno gli ultimi lavori effettuati nello stadio e, nonostante la sua aria davvero “storica”, il Dens Park non nasconde il bisogno di un restauro in tempi piuttosto brevi.

Scorcio del Dens Park visto dal settore ospiti con la shed sulla sinistra

La capienza dello stadio, come dice il sito ufficiale del club, è di 11,850 spettatori ma quella sera, complice orario e giorno, 6,112 tifosi (con davvero ottima presenza ospite) avevano deciso di recarsi allo stadio per la partita.

Il Dundee in quella stagione era tutt’altro che irresistibile ed era reduce da un inizio di annata piuttosto incolore. Eliminato al secondo turno di League Cup dall’Ayr United (0-3 casalingo), in nove partite di Premiership era riuscito a vincere solo una volta (2-0 contro l’Hamilton Academical in casa), perdendo le altre otto. Gli Hearts, invece, avevano avuto uno dei migliori inizi stagionali degli ultimi anni, erano primi in classifica (la fase aurea sarebbe finita presto, purtroppo) e arrivavano dalla vittoria contro l’Aberdeen in campionato e contro il Motherwell nel quarto di League Cup.

Una fase di gioco di Dundee FC-Hearts, chiusasi 0-3

La gara si è messa subito in discesa per i Jambos, che al 14′ conducevano 2-0 (Bozanic al 2′ e Naismith appunto al minuto 14). Calvin Miller al 22′ aveva anche fallito, dal dischetto, l’occasione di accorciare le distanze e nella ripresa gli Hearts avevano chiuso i giochi col terzo goal, a firma di Steven McLean, arrivato proprio in avvio di secondo tempo.

0-3 il risultato finale, squadra sotto il settore al termine della gara e nulla da segnalare all’esterno dello stadio, anche contando che molti locals avevano abbandonato lo stadio molto prima del fischio finale.

Il match programme della gara tra Dundee FC e Hearts

Sono tornato in centro a Dundee passando di fronte al main stand del Dens Park (conosciuto come Kilmac Stadium at Dens Park per motivi di sponsorizzazione) e sono anche riuscito a scattare un paio di foto, prendermi un kebab e andare a sedermi sul binario in attesa del mio treno verso casa – Gorgie, dove ho vissuto per sei anni.

Non si sapeva ancora, ovviamente, che la striscia positiva degli Hearts si sarebbe interrotta di li a poco e che, poco più di un anno e mezzo dopo quella gara, il Dundee FC avrebbe avuto un ruolo da protagonista nella retrocessione degli Hearts in Championship – votando a favore della conclusione della stagione 2019/20 e tenendo valide le posizioni di classifica all’ultima gara giocata prima della sospensione dovuta allo scoppio della pandemia.

Dens Park

Avevo visto giocare il Dundee FC una sola volta, prima di quel giorno d’ottobre 2018. The Dees erano ospiti degli Hearts al Tynecastle Stadium e, ironia della sorte, era ancora un turno infrasettimanale – mercoledi 30 gennaio 2013. I Dees si erano ritrovati, a sorpresa, ripescati in Clydesdale Bank Premier League dopo che il fallimento dei Rangers aveva costretto il club più titolato di Scozia a ripartire dalla Third Division (si era pre-riforma SPFL). Quella sera, contro una squadra arrangiata in estate alla bell’e meglio e che non era riuscita ad evitare la retrocessione, gli Hearts vinsero 1-0 ma dovettero soffrire oltre il previsto per avere la meglio degli avversari.

Il match programme della sfida tra Hearts e Dundee FC del gennaio 2013
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A brutalist Fairy(tale)

Il main stand del Netherdale visto dalla terrace lato stadio del rugby

Avevo sentito parlare del main stand della 3G Arena del Netherdale parecchie volte, ma non ero mai riuscito (per un motivo o per l’altro) a vederlo coi miei occhi, almeno fino ad oggi pomeriggio.

Dopo due “trasferte” che definire interessanti suonerebbe davvero come un understatement, oggi [14 agosto] avevo messo in programma il viaggio a Galashiels per vedere finalmente dal vivo il main stand.

Galashiels è una cittadina dei Borders che è conosciuta per la sua passione ovale. Il Netherdale è un complesso di campi (due principali, parecchi back pitches) che sorge ad est della cittadina, non lontano dal fiume Tweed che, in qualche modo, accomuna la “gita” di oggi a quella di settimana scorsa a Berwick-upon-Tweed.

Il main stand del Netherdale visto da Nether Road, la strada che corre parallela

Il campo in 3G (artificiale, purtroppo) destinato al calcio è di fatto l’unico campo per la “palla tonda” che ho visto in zona, e anche questo presenta in giallo righe che, dovesse servire, lo renderebbero pronto ad ospitare una gara di rugby. Non a caso, proprio qui (prima che venisse posato il terreno sintetico) il Gala RFC (squadra di rugby locale) ha giocato le proprie partite dal 1912 fino alla stagione 1961/62 quando venne inaugurato il “New Netherdale”, lo stadio oggi casa della squadra di rugby locale – che gioca in maroon e bianco e che ha, tra gli illustri giocatori del passato, Gregor Townsend, attuale head coach della Scozia.

Il “nuovo” Netherdale che sorge alle spalle della terrace del vecchio Netherdale

Come spesso capita, avevo deciso di spostarmi in treno sulla “nuova” linea ferroviaria dei Borders, inauguarata pochi anni fa dopo decenni di attesa. La stazione di Galashiels dista poco più di un miglio dallo stadio e anche oggi, complice una giornata nuvolosa, molto ventosa ma asciutta, avevo deciso di coprire il pezzo di strada a piedi. Scelta tutto sommato azzeccata, ma consiglio di prendere un taxi o un bus dalla stazione – come ho poi fatto al ritorno, costretto anche dal fatto che il mio treno era stato cancellato e dovevo prendere il bus per tornare ad Edimburgo che sarebbe partito in pochi minuti.

Disavventura “logistica” a parte, la giornata è stata davvero positiva.

Un particolare del main stand del Netherdale, che segna uno dei due ingressi al campo

Come detto, protagonista di oggi era il main stand, una struttura progettata dall’architetto Peter Womersley con stile brutalista (lo stesso con cui era stato costruito il vecchio St James’ Centre, centro commerciale che sorge nel cuore della capitale scozzese adesso purtroppo abbattuto, ricostruito e riaperto nel giugno scorso). La struttura, in cemento armato, ha una capienza di 500 spettatori (lo stadio in totale ha una capienza di 2mila spettatori) che lo rende lo stand più capiente dei Borders e ha l’onore di essere inserito come edificio “Category A listed”, la categoria più alta nella lista degli edifici da preservare di Historic Environment Scotland.

Un edificio inserito nella category A è uno dei “Buildings of special architectural or historic interest which are outstanding examples of a particular period, style or building type” e il main stand figura in questo elenco dal dicembre 2013.

Welcome to Netherdale

Non sono esperto di architettura, mi sono limitato ad osservare la struttura da diverse angolazioni e devo dire che non sono ben riuscito a capire come il main stand di uno stadio di calcio di una squadra che gioca in una cittadina dove la stragrande maggioranza dell’interesse è riposto nel rugby possa essere finito in quella lista.

Il main stand è chiuso dal 2018/19 e necessita di lavori di restauro che, al momento, non sono ancora stati fatti. Si può ammirare solo da fuori ma questa struttura, completata nel 1964, è davvero qualcosa di straordinario per diversi motivi.

Nel programma della partita si dice che in settembre dovrebbero iniziare i lavori, dopo che lo Scottish Borders Council ha approvato £1.45 milioni da destinare alla ristrutturazione del grandstand.

C’è anche un altro stand a Netherdale, il “Wood&Kerr Enclosure” ma non attrae lo stesso interesse del main stand…

Nonostante il main stand sia, come detto, il grande protagonista, non è l’unico stand della 3G Arena. L’enclosure che sorge di fronte alla struttura brutalista (con una capienza di 100 persone) è stata acquistata dai rivali di Selkirk e ha permesso al club di poter giocare gare interne a Netherdale nonostante il main stand sia inutilizzabile, perché tra le regole per ottenere e mantenere una licenza della SFA c’è anche quella di avere uno stand che garantisca ad almeno 100 spettatori di stare al coperto e seduti.

Particolarità dell’enclosure (nota come Wood&Kerr Enclosure per ragioni di sponsorizzazione): i seggiolini originali, blu, sono da poco stati sostituiti con seggiolini rossi (uno dei colori del club) e arrivano da York, dopo che il club locale (che milita nella sesta serie della piramide calcistica inglese) ha cambiato casa, lasciando il vecchio Bootham Crescent.

Oggi ho visto anche giocare, per la prima volta, i Gala Fairydean Rovers, squadra di calcio locale che è stata fondata nel 2013 ma che ha una storia lunga alle sue spalle. Il Gala Fairydean Rovers è stato infatti fondato nel 1894, ma nel 1907 il club è stato separato in due squadre: il Gala Fairydean e i Gala Rovers, che all’inizio erano la squadra delle riserve del Fairydean.

Entrambi i club hanno sospeso la loro attività durante la prima guerra mondiale ma mentre il Fairydean è tornato in campo nel 1919, per vedere i Rovers in attività si è dovuto attendere fino al 1947 e allora come club autonomo. Come detto, nel 2013 è stata decisa la fusione tra le due realtà e la “nuova” squadra è stata ammessa in Scottish Lowland Football League (dove milita tutt’ora) nello stesso anno.

Una fase di gioco del match tra Gala Fairydean Rovers e Caledonian Braves

I rossoneri hanno oggi ospitato i Caledonian Braves, una squadra adesso situata in North Lanarkshire (poco fuori Motherwell) ma fondata nel 2011 col nome di Edusport Academy da Chris Ewing con l’obiettivo di aiutare atleti la cui prima lingua non fosse l’inglese a trovare posto in una squadra britannica.

Dal 2019 la squadra ha preso il nome attuale, Caledonian Braves, e devo ammettere che la divisa di gioco (bianca, con banda grigio-blu-celeste, pantaloncini blu e calzettoni celesti) è davvero molto bella.

La gara di oggi, tra due squadre a metà classifica di Lowland League, è stata molto interessante. I padroni di casa si sono imposti 5-1 ma hanno approfittato dell’inferiorità numerica degli avversari per oltre 45 minuti. Punteggio troppo severo, ma risultato comunque giusto per quanto visto in campo.

Il match programme della gara di oggi
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Welcome to Paradise

L’esterno del Jock Stein Stand nell’estate 2016

Prima di trasferirmi in Scozia, nell’ottobre 2012, le uniche squadre scozzesi che avevo visto giocare dal vivo erano Hearts, Hibs (nel derby, vinto 2-0 dai Jambos, dell’agosto 2011 al Tynecastle) e Celtic.

Il Celtic l’avevo visto addirittura due volte, sempre a San Siro e sempre contro il Milan in Champions League.

La prima volta in assoluto era in occasione dell’ottavo di finale, gara di ritorno, della stagione 2005/06 (annata chiusa col Milan vincitore del trofeo nella finale di Atene contro il Liverpool).

Brother Walfrid, il fondatore del Celtic FC

Il Celtic, quella sera, era arrivato vicinissimo a fare l’impresa, ma una magia di Kakà nei primi minuti dei tempi supplementari era bastata ai rossoneri per garantirsi il passaggio del turno.

La seconda volta era poco più di un anno dopo, nel dicembre 2007, per una gara sempre della fase a gironi. Quell’anno avevo il mini-pass per le tre gare casalinghe del Milan che ha affrontato, oltre ai Bhoys, il Benfica di Miccoli e lo Shakhtar Donetsk di Cristiano Lucarelli.

La gara era rimasta in bilico fino al goal di Pippo Inzaghi al 70′ e il Milan si era imposto, ancora, per 1-0.

John “Jock” Stein, il manager dei “Lisbon Lions” che nel 1967 vinsero la Coppa dei Campioni

Da quando mi sono trasferito qui la mia percezione di Celtic e Rangers è cambiata parecchio ma nel 2016, complice anche la visita del Leicester City neo-campione d’Inghilterra guidato da Claudio Ranieri (e con in squadra due giocatori, Okazaki e Ulloa, per cui ho un debole, oltre a Schmeichel) avevo colto l’occasione di andare a vedere una gara al Celtic Park. Ironia della sorte, il manager del Celtic allora era Brendan Rodgers, attuale manager del City.

Ci sarei tornato un’altra volta, al Paradise, ma per una gara di rugby – la finale di Guinness PRO14 del 2019 tra Glasgow Warriors e Leinster – ma quella tra Bhoys e Foxes resta l’unica gara di calcio che ho visto nell’East End di Glasgow.

Il Celtic Park nell’immediato pre-gara della finale di Guinness PRO14, 25.05.2019

Quel giorno, col kick off della gara fissato per le 5.30pm, ho approfittato per un de-tour nel West End per visitare la Kelvingrove Art Gallery, un museo che sorge sul fiume Kelvin e che merita davvero di essere visto. Avrei scoperto poi, con gli anni, che la zona del Glasgow Green col suo People’s Palace (e la WEST Brewery) è altrettanto bella, ma allora non conoscevo davvero per nulla l’East End.

Uno scorcio della Kelvingrove Art Gallery and Museum

Avevo solo sentito parlare della Barrowland Ballroom, luogo ormai entrato nel mito del panorama musicale scozzese, e sapevo della Barras e del suo Market. Avevo sentito nominare Gallowgate ma non ci ero mai stato e cosi, armato di pazienza, dopo essere tornato in centro, ero partito a piedi verso il Celtic Park.

Credo di aver sottovalutato la distanza da percorrere perché quando ho visto lo stadio all’orizzonte, ho davvero per un attimo avuto l’impressione di essere arrivato in paradiso tanto ero stanco (da George Square, contate male, sono poco meno di 2.5 miglia).

Il Celtic Park visto dal Main Stand

Sono arrivato allo stadio con largo anticipo (come spesso capita) e ho potuto fotografare lo stadio praticamente vuoto (poco più di 32,600 spettatori sarà il dato ufficiale). La gara era un’amichevole ma inserita all’interno del torneo noto come International Champions Cup, inventato nel 2013 e che si disputava in vari continenti con diverse squadre (tra cui Juventus, Barcelona, Inter, PSG e Manchester United).

La gara si chiuse sull’1-1 (al goal di Mahrez al 49′ aveva risposto O’Connell al 59′) e il regolamento prevedeva che una vincente andava trovata ai calci di rigore. Le Foxes si imposero 4-5 grazie al salvataggio di Kasper Schmeichel su Forrest.

Il match programme della partita