Posted in 500 miles, Scotch Pie e dintorni, Scottish League 2

Norwegian Wood(work)

Il Main Stand di Ochilview Park – The Norway Stand

Il motivo per cui mi sono appassionato allo Stenhousemuir è piuttosto singolare. Premetto che, prima di trasferirmi in Scozia, non conoscevo il club e anche per molti mesi anche dopo aver iniziato la mia “nuova vita” quassù, non avevo chiarissima idea di dove collocare Ochilview Park su una mappa della Scozia.

Non so nemmeno bene come sia successo, ma un giorno ho trovato tra le notifiche di Twitter che lo Stenhousemuir mi seguiva. Vado a controllare ed effettivamente quello era davvero il profilo ufficiale del club.

L’interno del main stand

Ovviamente ho subito ricambiato e ho cominciato ad informarmi, ogni fine settimana, sui risultati dello Stenny. Il club (che ha la maglia maroon come gli Hearts) ha anche un altro soprannome (Warriors) che credo sia il motivo del following su Twitter: all’epoca (ma anche adesso) scrivevo quasi esclusivamente di rugby e citavo, ovviamente, sia Edinburgh Rugby che i Glasgow Warriors e proprio i Glaswegians, che dividono il nome con il club, devono essere la ragione dietro tutto questo.

Poco male, un ulteriore motivo per simpatizzare ancora di più per entrambe se la mia teoria, alla fine, si rivelasse davvero esatta!

Con queste premesse, ho impiegato ben sei anni prima di salire su un treno per Larbert e andare, finalmente, a vedere una gara casalinga dello Stenhousemuir.

Il mio biglietto del treno

Li avevo già visti giocare al Tynecastle in League Cup ma, ovviamente, avevo voglia di vedere Ochilview Park e di gustarmi una loro gara tra le mura amiche. L’occasione è arrivata sabato 21 settembre 2019 per la gara contro il Brechin City, valida per il settimo turno della stagione 2019/20 di League 2.

Stenhousemuir è una cittadina della Central Belt che sorge a poche miglia da Falkirk. Dal punto di vista strettamente “turistico”, ahimè, non riserva grandi sorprese anche contando che l’unico monumento (una casa di pietra di epoca romana, la “stone house” che dava il nome al paese) è stata abbattuta nel Settecento e, se consiglio una gita ad Ochilview, se viaggiate coi mezzi come me cercate di arrivare alla stazione di Larbert con un’ora di anticipo sul kick off in modo da percorrere con calma la strada che separa la stazione dallo stadio, mangiarvi una pie e prendere posto.

Ochilview Park appare tra le case

Perché il piatto forte del giorno è proprio Ochilview Park e il suo Norway Stand.

Da Edimburgo c’è un treno ogni mezz’ora circa, destinazione Dunblane, che vi porta a Larbert in poco meno di quaranta minuti. Dalla stazione, svoltate a sinistra sulla strada principale e proseguite sempre dritti, ad un certo punto vedrete un supermercato (ASDA) sulla destra e a sinistra, tra le case, spunteranno i riflettori dello stadio.

Ingresso in campo dei giocatori

Ochilview Park è uno stadio davvero piccolo e molto “basic” ma, anche per questo, a me piace molto. Il club è una “Community Interest Company” ed è gestito da un Trust formato da chi ne detiene le quote.

Come spiega molto chiaramente il sito ufficiale del Club, “The ‘Warriors Supporters Trust’ is registered with the Financial Services Agency as a not-for-profit Industrial and Provident Society. It was established in 2003. It works with the Board of the football club and the Supporters Club to develop a more successful football club.

It is a democratic organisation based on one vote per person, and its committee is elected every year by the members. It is the largest shareholder in the club with 20 % of the shares so that no individual(s) can wrest the control of the club away from its supporters.

Pie e match programme ufficiale della gara tra Stenhousemuir e Brechin City

Ma soprattutto, “A Supporters’ Trust is an organization formed by fans to strengthen the bonds between the club and the community, and to represent the interests of the community in the running of the club.

Insomma, questa dimensione popolare del club (fondato nel 1884) mi ha ulteriormente avvicinato allo Stenhousemuir e il giorno che finalmente sono riuscito ad andare ad Ochilview Park, ho davvero realizzato uno dei miei “sogni” calcistici.

Lo stadio, come detto, è piccolo e ha una terrace dietro la porta (coperta coi soldi e il lavoro dei membri del Trust) e un Main Stand (su cui campeggiano due riflettori molto simili a quelli che ho trovato ad Arbroath e Greenock) che si chiama “Norway Stand” ed è sponsorizzato dal Norwegian Supporter’s Club.

Altra foto del The Norway Stand dall’esterno

Ma come sono arrivati, i Warriors, ad avere tifosi norvegesi cosi appassionati da fondare un club e addirittura sponsorizzare il Main Stand di Ochilview?

La spiegazione la dà Nutmeg, periodico scozzese che si occupa di calcio (articolo ripreso dal sito ufficiale del club): ““It was the name,” explained Georg Mathisen, current chair of Stenhousemuir’s now well-established Norwegian supporters’ club. “The group’s founders – Rolf Wulff, Christian Wulff and Kjell Jarslett – were browsing through Teletext on New Year’s Eve 1992 and saw the name and thought it sounded unusual. It also bears great resemblance to the old Norse language and when you break the name down into its constituent parts it means Stone (Sten) house (house) muir – that last part is open to different interpretation. Many people agree that it means ‘wall’, but it could also come from the word ‘myr’ – which is pronounced similarly to muir – meaning bog or marsh. Either way, they thought that this would be a good team to follow.”

Un momento della gara con la terrace sullo sfondo

Insomma, il calcio può essere talmente strano che puoi scegliere di diventare appassionato di un club di quarta divisione scozzese pur vivendo in Norvegia. Meraviglioso.

Il meteo, quel giorno, è stato più che clemente regalandomi un pomeriggio di sole a picco. Lo Stenny si impose 1-0 davanti a 435 spettatori (dato ufficiale fornito dal club). Avrei pagato pegno, a tutta questa fortuna, al ritorno. Un guasto sulla linea ferroviaria mi costrinse, infatti, a prendere uno degli ultimi treni verso Glasgow Queen St e, da qui, son riuscito a saltare sull’ultimo treno in partenza per Edimburgo (davvero gremito all’inverosimile).

Ma, come si dice da queste parti, you can’t have it all, can you?

Posted in Hearts, Memories

Dal Tynecastle Stadium al Tynecastle Park

Il nuovo Main Stand – “Away up in Gorgie at Tynecastle Park…”

Arrivando ad Edimburgo nell’ottobre 2012, senza saperlo ovviamente, ho avuto la fortuna di vivere la transizione della casa degli Hearts da Tynceastle Stadium alla vecchia denominazione, Tynecastle Park, ma con un Main Stand nuovo di zecca.

Ero stato al Tynie una volta sola, prima di trasferirmi stabilmente in Scozia. Era l’agosto 2011, eravamo in Scozia per una vacanza e mi ricordo di essere riuscito, dall’Italia, ad acquistare un biglietto nel Wheatfield Stand per il primo derby stagionale.

Riscaldamento pre-derby per gli Hearts con il vecchio Main Stand sullo sfondo, agosto 2011

Quella stagione sarebbe entrata di diritto nella Storia del club, dalla porta principale e con tanto di parata trionfale, ma quel giorno di agosto (sotto un cielo plumbeo e con tanta pioggia) l’attenzione di tutti era concentrata su quel derby – nessuno immaginava, infatti, che la stagione si sarebbe chiusa con un altro derby, quello dell’1-5 ad Hampden Park nella finale di Scottish Cup.

Il vecchio Main Stand da un’altra prospettiva

Ricordo piuttosto bene la cornice della gara, ovvero il pubblico numeroso sugli spalti, ricordo le bandiere e i cori e l’atmosfera ostile quanto basta. Non ricordo molto della partita, era tutto troppo nuovo per me per riuscire a godermi tutta l’esperienza ma ricordo di essere stato colpito dallo stadio.

Il vecchio edificio che ospitava Clubstore e ticket office fuori dal vecchio Main Stand, ottobre 2012

Il piazzale antistante il vecchio Main Stand era piuttosto caotico, tanti edifici uno sopra l’altro che toglievano la possibilità di ammirare lo stand disegnato da Archibald Leitch in tutto il suo splendore. Da dentro, comunque, quello stand era davvero un gioiellino: tutto in legno, molto più basso degli altri tre stand che lo circondavano, piuttosto scomodo ma decisamente di grande impatto. Insomma, una vera e propria “macchina del tempo”.

Vista dell’interno del vecchio Main Stand lato Gorgie Stand

Il mio stand preferito al Tynie è il Gorgie Stand, perché ho sempre preferito vedere le gare di calcio da dietro la porta, perché mi dà l’illusione di un’esperienza “da gradinata” (nonostante sia tutto seggiolini e obbligo di star seduto) e in generale mi fa “sentire a casa”.

Il nuovo Main Stand visto dal Gorgie Stand

Sono stato qualche volta nel vecchio Main Stand per partite dell’U21 degli Hearts e una gara della Nazionale femminile scozzese (contro l’Olanda, gara di playoff per la qualificazione alla Coppa del Mondo 2015 in Canada) ma non ho mai visto una gara degli Hearts, nemmeno un’amichevole.

Mi piaceva di più vederlo da fuori che viverlo, onestamente, ma non per la restricted view causata dai piloni o perché i seggiolini in legno erano scomodi e stretti. Mi piaceva vederlo da fuori perché era davvero bello da vedere e perché dava anche a partite tutt’altro che entusiasmanti una certa aria “romantica” – che, quando non sfocia nello storytelling, fa anche piacere vivere.

Scozia e Olanda Femminile schierate in attesa degli inni nazionali, ottobre 2014

La transizione tra vecchio e nuovo Main Stand non è stata del tutto indolore, ma devo ammettere che quando il club (guidato da Ann Budge dopo che il grandissimo lavoro della Foundation of Hearts col supporto dei tifosi aveva di fatto salvato gli Hearts dal fallimento) ha preso la decisione di abbattere il vecchio stand per costruirne uno nuovo e più funzionale alle esigenze di un club di calcio in era moderna, lo ha fatto in tempi davvero rapidi.

Prima, durante e dopo: com’è cambiato il Main Stand da dentro e da fuori

Il vecchio Main Stand, quello progettato dal “mitico” architetto Archibald Leitch, era stato inaugurato nell’ottobre 1914 e avrebbe assistito a gare degli Hearts per oltre un secolo, nella buona e nella cattiva sorte. Leitch si è creato la fama progettando diversi stand in giro per la Gran Bretagna; portano la sua firma, tra gli altri, uno stand di Goodison Park (casa dell’Everton) e uno stand di Ibrox Park (casa dei Rangers), due stadi che purtroppo non sono ancora riuscito a visitare di persona.

Il vecchio Main Stand visto dal Gorgie Stand

Sembra quasi incredibile per me, ma la conformazione del Tynecastle Stadium del 2011 era tale solo da poco meno di vent’anni. Infatti il Wheatfield Stand è stato completato nel 1994, seguito a ruota dal Roseburn Stand (ospiti) e solo nel 1997 era stato chiuso il cerchio con il Gorgie Stand, mentre il Main Stand – fino a quel momento l’unico stand coperto – si era ritrovato, di colpo, ad essere non solo il più vecchio ma anche l’unico da sistemare.

Alcuni dei murales presenti all’interno del nuovo Main Stand

E pensare che, negli anni, si era anche pensato di spostare gli Hearts da Gorgie. Pazzesco anche solo pensarlo, cosi come sarebbe davvero stato pazzesco pensare di fondere Hearts e Hibs creando un’unica squadra di Edimburgo (orribile pensiero che è passato anche da più di una testa a Dundee).

Lavori in corso, estate 2017

Insomma, dopo tante discussioni ed ipotesi nel 2017 si era finalmente deciso che il Leitch Stand doveva essere abbattuto per far posto ad un nuovo Main Stand, più funzionale e più moderno che avrebbe trasformato il Tynecastle in una vera e propria fortezza senza però togliergli l’anima, operazione che a mio parere non è riuscita invece con Easter Rd.

Foto del vecchio Main Stand

Gli Hearts avevano giocato qualche partita al Tynecastle durante il periodo di demolizione/ricostruzione, soprattutto test estivi e gare di League Cup, mentre per il campionato il club, di concerto con la SPFL, avevano strutturato il calendario con più gare in trasferta ad inizio stagione e le poche gare casalinghe sono state giocate al BT Murrayfield – di cui ho parlato in precedenza.

La vista dal nuovo Main Stand (Scozia-Andorra U21)

Ritardi “fisiologici” avevano costretto gli Hearts a rimandare di un’altra settimana il “debutto” al Tynecastle Park ma domenica 19 novembre 2017, ospitando il Partick Thistle nel posticipo del quattordicesimo turno, i Jambos erano finalmente tornati a casa.

Il Main Stand era completo nella struttura ma moltissime aree erano ancora off limit, cosi come gli spogliatoi erano ancora collocati sotto il Wheatfield Stand. Poco male, perché i tifosi volevano solo tornare tra le mura amiche e riassaporare l’atmosfera di una gara al Tynie.

I fuochi d’artificio accolgono Hearts e Partick Thistle in campo nel match che ha inaugurato il nuovo Main Stand

Ricordo bene i fuochi d’artificio e l’inno degli Hearts cantato, chitarra e voce, da Scott Hutchison al centro del campo. Bellissimi ricordi, indelebili. La squadra, quell’anno, stava purtroppo attraversando un momento di transizione con la fallita “rivoluzione” di Cathro e si preparava, senza saperlo, agli anni successivi che avrebbero portato delusioni e una retrocessione ancora difficile da digerire.

L’anno di pandemia, poi, ha costretto tutti ad un’assenza forzata dagli stadi. La speranza è ormai che presto si possa tornare a vedere il calcio dal vivo, si possa tornare al Tynie e si possa tornare a sognare.

L’esterno del nuovo Main Stand e biglietto e match programme della prima gara giocata al Tynecastle Park
Posted in Memories, Scotch Pie e dintorni, Scozia

Nella buona sorte e nelle avversità

Il numero di spettatori mostrato sul tabellone luminoso durante la gara tra Scozia e Jamaica del 28.05.2019

Diciottomila cinquecento cinquantacinque. 18,555 spettatori, ad Hampden Park, un martedì sera (28 maggio 2019), per una gara amichevole (biglietti a £5, ma comunque a pagamento) della nazionale femminile.

Prima di chiedermi com’è stato possibile tutto questo, come Shelley Kerr e le sue ragazze siano riuscite a far impazzire una nazione, voglio subito affrontare the elephant in the room, ovvero perché il calcio femminile (ma succede anche nel rugby) faccia cosi fatica ad attrarre un pubblico numeroso sugli spalti.

Scozia-Spagna, 20.10.2012

In Scozia, prendendo esempi un po’ a caso, abbiamo una First Minister donna (Nicola Sturgeon, che secondo recenti sondaggi è anche considerata una delle migliori leader in Europa), abbiamo avuto la prima presidente donna alla guida della Scottish Rugby Union (Dee Bradbury), abbiamo avuto due head coach donne alla guida della nazionale femminile (Anna Signeul e Shelley Kerr, prima che si dimettesse).

Il campionato domestico calcistico non è ai livelli di quelli americano, inglese o tedesco ma il Glasgow City in Europa ha avuto anche occasioni di togliersi qualche soddisfazione, mentre le ragazze della nazionale (prima del glorioso anno 2019) si erano qualificate per la fase finale di un major tournament solo una volta, per l’Europeo del 2017 ma spesso erano arrivate a giocarsi la qualificazione ai playoff contro squadre (Spagna e Olanda) che erano nettamente più forti di loro.

Le ragazze della Scozia al termine della sfida contro la Spagna

Non ho né il tempo né la competenza per mettermi a scrivere un trattato sulle cause vere e profonde di questa disparità, ma credo che la causa sia una disparità “fisiologica” derivante da una mentalità che, per troppo tempo, ha visto famiglia e società organizzate su scala patriarcale e messo le donne in disparte senza consentire loro parità di opportunità con gli uomini.

Qualcosa, negli ultimi anni, si è finalmente mosso e come ho detto poco sopra abbiamo esempi di donne di successo in politica e in altri ambiti della società, ma la strada da fare per abbattere finalmente, una volta per tutte, il “glass ceiling” è ancora lunga. Il dato incoraggiante è che comunque, lentamente ma inesorabilmente, i tempi stanno cambiando e non ci fermeremo finché la parità e l’uguaglianza sono un dato di fatto, una garanzia assoluta e da cui indietro non si tornerà più.

Lo stralcio del messaggio dell’allora head coach Anna Signeul nel match programme ufficiale della sfida tra Scozia e Spagna del 2012

Tornando al calcio, ricordo con grande affetto e piacere la mia primissima visita ad Hampden Park. Era il 20 ottobre 2012, noi ci eravamo trasferiti stabilmente in Scozia da meno di una settimana ma l’occasione era davvero troppo ghiotta per farcela scappare.

La SFA aveva deciso di disputare la gara della Scozia femminile contro la Spagna, valida come andata del playoff qualificazione per l’Europeo del 2013, nella casa del calcio scozzese. Era la prima volta in assoluto che la rappresentativa femminile giocava nel National Stadium e per agevolare l’affluenza del pubblico, si era deciso di dare accesso gratuito al pubblico.

Ingresso in campo delle squadre prima di Scozia-Spagna

In totale, quel freddo sabato di ottobre, 4,058 spettatori erano accorsi ad Hampden per sostenere le ragazze che riuscirono ad imporre il pareggio alla Spagna (1-1), salvo poi venire eliminate (3-2) con un goal subito nei minuti finali dei tempi supplementari, dopo aver sprecato un vantaggio di due goal. Anche in quell’occasione, the Scottish way colpisce ancora.

Dopo quel giorno, la Scozia femminile dovette attendere sette anni prima di tornare ad Hampden ma quando lo ha fatto, lo ha fatto in style.

Un’immagine degli spalti di Hampden Park durante Scozia-Jamaica del maggio 2019

Il 28 maggio 2019, infatti, le ragazze di coach Shelley Kerr hanno avuto lo strameritato sending off con un’amichevole contro la Jamaica nel National Stadium di fronte a 18,555 spettatori.

La Scozia aveva conquistato, pochi mesi prima, il diritto di giocare la fase finale della Coppa del Mondo 2019 in Francia dopo aver vinto il proprio girone di qualificazione, non proprio contro ogni pronostico ma compiendo comunque un’impresa piuttosto clamorosa.

Com’è cambiato Hampden Park, da fuori, in sette anni: sopra nel 2012, sotto nel 2019

Per la prima volta, infatti, la Scozia Femminile avrebbe giocato nella fase finale della Coppa del Mondo e Rachel Corsie e compagne hanno anche interrotto un’attesa lunga vent’anni per tutto il Paese, che non vedeva una sua nazionale (maschile o femminile) nella fase finale di una Coppa del Mondo dall’edizione maschile del 1998 giocatasi in Francia.

Nel 2012 ero andato ad Hampden con MegaBus e autobus locale, ma nel 2019 mi son mosso in treno e ho finalmente provato la “full Hampden experience” ovvero treno da Glasgow Central fino a Mount Florida poi a piedi fino allo stadio.

La full Hampden experience by train

Sono arrivato piuttosto presto – come spesso capita – e l’atmosfera attorno allo stadio era davvero bella, con tante bambine accompagnate dai genitori, tante squadre, tanta passione. Il pre-partita era corso via tranquillo (nonostante la mia missione di trovare un match programme completata solo all’intervallo dopo aver girato per tutto il main stand!) con diverse cerimonie (tra cui la consegna dei caps a molte atlete), oltre ai consueti inni nazionali.

La Scozia era scesa in campo in rosa, con una maglia (away) specificamente disegnata per la rappresentativa femminile, cosi come la tradizionale dark blue di casa che aveva un disegno diverso da quella maschile. Piccoli segnali, volendo, ma davvero grandi passi in avanti nel riconoscere “uguaglianza in tipicità”.

I match programme ufficiali delle due gare della Scozia Femminile giocatesi ad Hampden Park

La Scozia vinse 3-2 grazie ai goal messi a segno da Erin Cuthbert, Caroline Weir e Sophie Howard e ricevette una grande ventata di entusiasmo e di ottimismo. Purtroppo l’avventura nella coppa del mondo non è andata come ci si attendeva anche e soprattutto per mancanza di esperienza a questi livelli, mentre la strada verso la qualificazione al secondo major tournament consecutivo (l’Europeo in Inghilterra inizialmente in programma nel 2021 ma posticipato nel 2022) si è purtroppo interrotta a causa di tre sconfitte consecutive maturate alla ripresa dell’attività post-lockdown.

La maglia home prodotta da Adidas e SFA in esclusiva per la Scozia Femminile

La nazionale femminile, dopo l’addio di Shelley Kerr, è al momento affidata ad un interim head coach e scenderà in campo domani pomeriggio all’AEK Arena di Larnaca contro Cipro (battuto 8-0 all’andata, gara giocata nell’agosto 2019 ad Easter Rd cui ero presente) prima di chiudere il torneo di qualificazione contro il Portogallo, sempre a Larnaca ma allo stadio Αντώνης Παπαδόπουλος. Non ci saranno, purtroppo, in palio punti importanti per la classifica ma le prossime gare saranno comunque importanti per ritrovare morale e fiducia in vista dei prossimi impegni.

Nella buona sorte e nelle avversità, se tu ci sarai io ci sarò.

C’mon Scotland!

Posted in 500 miles, Scotch Pie e dintorni, Scottish Championship

There’s only one club in Glasgow

Uno scorcio del Colin Weir Stand

Tutto quello che sarebbe capitato dopo, ovvero la retrocessione in League 1 con ancora una gara da giocare quando la SPFL ha deciso, a maggioranza ma pur sempre in maniera molto contraddittoria, di chiudere la stagione 2019/20 a marzo e tenere valide le posizioni di classifica all’ultima gara giocata, non potevo prevederlo quando ho messo piede per la prima volta al Firhill Stadium nell’agosto 2019.

Avevo già visto il Partick Thistle giocare un paio di volte al Tynecastle contro gli Hearts (una di queste in un replay di Scottish Cup) e i Jags erano stati ospiti il giorno in cui veniva aperto al pubblico per la prima volta il nuovo Main Stand del Tynecastle Park (e di questo parleremo presto) ma non ero mai riuscito a combinare di andarli a vedere tra le mura amiche. Ho grande simpatia per i Jags e non ho problemi ad ammettere che, se mi fossi trasferito a Glasgow anziché ad Edimburgo e nonostante abbia grandissimo rispetto per il Queen’s Park, loro sarebbero davvero la mia squadra.

Dall’interno del Jackie Husband Stand

Avevo voglia di vedere il Firhill Stadium anche perché, fino alla stagione 2011/12, quello stadio che sorge a Maryhill era stata casa anche dei Glasgow Warriors che si erano poi spostati, nell’annata successiva, ad ovest allo Scotstoun Stadium. Avevo visto molte immagini del campo con le “acca” e anche, quando ero ancora in Italia, una gara dei Jags (credo contro il Celtic, se ben ricordo) trasmessa da Sky Italia quando seguiva il campionato scozzese (ovvero, trasmettendo le gare di Celtic e Rangers).

Insomma, perché abbia aspettato quasi sette anni per andare al Firhill resta uno di quei misteri cui non sai darti una risposta e la colpa, spesso, la dai al fatto che “vabbè son qui vicino ci vado presto” ma poi quel “presto” non arriva mai.

L’interno della magnifica Queen’s Cross Church

Raggiungere il Firhill da Edimburgo non è cosi scomodo, oltretutto. “Solito” treno da Haymarket (o Waverley, se siete in centro) direzione Glasgow e ultima fermata Glasgow Queen Street, poi ci sono due opzioni: o si prende la metropolitana (che, a mio parere, è comunque un’esperienza da fare) scendendo alla fermata St George’s Cross, poi si risale a piede Maryhill Rd fino allo stadio, oppure si fanno due passi in centro fino alla stazione Glasgow Central e si prende il bus della First (se ben ricordo, il 60 o 60A simpliCITY ma sempre meglio controllare il sito della compagnia di trasporti) che parte dalla fermata di fianco alla stazione e vi lascia ad un centinaio di metri scarsi dallo stadio (nome della fermata, Bonawe St).

La zona attorno allo stadio non è propriamente turistica (c’è un pub, The Woodside Inn, frequentato dai tifosi dei Jags nei pre-partita) ma a due passi dal Firhill c’è comunque una vera e propria gemma che straconsiglio di visitare. Si tratta della Free Church of St Matthew, conosciuta col nome di The Mackintosh Church.

Questo edificio è l’unica chiesa disegnata da Charles Rennie Mackintosh, architetto di fama mondiale che ha lasciato numerosi capolavori in giro per il mondo (tra cui il mio preferito è la Glasgow School of Art) si può visitare solo tre giorni alla settimana (lunedì, mercoledì e venerdì) per cui consiglio, se si volesse fare doppietta, di andare al Firhill quando i Jags hanno un anticipo il venerdì sera – oppure fare serata a Glasgow (che è sempre una grande idea!) e andare il sabato alla partita.

Altro motivo per vedere il Partick Thistle in casa è la loro mascotte, Kingsley, che nonostante sia stata ‘imposta’ dallo sponsor di turno non riesco a non farmela piacere.

Kingsley nel pre-partita del match contro l’Ayr United

La mia prima visita è stata ad inizio agosto, seconda giornata della stagione 2019/20 di Scottish Championship con il Partick Thistle che, nell’anticipo del venerdì sera, ospitava il Dundee United di Lawrence Shankland, strafavorito per la vittoria finale del torneo.

La gara era in diretta su BBC Scotland ma, nonostante una leggera pioggia scesa nel pre-partita, orario, giorno e importanza dell’avversario avevano comunque richiamato un buon pubblico. Anche da Dundee erano arrivati in tanti a sostenere gli Arabs (che avevo visto, pochi giorni prima, debuttare in casa con un successo netto sull’Inverness Caley Thistle, gara di cui parlerò prossimamente) e la cornice, in generale, non poteva essere migliore.

Il concourse del Jackie Husband Stand con poster in ricordo di John Lambie

Il Firhill Stadium presenta i segni degli anni passati e dei mancati restauri cui andrebbe sottoposto ma anche cosi, anche senza la terrace che è stata incredibilmente tolta lasciando solo i tre lati coperti, ha decisamente (almeno per me) un grande fascino.

Arrivando al Jackie Husband Stand si percorre un pezzo di strada in salita che costeggia la vecchia terrace e sul muro si nota il murales dedicato al club, prima di svoltare per entrare nel piazzale di fronte allo stand dove sorge anche il botteghino che vende i tagliandi d’ingresso.

Il murales che costeggia la vecchia terrace e visibile sulla strada verso il Jackie Husband Stand

Il Main Stand è stato rinominato Colin Weir Stand nel 2016 in onore di Colin Weir, primo patron dei Jags che dopo la vittoria alla lotteria Euromillion nel 2011 aveva donato una cifra considerevole al club per cui ha sempre fatto il tifo. Weir, mancato nel gennaio 2020, è stato onorato con un’ultima visita al Firhill sulla via verso la chiesa per il suo funerale, gesto simbolico ma davvero di grande significato. Colin Weir non è stato solo un grande tifoso dei Jags, ma anche un grande sostenitore della causa dell’Indipendenza della Scozia, donando ingenti somme alla campagna per lo Yes nel 2014 e all’SNP.

Il Colin Weir Stand

Con il Main Stand assegnato agli ospiti (come capita solo se il contingente al seguito della squadra è superiore alle 500 unità) e andando alla gara da neutrale, ho scelto di sedermi nello stand che corre parallelo al Main Stand, il Jackie Husband Stand. La struttura avrebbe bisogno di qualche lavoro di miglioramento che il club, al momento, non può certo permettersi ma onestamente tutto quello che si chiede ad uno stadio “di provincia”, si trova al Firhill. Compresa la grande passione del pubblico, che non è ovviamente numeroso come ad Ibrox o al Celtic Park ma che segue il club, nella buona e nella cattiva sorte, con grande affetto.

Quella sera, i Jags passarono in vantaggio per primi ma, come sarebbe successo poi altre volte nel corso di quella stagione, alla fine si fecero rimontare e i Terrors, grazie ai goal di Shankland e Pawlett, tornarono a Dundee con altri tre punti.

Le case che sorgono dietro il North Stand e rendono ancora più caratteristico lo skyline dello stadio

Sono riuscito a tornare solo un’altra volta al Firhill, per la gara dei Jags contro l’Ayr United a fine agosto 2019 e come gustoso antipasto del concerto degli Skunk Anansie che era in programma quella sera (sabato 31 agosto) alla O2 Academy di Glasgow. Anche allora, Thistle avanti per ben due volte, poi in nove e alla fine sconfitto (2-3) in rimonta.

I match programme ufficiali delle due gare viste al Firhill

Come detto, l’esperienza del Firhill Stadium è davvero consigliata a tutti gli amanti del calcio cosiddetto “provinciale” (che, sia chiaro, qui è sempre e solo usato come termine positivo) e appena avremo occasione di tornare a viaggiare “liberamente”, ho già in programma un’altra visita in Maryhill.

Posted in 500 miles, Hearts, Memories, Scotch Pie e dintorni

Dove il mare incontra il calcio

L’East Stand del Gayfield Park col mare alle sue spalle

Ho già usato l’espressione “luogo dell’anima” su queste pagine, nel post fatto qualche giorno fa sul Cappielow Park. Devo usarla, giocoforza, ancora anche oggi – ma, prometto, non sarà cosi abusata in futuro.

Parlare di Arbroath senza definirlo un luogo dell’anima, sarebbe semplicemente impossibile. Perché per chi, come me, ha a cuore la Scozia, Arbroath rappresenta davvero molto di più di un luogo da visitare per dire “ci sono stato”. Arbroath, per la Scozia, potrebbe davvero essere considerato come Guernica-Gernika per i Paesi Baschi, ovvero un luogo dell’anima, un simbolo di unità, una sineddoche per il Paese intero.

Inutile dire, dopo questa premessa, che considero indispensabile una visita alla cittadina che sorge in Angus, sulle coste del Mar del Nord, a poco meno di due ore di treno da Edimburgo. Ci sono treni diretti tutto il giorno ma non sono frequentissimi, quindi consiglio di prenotare per tempo e consultare gli orari online sul sito della ScotRail – scaricatevi la app, dove ci sono davvero tutte le info necessarie e attraverso cui si possono anche acquistare i biglietti.

La copia della Declaration of Arbroath esposta all’interno della Arbroath Abbey

Arbroath è conosciuta nel mondo per aver dato il nome alla “Dichiarazione”, una lettera scritta nel 1320 da nobili scozzesi e indirizzata all’allora papa Giovanni XXII, in risposta alla scomunica comminata a Robert the Bruce, reo agli occhi del pontefice di aver ignorato la sua richiesta di tregua (1317) durante la prima guerra d’Indipendenza scozzese.

In quella lettera, oltretutto, si fa riferimento ad un Regno di Scozia indipendente, e non un territorio sottomesso alla corona inglese. Celeberrimi sono alcuni passaggi del testo, come “We do not fight for honour, riches, or glory, but solely for freedom which no true man gives up but with his life.

La Declaration of Arbroath è stata spedita dalla Arbroath Abbey, l’abbazia che – seppur in rovine – si può visitare (e vale davvero la pena). Dista davvero a poche centinaia di metri dalla stazione dei treni, a questo link tutte le informazioni utili (orari, costo entrata etc).

Uno scorcio dell’interno della Arbroath Abbey

Sono stato due volte ad Arbroath, entrambe con la scusa di vedere gli Hearts sfidare in amichevole pre-season il club locale, l’Arbroath FC al Gayfield Park.

Prima di andare allo stadio, come consuetudine, tappa alla Abbey e pranzo al The Old Brewhouse, pub/hotel situato in riva al mare all’inizio del suggestivo porto, dove si può gustare il piatto tipico del luogo: lo smokie.

Lo smokie è haddock (più o meno, merluzzo) affumicato con un procedimento particolare, cotto al vapore e servito con patate e insalata. Una vera e propria delizia.

Lo smokie che ho avuto la fortuna di mangiare in tutto il suo splendore

Dal molo si arriva allo stadio a piedi in una decina di minuti e si può costeggiare il mare fino al Gayfield Park, che sorge davvero a pochissimi metri dalla riva. Lo stadio, in sé, è piuttosto “vecchio stile” e anche, volendo essere un po’ cattivi, non proprio in grandissime condizioni ma location e quest’aria di “tempi che furono” lo rendono davvero speciale.

Oltretutto, d’inverno la posizione geografica fa in modo che il Gayfield Park sia uno dei posti più freddi del calcio – e, se siete fortunati, in giornate di mareggiata potete anche vedere giocatori bagnati dal mare mentre battono un calcio d’angolo!

Panoramica del Gayfield Park dalla bandierina all’angolo tra il Main Stand e la North Terrace

Io sono andato sempre in estate e ho avuto la fortuna di trovare due giornate piuttosto asciutte, che hanno reso le due visite ancora piú piacevoli.

I Lichties (questo il soprannome dell’Arbroath FC) sono in questa stagione in Championship ma il primo anno che li vidi giocare, nell’estate 2018, erano ancora in League 1 e quel giorno non era nemmeno stato fatto un programma ufficiale della partita. Nel negozio all’interno dello stadio vendevano, al suo posto, i fogli fotocopiati (a colori) delle formazioni per una cifra, se ricordo bene, non superiore a 50p.

Il foglio delle formazioni della pre-season friendly tra Arbroath e Hearts nel luglio 2018

Hanno la maglia maroon, come gli Hearts, su cui campeggia (nella parte alta della schiena) una bandiera scozzese, e uno zoccolo duro di appassionati.

La cittadina ha poco più di 23mila abitanti e, pur non avendo dati precisi, credo che la media-spettatori si aggiri attorno al migliaio tra paganti e abbonati. Sul sito ufficiale del club è presente il dato spettatori (1,373) presenti sugli spalti il 4 maggio 2019, giorno in cui i Lichties hanno festeggiato la vittoria della League 1 e la promozione in Scottish Championship pareggiando (1-1) contro il Dumbarton, al termine di una stagione che hanno davvero dominato dalla prima giornata.

Il banner che celebra il successo dell’Arbroath in League 1 nella stagione 2018/19 appeso all’interno del Gayfield Park

Il 3 luglio 2018 gli Hearts vinsero (1-2) mentre un anno dopo subirono una brutta sconfitta (2-0, era il 29 giugno 2019) che, col senno di poi, si poteva leggere come una triste premonizione della stagione che ci attendeva.

Arbroath è un posto davvero unico e, come ho già detto, consiglio davvero di metterlo nella vostra lista per il prossimo viaggio in Scozia. Nonostante le quattro ore scarse di viaggio (se pensate di fare andata/ritorno facendo base ad Edimburgo, due ore per tratta) si può visitare tranquillamente in una giornata e soprattutto ci si può vedere una partita di calcio senza per questo rinunciare ai piaceri da “turista” che la cittadina offre.

Posted in 500 miles, Scotch Pie e dintorni, Scozia

Ad un passo dal cielo

Panoramica del St Mirren Park nel pre-partita di Scozia-Svizzera femminile

Ricordo benissimo quel giorno, giovedi 30 agosto 2018. Avevo il turno della mattina ma avevo deciso di prendere comunque mezza giornata di ferie per non rischiare di rimanere impantanato nel traffico dei lavoratori che, dalle 4pm in poi, affollano le stazioni per tornare a casa.

Oltretutto, siccome la mia destinazione era Paisley (da Edimburgo, coi mezzi pubblici, non proprio dietro l’angolo) e dovevo cambiare due treni volevo evitare di arrivare in ritardo. Certo, il kick off della partita era fissato per le 7.35pm e c’era anche la diretta televisiva (su BBC ALBA) ma la gara era davvero importante e, come sempre mi capita soprattutto quando visito un posto o uno stadio nuovo, volevo arrivare con largo anticipo per farmi un giro attorno e fare qualche foto.

Quella sera la Scozia ospitava la Svizzera al St Mirren Park (allora chiamato, per ragioni di sponsor, The Simple Digital Arena) in una partita fondamentale per le speranze delle Dark Blues di qualificarsi alla FIFA Women’s World Cup in programma in Francia nel 2019.

Il braccialetto con l’hashtag “#OurGirlsOurGame distribuito fuori dal St Mirren Park prima della gara

La Scozia Femminile non aveva mai partecipato alla Coppa del Mondo e, in generale, l’ultima apparizione di un Saltire a bordo campo ad una Coppa del Mondo risaliva al 1998 – ironia della sorte, anche in quell’anno il mondiale (maschile) si giocava in Francia.

La rappresentativa maschile aveva deluso parecchie volte le attese di un’intera Nazione, arrivando solo nel 2007 (con la vittoria, guarda caso, contro la Francia) ad un passo dal qualificarsi per Euro 2008. Poi, solo prestazioni sotto le aspettative e mancate qualificazioni che si erano susseguite senza soluzione di continuità.

L’East Stand (Main Stand) del St Mirren Park visto dall’esterno

La rappresentativa femminile, invece, era salita agli onori delle cronache quasi senza fare rumore, in un mondo (quello del calcio, ma spesso anche dello sport in generale) dove le discipline femminili hanno quasi sempre meno soldi, meno attenzione e meno aspettative di quelle maschili.

La questione mi provoca davvero molti fastidi, ma qui mi limito a dire che, quando riesco, sono sempre andato a vedere giocare le ragazze della nazionale femminile di calcio e rugby e per me, lo sport è sport e non riconosco nessuna superiorità intrinseca alle versioni maschili.

Un momento di Scozia-Svizzera

Anyway, tornando a giovedi 30 agosto, l’attesa per la partita era per me davvero tanta perché da qualche tempo non riuscivo ad andare a vedere le ragazze dal vivo e l’occasione era davvero storica: una vittoria con due goal di scarto sulle quotatissime elvetiche, infatti, avrebbe dato alla Scozia (con una gara ancora da giocare) completa padronanza del proprio futuro.

Ogni altro risultato, invece (tranne, ovviamente, la sconfitta) lasciava la Scozia in balia del risultato della Svizzera che, nell’ultimo giornata del torneo di qualificazione, avrebbe fatto visita ad una Polonia già fuori dai giochi (mentre la Scozia avrebbe sfidato l’Albania, altrettanto senza ambizioni di classifica, a Shkodër).

Pie e Bovril, immancabile nel pre-partita di ogni grande gara del calcio scozzese

La Scozia aveva avuto, fino a quel momento, alti e bassi, perdendo una gara (1-0 contro la Svizzera a Schaffhausen in aprile) e vincendone cinque, ma proprio l’ultima vittoria in termini cronologici (raccolta in trasferta a Kielce sulla Polonia 2-3. gara decisa dal goal di Evans al 90′ dopo che la Scozia era stata sotto 2-0 fin oltre l’ora di gioco) aveva acceso gli entusiasmi e davvero dato alle Dark Blues la concreta possibilità di entrare nella storia.

Il match programma della gara con Erin Cuthbert in copertina

Il St Mirren Park è un bello stadio, comodissimo da raggiungere in treno da Glasgow Central e con la stazione (Paisley Gilmour St) davvero a cento metri dall’ingresso. Ho notato anche numerosi parcheggi attorno allo stadio, ma non guido e non saprei dire se fossero o meno a pagamento.

È uno stadio, tutto sommato, “moderno” ma piuttosto piccolo (capienza poco piú di 8mila spettatori), quindi riesce anche ad essere piuttosto originale – nonostante tutto, ovviamente. Non mi ha colpito moltissimo all’interno, nonostante la partita si veda davvero bene da dietro la porta dove ho scelto di posizionarmi. Mi siedo lato tribuna principale nel Nord Stand, il settore solitamente riservato agli ospiti, perché quella sera sono aperti solo 3 stand (il South Stand era infatti chiuso) e l’unico riservato a chi non aveva acquistato biglietti in prevendita era proprio questo, mentre nel West Stand erano ammessi solo membri del Supporters Club della SFA – che alle gare delle rappresentative femminile e U21 hanno accesso gratuito con la loro tessera da soci.

Dopo gli inni nazionali e le consuete foto di rito, l’atmosfera si scalda subito con la Scozia che trova il doppio vantaggio in sette minuti (Cuthbert va in goal al 2′, Kim Little raddoppia al 6′) ma, nella più tipica maniera scozzese, al 7′ le avversarie trovano il goal che fissa il risultato sul 2-1 con cui si chiude il match.

Uno scorcio del West Stand nel pre-partita con la mia bandiera in primo piano

La delusione delle ragazze a fine gara era davvero evidente, perché la vittoria consentiva loro di agganciare la Svizzera in vetta alla classifica a pari punti, ma lasciava alle avversarie il vantaggio della differenza-reti negli scontri diretti.

Nessuno poteva immaginare che, quattro giorni dopo, i goal di Kim Little e Jane Ross avrebbero regalato non solo la vittoria in Albania ma anche primo posto nel Gruppo 2 e qualificazione alla Coppa del Mondo, grazie al contemporaneo pareggio (0-0) della Svizzera in Polonia.

Il sogno era diventato realtà, Flower of Scotland sarebbe tornato a risuonare in uno stadio in occasione della fase finale di una Coppa del Mondo e tutto questo grazie al lavoro straordinario di Shelley Kerr e di tutte le ragazze.

Posted in League Cup, Memories, Scotch Pie e dintorni

L’importanza di vincere in casa dei rivali – anche quando giochi in campo neutro

Banchetto con materiale degli Hearts con il Famous Five Stand di Easter Rd sullo sfondo

Sabato 26 gennaio 2013 sono andato per la prima volta ad Easter Road, la casa dell’Hibernian FC, ma solo perché quel giorno gli Hearts giocavano la semifinale di Scottish Communities League Cup contro l’Inverness Caledonian Thistle.

Ricordo bene molte cose di quel giorno, ma anche piuttosto distintamente le polemiche (a mio parere più che legittime) scatenate dai tifosi del Caley Thistle sulla scelta della sede “neutrale” per la partita: mentre i Jambos, da Gorgie, possono raggiungere lo stadio di Leith con un bus diretto (il numero 1 della Lothian Buses) in poco meno di mezz’ora (traffico permettendo), per i sostenitori dei rossoblu la trasferta dalle rive del fiume Ness alla costa del Firth of Forth può anche durare più di quattro ore in pullman.

Un vero “campo neutro” ma, soprattutto, una vera decisione che avrebbe visto le due squadre incontrarsi a metà strada poteva essere uno dei due stadi di Dundee o anche Perth, ma la SFL allora scelse di giocare entrambe le semifinali nella Central Belt – e, stranamente, solo una di queste ad Hampden Park (quella tra St Mirren e Celtic, di cui ho già parlato).

Easter Rd visto dalla cima di Waverley Pl.

Io all’epoca non vivevo ancora in Gorgie quindi per arrivare ad Easter Road ho dovuto cambiare bus in centro. Adesso, dopo qualche anno qui, se il tempo lo permette consiglio di andare in centro coi mezzi e poi di scendere verso lo stadio degli Hibs facendosi una passeggiata su Leith Walk. Cosi facendo, il tragitto si allunga sensibilmente ma si ha occasione di godersi l’atmosfera di uno dei quartieri più cosmopoliti di Scozia.

Esperienza che ho fatto spesso, ma davvero pochissime volte per una partita di calcio perché, come ho già detto, da tifoso degli Hearts non ho molte ragioni di andare ad Easter Rd.

Per una vista “casual” dello stadio, invece, scendete su London Rd e proseguite oltre l’incrocio con Easter Rd, poco più avanti troverete dei vicoli con scalinata e da li la vista è davvero suggestiva. Lo stadio si vede anche piuttosto bene da Calton Hill, oltre che dall’aereo se siete seduti sul lato sinistro vista finestrino arrivando dall’Italia.

Uno scorcio di Easter Rd visto dal West Stand (Main Stand)

Se visto da fuori lo stadio ha un certo fascino, non sono invece un grande fan di Easter Rd da dentro e il fatto che tifi Hearts non influisce assolutamente sul mio giudizio: ho visto foto dello stadio prima della ristrutturazione e, se paragonate al risultato odierno, il lavoro fatto ha avuto un effetto terribile, uccidendo l’atmosfera e l’unicità dello stadio nel nome di quattro stand “comodi” ma senz’anima.

Tornando alla gara, per gli Hearts siamo nella stagione post-fiveone, post-Romanov, la stagione in cui, risvegliatisi dall’hangover dopo il trionfo in Scottish Cup proprio contro gli Hibs (che si sarebbero dovuti sentire il coro “since 1902” ancora per altri quattro anni) si è subito capito che, per gli anni a seguire, ci sarebbe stato davvero da soffrire.

Con queste premesse, giocare la semifinale di una coppa (considerata la “wee Cup”, ma pur sempre un major trophy) era davvero un risultato importante. I Jambos arrivarono alla gara entrando nella competizione al terzo turno e dopo aver battuto Livingston (3-1 al Tynecastle) e Dundee United (4-5 ai rigori al Tannadice), mentre l’Inverness era partito dal secondo turno battendo, a sua volta, Arbroath (0-2 al Gayfield Park), Stenhousemuir (5-6 ai rigori ad Ochilview Park) e Rangers (0-3 ad Ibrox).

I giocatori degli Hearts festeggiano sotto il settore dei Jambos il goal di Ngoo

Considerando come le due squadre sono arrivate a quella sfida, non sorprende che la gara sia stata decisa ai calci di rigore. L’Inverness, allora guidato da Terry Butcher, era passato in vantaggio in avvio di secondo con Andrew Shinnie tempo prima che Ngoo trovasse il pareggio per gli Hearts. L’espulsione di Scott Robinson costrinse gli Hearts a giocare quasi un’ora (compresi i supplementari) in inferiorità numerica e anche per questo il successo finale (arrivato grazie all’errore di Philip Roberts nell’ultimo penalty della serie) è stato festeggiato da tutto l’ambiente, giocatori e i numerosi tifosi accorsi, con grande entusiasmo. Una vittoria ad Easter Rd, ambiente ostile per eccellenza per un tifoso degli Hearts, va sempre festeggiata anche quando non giochi contro i tuoi rivali!

Il match programme ufficiale della gara tra Inverness Caley Thistle e Hearts

I tifosi degli Hearts erano, per ovvie ragioni, la stragrande maggioranza dei 16,300 spettatori presenti quel giorno e il ritorno verso Gorgie è stato, ancora una volta, festoso. Quella stagione sarebbe stata, però, davvero avara di ulteriori soddisfazioni considerando che gli Hearts sarebbero poi stati battuti dal St Mirren in finale di League Cup, dopo esser stati eliminati dalla Scottish Cup proprio dagli Hibs (1-0 ad Easter Rd) e in campionato avrebbero chiuso al decimo posto, cambiando oltretutto guida tecnica in febbraio con Gary Locke che prese il posto di John McGlynn (che ad inizio carriera si è anche trovato a fare lavori da idraulico per permettere al suo club di allora di andare avanti).

Sembra quasi impossibile da credere che la stessa squadra, ad inizio stagione, era stata eliminata dall’Europa League ai playoff dal Liverpool perdendo 0-1 al Tynecastle ma pareggiando 1-1 ad Anfield, passando in vantaggio con Templeton prima che Luis Suarez spegnesse i sogni di tempi supplementari con un goal al minuto 88.