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“Pioneers and trailblazers”, ma solo dopo oltre quarant’anni

Il poster dello spettacolo in scena al Traverse Theatre

Mercoledì 29 settembre è stata una giornata che ho personalmente dedicato al calcio femminile scozzese. Il caso ha voluto che, nello stesso giorno, ci fosse infatti il Women’s Edinburgh Derby ad Easter Rd (di cui ho già parlato) e la messa in scena dello spettacolo teatrale dedicato ad una delle più grandi giocatrici scozzese della storia recente, Rose Reilly.

Lo spettacolo, chiamato semplicemente “Rose”, è in scena al Traverse Theatre di Edimburgo fino a domani, 2 ottobre, ma i biglietti sono andati esauriti davvero in pochissimo tempo. Lo spettacolo rientra nell’offerta di “A play, a pie and a pint“, splendida iniziativa che consente, col prezzo di ingresso, di vedersi uno spettacolo (di solito in programma all’ora di pranzo) e prima, o dopo, mangiare una pie e bersi una pinta di birra – o un bicchiere di vino, se l’aria del teatro vi ispira di più.

“Rose” è un one-woman show scritto da Lorna Martin che racconta la storia di Rose Reilly attraverso la voce della protagonista, dai suoi primi anni in Ayrshire all’amore per il calcio e a tutte le avventure e i problemi affrontati a causa del suo folle amore per la palla tonda.

Rose, una delle migliori calciatrici della sua epoca (ma non solo), ha avuto la “sfortuna” di innamorarsi di uno sport, il calcio, che fino al 1971 (sarebbe stato il 1974 in Scozia) per le donne era proibito vedere come una carriera. Non solo, a causa del ban datato 1921, con cui le federazioni calcistiche avevano deciso di proibire alle donne di giocare a calcio impedendo ai club “maschili” di dare accesso a squadre femminili ai propri impianti, organizzare anche un’amichevole era davvero un’impresa.

I tempi son cambiati, per fortuna, la strada da fare è ancora molto lunga ma la consegna dei caps alle atlete che hanno preso parte alla prima gara internazionale tra Scozia e Inghilterra giocatasi a Greenock nel 1972 su un terreno di gioco ghiacciato, con le giocatrici scozzesi che furono costrette a comprarsi loro le maglie blu, cui hanno cucito numeri e logo e che sono arrivate al campo di gioco a bordo di un camion che trasportava letti e divani dopo che non erano riuscite ad organizzare il noleggio di un autobus.

Il palcoscenico pronto prima dell’inizio dello spettacolo

La storia della carriera di Rose Reilly si mischia, inevitabilmente, con quella della sua vita privata e sempre tenendo presente un background “patriarcale” che vede la SFA nei panni del villain.

Rose, per giocare a calcio a livello professionistico, è stata costretta ad emigrare prima in Francia, poi in Italia dove ha davvero trovato modo di esprimersi al massimo, vestendo anche la maglia della Nazionale Italiana e vincendo il Mundialito nel 1984 – va ricordato che la prima Coppa del Mondo femminile organizzata dalla FIFA è datata 1991.

Il biglietto dello spettacolo

Rose ha ricevuto “giustizia” (dopo esser stata bannata dalla SFA, con altre due colleghe, nel 1974) solo nel 2019 quando la First Minister Nicola Sturgeon, nel pre-partita dell’amichevole tra Scozia e Giamaica giocatasi ad Hampden Park (ultimo match della Scozia prima della partenza per la prima presenza ad una Coppa del Mondo) ha consegnato a lei e ad altre sue compagne di squadra il cap per la gara contro l’Inghilterra giocatasi a Greenock.

Pioneers and trailblazers” vengono chiamate, adesso, Rose e le sue compagne. Credo che queste definizioni facciano loro piacere ma fino ad un certo punto, perché sono convinto che Rose e le sue compagne, cosi come tutte le donne che amano il calcio nonostante questo meraviglioso sport non abbia sempre ricambiato questa passione, volessero soltanto essere libere di giocare.

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Il calcio femminile scozzese va a teatro (e i risultati sono straordinari)

Il palco dello spettacolo montato nel Main Stand del Tynecastle Park

Il calcio femminile scozzese negli ultimi anni è cresciuto esponenzialmente, grazie al grande lavoro dietro le quinte e ai risultati ottenuti dalla Nazionale che, nel 2017 (europei) e 2019 (coppa del mondo, un traguardo che il calcio scozzese non raggiungeva da vent’anni) riuscì a qualificarsi per la fase finale di un major tournament – qualcosa che la Nazionale maschile è riuscita a fare solo per Euro2020, dopo più di vent’anni di attesa.

Il calcio domestico femminile stenta ancora un po’ a decollare, anche perché non è per nulla facile farsi spazio in un Paese, la Scozia, dove anche club domestici maschili soffrono da sempre l’ingombrante dominio dell’Old Firm. South of the border il calcio femminile, con la FA SWL, ha raggiunto forse lo step successivo (anche grazie alle prestazioni delle Lionesses, la nazionale femminile inglese, che non ha vinto trofei – al pari della maschile – ma si è ormai consolidata nel numero delle migliori squadre al mondo) ma pur sempre la strada da fare verso una vera e propria uguaglianza è ancora molto lunga – basti pensare che nessuna delle squadre femminili di FA SWL, pur essendo di fatto la squadra femminile di club di Premier League (avendo lo stesso nome, vestendo le stesse maglie con lo stesso logo) salvo rarissime occasioni e solo negli ultimi anni gioca nella “casa” del club e si trova, solitamente, a dover giocare partite in stadi piccoli.

Il poster dello spettacolo

Dopo un anno di pausa forzata dalla pandemia, nel 2021 sono tornate tante manifestazioni e tra loro, anche se con qualche limitazione, è tornato anche l’Edinburgh Fringe. In questa edizione la compagnia teatrale “This is my story Productions” (che non nasconde, già nel nome, un richiamo agli Hearts) dopo aver portato sul palco montato all’interno del Tynecastle Park la storia del McCrae’s Battalion nelle edizioni 2018 (cui sono stato) e 2019, ha deciso di mettere in scena uno spettacolo incentrato sull’ascesa e caduta (‘colpevoli’ compresi) del calcio femminile in Scozia durante la prima guerra mondiale.

Nel 2018 la compagnia aveva prodotto “A war of two halves” che, come detto, ripercorreva le orme dei giocatori degli Hearts che, allo scoppio della prima guerra mondiale, lasciarono i campi da calcio (ad un passo dal vincere il titolo di campioni di Scozia) per andare a combattere in Francia col McCrae’s Battalion. Lo spettacolo era ambientato al Tynecastle Park ed era uno spettacolo “itinerante”, nel senso che non c’era un palco fisso ma gli spettatori seguivano fisicamente gli attori attraverso le diverse fasi dello spettacolo in diverse aree dello stadio, partendo dal Main Stand, passando per gli spogliatoi (allora collocati ancora nel Wheatfield Stand dal momento che il Main Stand era stato si aperto, ma non completato) e arrivando addirittura ad una trincea ricostruita dietro il Roseburn Stand.

La placca posta all’ingresso della Usher Hall di Edimburgo che ricorda il McCrae’s Battalion

Quest’anno, invece, il focus è sulla squadra di calcio femminile formatasi all’interno della fabbrica della North British Rubber, un’azienda situata nel quartiere di Fountainbridge della capitale scozzese che durante la guerra produceva stivali per i militari impegnati nelle trincee europee. Lo spettacolo, che dura in tutto due ore e mezza (compresi 15’/20′ minuti di intervallo) si svolge su un palcoscenico costruito all’interno del Main Stand (con gli spettatori tutti seduti nel settore S dello stadio) e ripercorre la storia di queste donne, della loro esperienza in fabbrica come lavoratrici a sostegno dello sforzo bellico, del loro amore per il calcio.

Nel 1916 il calcio femminile era sempre più popolare in Scozia e Inghilterra e continuava a crescere, finché la SFA (che aveva cercato in tutti i modi di ostacolarne la crescita) non decise (nel 1921) di impedire alle donne di giocare a calcio, adducendo motivazioni “scientifiche” e chiedendo ai club loro associati (maschili, ça va sans dire) di non dare più autorizzazione a squadre femminili di giocare nei loro stadi.

Questo divieto resterà di fatto in vigore fino al 1971, e in Scozia si protrarrà per altri tre lunghi anni. La storia del calcio femminile in Scozia si mischia con quella personale delle lavoratrici, col movimento delle Suffragettes che chiedevano diritto di voto per le donne (ed uguaglianza, con le lavoratrici che pur facendo lo stesso lavoro dei lavoratori venivano pagate molto meno) passando per lo scoppio della pandemia di influenza (che collega, tristemente, le due epoche, quella raccontata nel play e quella che stiamo vivendo) e raccontando, con amara ironia, le macchinazioni della Federazione per impedire al calcio femminile di continuare a crescere.

Il palco poco prima dell’inizio del secondo tempo

Nove attrici sul palco, che recitano, cantano, suonano e offrono una rappresentazione di un’epoca gloriosa e drammatica, per le vite dei loro personaggi e per il calcio femminile in Scozia. Uno spettacolo che non ha paura di affrontare tematiche ancora piuttosto difficili, come l’esperienza delle donne e degli uomini durante la guerra, il rientro a casa dei militari, la difficile reintegrazione, le complicate relazioni amorose.

Uno spettacolo, Sweet F.A., davvero intenso, che strappa risate al pubblico ma che fa anche commuovere, con le nove attrici bravissime nel coinvolgere gli spettatori presenti sugli spalti per tutta la durata del play.

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La rivalità più “local” del calcio scozzese (part 1)

La RRS Discovery, con alle spalle il Discovery Point, vista dal V&A

Nel gruppo di appassionati groundhoppers che frequento ogni tanto sui social media, i due stadi di cui parlerò oggi (e domani) sono tra quelli più popolari.

Oltre alle varie particolarità delle strutture, la vera ragione della loro popolarità sta nel fatto di essere separati da 0.2 miglia, poco più di 320 metri. Praticamente due universi paralleli cosi vicini da sfiorarsi, ma cosi lontani da riuscire, anche se con un po’ di impegno, ad ignorarsi.

Sto parlando dei due stadi della città di Dundee: Tannadice Park e Dens Park.

Uno scorcio del Firth of Tay visto dal V&A

Dundee è una città di poco meno di 150mila abitanti che sorge sull’estuario del fiume Tay e sulla costa del fiordo omonimo, ad un niente dal Mare del Nord. La sua posizione geografica ha reso Dundee il porto perfetto e negli anni si è sviluppato come centro del commercio della iuta, una pianta che cresce principalmente in Asia e che viene utilizzata come materia prima nella produzione di svariati manufatti.

Dundee, conosciuta un tempo come la città di “jute, jam and journalism” (jam per la produzione di marmellata, journalism per essere sede di numerose pubblicazioni tra cui i fumetti Oor Wullie e The Dandy) ha vissuto piuttosto male il periodo post-industriale ma negli ultimi anni ha trovato la forza per rinascere.

La statua dedicata ad Oor Wullie all’esterno del The McManus

Il processo di riqualificazione del waterfront è stato ulteriormente acelerato con l’apertura del primo V&A Museum al di fuori di Londra (un vero e proprio gioiello, che davvero merita una visita) e in generale, nonostante ovviamente come ovunque restino zone un po’ difficili, la città, nelle due occasioni in cui l’ho visitata, mi ha davvero lasciato tanti bei ricordi.

Un altro posto che val la pena visitare è il museo della città, dove tra le tante cose esposte si trova anche una stanza con teche dedicate alle due squadre di calcio. Il Dundee United, penultimo club a vincere il titolo di Campione di Scozia al di fuori di Glasgow nel 1982/83 (ultimo è stato l’Aberdeen nel 1984/85, club con cui divideva il nomignolo New Firm) è stato fondato nel 1909 come Dundee Hibernian, vestiva di bianco-verde e solo nel 1969 ha adottato l’arancione come colore della divisa.

Una delle teche riservate alle due squadre cittadine all’interno del The McManus, il museo di Dundee

Il cambio di colori e di nome, effettuato con l’intento di rappresentare una più larga parte della popolazione, ha dato origine anche al soprannome (Tangerines) con cui il club è conosciuto (altri soprannomi sono Terrors e Arabs).

Il Dundee United è stato anche il primo club di Rudi Skacel dopo l’addio agli Hearts, nella stagione 2012/13. Rudi aveva scelto di vestire il numero 51, poco velato richiamo al risultato con cui i Jambos avevano umiliato gli Hibs nella finale di Scottish Cup qualche mese prima. Il ritorno di Rudi al Tynecastle è stato, ovviamente, trionfale e al minuto 51 di quella gara tutto il pubblico (me compreso) si alzò in piedi per omaggiare una delle leggende del club.

Il giorno che Rudi fece il suo ritorno al Tynie con la maglia numero 51 del Dundee United, 23.12.2012

La scelta del numero aveva creato qualche problema al Dundee United durante la visita ad Easter Rd, con Rudi che aveva avuto modo di scambiare opinioni col pubblico e il presidente dei Terrors che aveva addirittura dovuto ammettere che non avevano idea Skacel avesse scelto di vestire la maglia numero 51 per “quel motivo”.

Sono stato una sola volta al Tannadice Park, nella prima gara della stagione 2019/20 quando il Dundee United (guidato, allora, da Robbie Neilson) aveva costruito una squadra per abbandonare, finalmente, il Championship dopo una permanenza nella “serie cadetta” che durava dalla retrocessione al termine della stagione 2015/16.

Uno scorcio del Tannadice Park visto da Tannadice St

Punta di diamante della squadra, Lawrence Shankland, che l’anno precedente, con l’Ayr United, si era messo in mostra ed aveva attratto attenzione di numerosi club di Premiership (e che avrebbe chiuso quell’annata con 24 goal all’attivo).

Avversario di giornata era l’Inverness Caledonian Thistle FC, unica vera rivale dei Terrors per la promozione diretta in Premiership.

Saluti da Dundee – 03.08.2019

Era la mia seconda volta a Dundee (della prima parlerò prossimamente). Come spesso capita, anche in quella occasione ho affrontato la “trasferta” con un viaggio in treno da Waverley in circa un’ora e mezza (consiglio, se possibile, di prenotare con anticipo per risparmiare sul costo del biglietto). La stazione di Dundee è situata sul mare, davvero a due passi dal V&A e da occasione di cominciare la visita alla città nel migliore dei modi.

Il percorso pedonale che porta dal waterfront al Tannadice prevede una strada in salita, piuttosto ripida, perché entrambi gli stadi sono situati nel quartiere Hilltown, che dal nome è facile capire sia costruito su un pendio.

Gli orti che sorgono all’esterno del Tannadice Park

La zona attorno al Tannadice è piuttosto residenziale ma, oltre alla visita allo store, si possono notare gli orti che sorgono nell’angolo alle spalle del Eddie Thompson Stand e del George Fox Stand (dove ho visto quella partita, nella parte bassa).

Tannadice Park ha preso nome e attuale proprietario dal 1909, anno di fondazione del Dundee Hibernian, ma era stato aperto nel 1882 col nome di Clepington Park, ospitando gare casalinghe di diversi club locali.

L’ingresso in campo delle squadre

Nel corso degli anni ha subito diverse trasformazioni, ultima delle quali nel 1997. La capienza è attualmente di poco più di 14,200 spettatori, tutti seduti. Gli stand sono tutti diversi e solo il Carling Stand (The Shed) era chiuso – credo venga aperto solo quando il seguito ospite sia davvero imponente.

Il colpo d’occhio, sia da fuori ma soprattutto da dentro, è davvero interessante e rende il Tannadice Park uno degli stadi più belli di Scozia. Il 2019 segnava il 50esimo anniversario della svolta “arancione” del club e sul programma della partita compare il logo creato per festeggiare l’evento – che richiama i simboli delle strade americane, forse per ricordare anche l’origine della maglia arancione: nel 1967, lo United era stato invitato a giocare nel torneo organizzato dalla United Soccer Association (torneo precursore dell’odierna MLS) col nome di Dallas Tornado, con outfit arancionero, adottando questi colori definitivamente nel 1969.

Scatti dal Tannadice Park

Il giocatore scelto sulla copertina del secondo match programme stagionale, nella prima gara del Championship, era proprio Lawrence Shankland. Quel giorno, l’attaccante nato a Glasgow aveva ripagato la fiducia marcando tutti i quattro goal con cui i Terrors avevano battuto il Caley Jags (4-1 risultato finale), mettendo una serissima ipoteca sulla vittoria del torneo già all’esordio.

Il match programme della gara tra Dundee United e Inverness CT
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Rugby games at Rugby Park

L’ingresso del Frank Beattie Stand del Rugby Park

Non sono mai riuscito a vedere il Kilmarnock FC giocare in casa – devo onestamente ammettere di non avere mai nemmeno iniziato a programmare una gita in East Ayrshire per vedere in azione il Killie – ma sono comunque riuscito a visitare, due volte, il Rugby Park.

Sembra anche appropriato che i due viaggi a Kilmarnock siano stati fatti per vedere partite di rugby, visto il nome dello stadio. L’occasione sono stati due test match autunnali della Scozia che, nel 2014 (contro Tonga) e nel 2016 (contro la Georgia) aveva scelto di giocare in East Ayrshire.

Certo, il fatto di non aver visto una gara di calcio mi impedisce di inserire il Rugby Park nella lista dei miei personali “42” visitati finora, ma l’unicità dell’esperienza fatta rende le due visite a Kilmarnock davvero speciali nella mia memoria.

In viaggio verso il Rugby Park

È passato molto tempo dalla mia prima volta e non ho davvero molti ricordi del pre-gara di quel 22 novembre 2014. Ricordo piuttosto bene la gara e ricordo che ero piuttosto nervoso, perché non conoscevo per nulla la zona e non sapevo quali fossero le procedure di accesso alla struttura.

Nel 2014 ero arrivato a Kilmarnock in auto (non guidavo io), mentre nel 2016 mi ero spostato col treno. In entrambe le occasioni, ero andato alla gara per scrivere articoli e in entrambe le occasioni avevo l’accredito per la tribuna stampa, che è situata nella parte più alta del Frank Beattie Stand (il main stand dello stadio).

Il Rugby Park visto da fuori (novembre 2014)

In entrambe le occasioni, le gare del Rugby Park chiudevano l’autunno internazionale della Scozia e la sfida contro la Georgia nel 2016 è stata l’ultima gara casalinga che i Dark Blues hanno giocato lontano dal BT Murrayfield, la casa del rugby scozzese.

I match programme dei due test match giocati al Rugby Park

Nel 2012 ancora Tonga era stata la squadra che ha sfidato la Scozia lontano dall capitale, al Pittodrie Stadium di Aberdeen (parlerò di questo viaggio prossimamente), centrando una vittoria clamorosa che aveva messo Andy Robinson, allora head coach della Scozia, nelle condizioni di dimettersi una settimana più tardi.

Vista del Rugby Park da bordo campo, nell’angolo tra Moffat Stand e Frank Beattie Stand

Il test match del 2014 era quindi la prima occasione per i Dark Blues di “prendersi una rivincita” con gli ‘Ikale Tahi e Greig Laidlaw e compagni, pur non giocando una partita strepitosa, non se la sono fatta scappare.

Nel 2016, invece era la Georgia l’avversario di turno, una nazionale che si trova sul confine tra Tier 2 e Tier 1 e che negli ultimi anni non ha mai nascosto grandi ambizioni, tra cui quella di poter entrare a far parte del Six Nations.

Scozia e Georgia schierate per gli inni nazionali, 26 novembre 2016

Il Rugby Park è stato aperto nel 1899 e da allora è sempre stata la casa del Kilmarnock FC. Ha subito, nel corso degli anni, diversi lavori di ristrutturazione alla struttura e, recentemente (nell’estate 2014), il club ha anche deciso di installare un terreno di gioco sintetico che, a mio parere, non è stata una scelta felicissima.

Lo stadio è composto da quattro stand, tutti coperti e solo il Main Stand presenta restricted view in alcuni punti. La vera celebrità locale è la Killie Pie (adesso chiamata Kilmarnock Pie), prodotta da Brownings The Bakers (sponsor anche della squadra di calcio) e davvero una delle pies più buone che abbia avuto occasione di mangiare – non sono un esperto ma mi piacciono molto le pies e ne ho provate parecchie in questi anni, fidatevi!

The Killie Pie – ora nota come Kilmarnock Pie

Da Edimburgo si arriva a Kilmarnock piuttosto comodamente in treno, ma si deve cambiare a Glasgow – arrivo a Queen St, due passi a piedi verso Glasgow Central e poi treno verso l’East Ayrshire. Ci sono treni con diverse destinazioni che arrivano a Kilmarnock, consiglio di controllare la app o il sito di ScotRail prima di mettersi in viaggio.

Dalla stazione allo stadio ci si arriva a piedi, in una ventina di minuti – la distanza è poco meno di un miglio. Si passa attraverso la cittadina arrivando allo stadio lato settore ospiti (il Chadwick Stand) e consiglio di passare di fronte al main stand, dove si trova lo shop e si può visitare il bar.

Il Moffat Stand

Kilmarnock non è propriamente una destinazione turistica e non ricordo di aver trovato, nelle due occasioni in cui ci sono stato, monumenti o edifici particolari che hanno attratto la mia attenzione. In centro ho però visto alcune sculture piuttosto bizzarre – come quella del subacqueo e del pesce – e non poteva davvero mancare la statua dedicata a Rabbie Burns, il bardo che ha reso l’Ayrshire famoso nel mondo.

La statua dedicata a Rabbie Burns

Burns (nato vicino ad Ayr) è vissuto nella seconda metà del diciottesimo secolo e con le sue opere (poesie e testi lirici) scritte soprattutto in scozzese, ha contribuito in maniera determinante a mettere la Scozia sulla mappa letteraria dell’Europa contemporanea.

Di tutte le sue opere, Tam o’ Shanter è decisamente la mia preferita ma non posso non citare Auld Lang Syne, un poema scritto da Burns sul tema di una canzone popolare diventato ormai un vero e proprio inno da cantare a mezzanotte di ogni Hogmanay.

Saluti da Kilmarnock
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Norwegian Wood(work)

Il Main Stand di Ochilview Park – The Norway Stand

Il motivo per cui mi sono appassionato allo Stenhousemuir è piuttosto singolare. Premetto che, prima di trasferirmi in Scozia, non conoscevo il club e anche per molti mesi anche dopo aver iniziato la mia “nuova vita” quassù, non avevo chiarissima idea di dove collocare Ochilview Park su una mappa della Scozia.

Non so nemmeno bene come sia successo, ma un giorno ho trovato tra le notifiche di Twitter che lo Stenhousemuir mi seguiva. Vado a controllare ed effettivamente quello era davvero il profilo ufficiale del club.

L’interno del main stand

Ovviamente ho subito ricambiato e ho cominciato ad informarmi, ogni fine settimana, sui risultati dello Stenny. Il club (che ha la maglia maroon come gli Hearts) ha anche un altro soprannome (Warriors) che credo sia il motivo del following su Twitter: all’epoca (ma anche adesso) scrivevo quasi esclusivamente di rugby e citavo, ovviamente, sia Edinburgh Rugby che i Glasgow Warriors e proprio i Glaswegians, che dividono il nome con il club, devono essere la ragione dietro tutto questo.

Poco male, un ulteriore motivo per simpatizzare ancora di più per entrambe se la mia teoria, alla fine, si rivelasse davvero esatta!

Con queste premesse, ho impiegato ben sei anni prima di salire su un treno per Larbert e andare, finalmente, a vedere una gara casalinga dello Stenhousemuir.

Il mio biglietto del treno

Li avevo già visti giocare al Tynecastle in League Cup ma, ovviamente, avevo voglia di vedere Ochilview Park e di gustarmi una loro gara tra le mura amiche. L’occasione è arrivata sabato 21 settembre 2019 per la gara contro il Brechin City, valida per il settimo turno della stagione 2019/20 di League 2.

Stenhousemuir è una cittadina della Central Belt che sorge a poche miglia da Falkirk. Dal punto di vista strettamente “turistico”, ahimè, non riserva grandi sorprese anche contando che l’unico monumento (una casa di pietra di epoca romana, la “stone house” che dava il nome al paese) è stata abbattuta nel Settecento e, se consiglio una gita ad Ochilview, se viaggiate coi mezzi come me cercate di arrivare alla stazione di Larbert con un’ora di anticipo sul kick off in modo da percorrere con calma la strada che separa la stazione dallo stadio, mangiarvi una pie e prendere posto.

Ochilview Park appare tra le case

Perché il piatto forte del giorno è proprio Ochilview Park e il suo Norway Stand.

Da Edimburgo c’è un treno ogni mezz’ora circa, destinazione Dunblane, che vi porta a Larbert in poco meno di quaranta minuti. Dalla stazione, svoltate a sinistra sulla strada principale e proseguite sempre dritti, ad un certo punto vedrete un supermercato (ASDA) sulla destra e a sinistra, tra le case, spunteranno i riflettori dello stadio.

Ingresso in campo dei giocatori

Ochilview Park è uno stadio davvero piccolo e molto “basic” ma, anche per questo, a me piace molto. Il club è una “Community Interest Company” ed è gestito da un Trust formato da chi ne detiene le quote.

Come spiega molto chiaramente il sito ufficiale del Club, “The ‘Warriors Supporters Trust’ is registered with the Financial Services Agency as a not-for-profit Industrial and Provident Society. It was established in 2003. It works with the Board of the football club and the Supporters Club to develop a more successful football club.

It is a democratic organisation based on one vote per person, and its committee is elected every year by the members. It is the largest shareholder in the club with 20 % of the shares so that no individual(s) can wrest the control of the club away from its supporters.

Pie e match programme ufficiale della gara tra Stenhousemuir e Brechin City

Ma soprattutto, “A Supporters’ Trust is an organization formed by fans to strengthen the bonds between the club and the community, and to represent the interests of the community in the running of the club.

Insomma, questa dimensione popolare del club (fondato nel 1884) mi ha ulteriormente avvicinato allo Stenhousemuir e il giorno che finalmente sono riuscito ad andare ad Ochilview Park, ho davvero realizzato uno dei miei “sogni” calcistici.

Lo stadio, come detto, è piccolo e ha una terrace dietro la porta (coperta coi soldi e il lavoro dei membri del Trust) e un Main Stand (su cui campeggiano due riflettori molto simili a quelli che ho trovato ad Arbroath e Greenock) che si chiama “Norway Stand” ed è sponsorizzato dal Norwegian Supporter’s Club.

Altra foto del The Norway Stand dall’esterno

Ma come sono arrivati, i Warriors, ad avere tifosi norvegesi cosi appassionati da fondare un club e addirittura sponsorizzare il Main Stand di Ochilview?

La spiegazione la dà Nutmeg, periodico scozzese che si occupa di calcio (articolo ripreso dal sito ufficiale del club): ““It was the name,” explained Georg Mathisen, current chair of Stenhousemuir’s now well-established Norwegian supporters’ club. “The group’s founders – Rolf Wulff, Christian Wulff and Kjell Jarslett – were browsing through Teletext on New Year’s Eve 1992 and saw the name and thought it sounded unusual. It also bears great resemblance to the old Norse language and when you break the name down into its constituent parts it means Stone (Sten) house (house) muir – that last part is open to different interpretation. Many people agree that it means ‘wall’, but it could also come from the word ‘myr’ – which is pronounced similarly to muir – meaning bog or marsh. Either way, they thought that this would be a good team to follow.”

Un momento della gara con la terrace sullo sfondo

Insomma, il calcio può essere talmente strano che puoi scegliere di diventare appassionato di un club di quarta divisione scozzese pur vivendo in Norvegia. Meraviglioso.

Il meteo, quel giorno, è stato più che clemente regalandomi un pomeriggio di sole a picco. Lo Stenny si impose 1-0 davanti a 435 spettatori (dato ufficiale fornito dal club). Avrei pagato pegno, a tutta questa fortuna, al ritorno. Un guasto sulla linea ferroviaria mi costrinse, infatti, a prendere uno degli ultimi treni verso Glasgow Queen St e, da qui, son riuscito a saltare sull’ultimo treno in partenza per Edimburgo (davvero gremito all’inverosimile).

Ma, come si dice da queste parti, you can’t have it all, can you?

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Nella buona sorte e nelle avversità

Il numero di spettatori mostrato sul tabellone luminoso durante la gara tra Scozia e Jamaica del 28.05.2019

Diciottomila cinquecento cinquantacinque. 18,555 spettatori, ad Hampden Park, un martedì sera (28 maggio 2019), per una gara amichevole (biglietti a £5, ma comunque a pagamento) della nazionale femminile.

Prima di chiedermi com’è stato possibile tutto questo, come Shelley Kerr e le sue ragazze siano riuscite a far impazzire una nazione, voglio subito affrontare the elephant in the room, ovvero perché il calcio femminile (ma succede anche nel rugby) faccia cosi fatica ad attrarre un pubblico numeroso sugli spalti.

Scozia-Spagna, 20.10.2012

In Scozia, prendendo esempi un po’ a caso, abbiamo una First Minister donna (Nicola Sturgeon, che secondo recenti sondaggi è anche considerata una delle migliori leader in Europa), abbiamo avuto la prima presidente donna alla guida della Scottish Rugby Union (Dee Bradbury), abbiamo avuto due head coach donne alla guida della nazionale femminile (Anna Signeul e Shelley Kerr, prima che si dimettesse).

Il campionato domestico calcistico non è ai livelli di quelli americano, inglese o tedesco ma il Glasgow City in Europa ha avuto anche occasioni di togliersi qualche soddisfazione, mentre le ragazze della nazionale (prima del glorioso anno 2019) si erano qualificate per la fase finale di un major tournament solo una volta, per l’Europeo del 2017 ma spesso erano arrivate a giocarsi la qualificazione ai playoff contro squadre (Spagna e Olanda) che erano nettamente più forti di loro.

Le ragazze della Scozia al termine della sfida contro la Spagna

Non ho né il tempo né la competenza per mettermi a scrivere un trattato sulle cause vere e profonde di questa disparità, ma credo che la causa sia una disparità “fisiologica” derivante da una mentalità che, per troppo tempo, ha visto famiglia e società organizzate su scala patriarcale e messo le donne in disparte senza consentire loro parità di opportunità con gli uomini.

Qualcosa, negli ultimi anni, si è finalmente mosso e come ho detto poco sopra abbiamo esempi di donne di successo in politica e in altri ambiti della società, ma la strada da fare per abbattere finalmente, una volta per tutte, il “glass ceiling” è ancora lunga. Il dato incoraggiante è che comunque, lentamente ma inesorabilmente, i tempi stanno cambiando e non ci fermeremo finché la parità e l’uguaglianza sono un dato di fatto, una garanzia assoluta e da cui indietro non si tornerà più.

Lo stralcio del messaggio dell’allora head coach Anna Signeul nel match programme ufficiale della sfida tra Scozia e Spagna del 2012

Tornando al calcio, ricordo con grande affetto e piacere la mia primissima visita ad Hampden Park. Era il 20 ottobre 2012, noi ci eravamo trasferiti stabilmente in Scozia da meno di una settimana ma l’occasione era davvero troppo ghiotta per farcela scappare.

La SFA aveva deciso di disputare la gara della Scozia femminile contro la Spagna, valida come andata del playoff qualificazione per l’Europeo del 2013, nella casa del calcio scozzese. Era la prima volta in assoluto che la rappresentativa femminile giocava nel National Stadium e per agevolare l’affluenza del pubblico, si era deciso di dare accesso gratuito al pubblico.

Ingresso in campo delle squadre prima di Scozia-Spagna

In totale, quel freddo sabato di ottobre, 4,058 spettatori erano accorsi ad Hampden per sostenere le ragazze che riuscirono ad imporre il pareggio alla Spagna (1-1), salvo poi venire eliminate (3-2) con un goal subito nei minuti finali dei tempi supplementari, dopo aver sprecato un vantaggio di due goal. Anche in quell’occasione, the Scottish way colpisce ancora.

Dopo quel giorno, la Scozia femminile dovette attendere sette anni prima di tornare ad Hampden ma quando lo ha fatto, lo ha fatto in style.

Un’immagine degli spalti di Hampden Park durante Scozia-Jamaica del maggio 2019

Il 28 maggio 2019, infatti, le ragazze di coach Shelley Kerr hanno avuto lo strameritato sending off con un’amichevole contro la Jamaica nel National Stadium di fronte a 18,555 spettatori.

La Scozia aveva conquistato, pochi mesi prima, il diritto di giocare la fase finale della Coppa del Mondo 2019 in Francia dopo aver vinto il proprio girone di qualificazione, non proprio contro ogni pronostico ma compiendo comunque un’impresa piuttosto clamorosa.

Com’è cambiato Hampden Park, da fuori, in sette anni: sopra nel 2012, sotto nel 2019

Per la prima volta, infatti, la Scozia Femminile avrebbe giocato nella fase finale della Coppa del Mondo e Rachel Corsie e compagne hanno anche interrotto un’attesa lunga vent’anni per tutto il Paese, che non vedeva una sua nazionale (maschile o femminile) nella fase finale di una Coppa del Mondo dall’edizione maschile del 1998 giocatasi in Francia.

Nel 2012 ero andato ad Hampden con MegaBus e autobus locale, ma nel 2019 mi son mosso in treno e ho finalmente provato la “full Hampden experience” ovvero treno da Glasgow Central fino a Mount Florida poi a piedi fino allo stadio.

La full Hampden experience by train

Sono arrivato piuttosto presto – come spesso capita – e l’atmosfera attorno allo stadio era davvero bella, con tante bambine accompagnate dai genitori, tante squadre, tanta passione. Il pre-partita era corso via tranquillo (nonostante la mia missione di trovare un match programme completata solo all’intervallo dopo aver girato per tutto il main stand!) con diverse cerimonie (tra cui la consegna dei caps a molte atlete), oltre ai consueti inni nazionali.

La Scozia era scesa in campo in rosa, con una maglia (away) specificamente disegnata per la rappresentativa femminile, cosi come la tradizionale dark blue di casa che aveva un disegno diverso da quella maschile. Piccoli segnali, volendo, ma davvero grandi passi in avanti nel riconoscere “uguaglianza in tipicità”.

I match programme ufficiali delle due gare della Scozia Femminile giocatesi ad Hampden Park

La Scozia vinse 3-2 grazie ai goal messi a segno da Erin Cuthbert, Caroline Weir e Sophie Howard e ricevette una grande ventata di entusiasmo e di ottimismo. Purtroppo l’avventura nella coppa del mondo non è andata come ci si attendeva anche e soprattutto per mancanza di esperienza a questi livelli, mentre la strada verso la qualificazione al secondo major tournament consecutivo (l’Europeo in Inghilterra inizialmente in programma nel 2021 ma posticipato nel 2022) si è purtroppo interrotta a causa di tre sconfitte consecutive maturate alla ripresa dell’attività post-lockdown.

La maglia home prodotta da Adidas e SFA in esclusiva per la Scozia Femminile

La nazionale femminile, dopo l’addio di Shelley Kerr, è al momento affidata ad un interim head coach e scenderà in campo domani pomeriggio all’AEK Arena di Larnaca contro Cipro (battuto 8-0 all’andata, gara giocata nell’agosto 2019 ad Easter Rd cui ero presente) prima di chiudere il torneo di qualificazione contro il Portogallo, sempre a Larnaca ma allo stadio Αντώνης Παπαδόπουλος. Non ci saranno, purtroppo, in palio punti importanti per la classifica ma le prossime gare saranno comunque importanti per ritrovare morale e fiducia in vista dei prossimi impegni.

Nella buona sorte e nelle avversità, se tu ci sarai io ci sarò.

C’mon Scotland!

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There’s only one club in Glasgow

Uno scorcio del Colin Weir Stand

Tutto quello che sarebbe capitato dopo, ovvero la retrocessione in League 1 con ancora una gara da giocare quando la SPFL ha deciso, a maggioranza ma pur sempre in maniera molto contraddittoria, di chiudere la stagione 2019/20 a marzo e tenere valide le posizioni di classifica all’ultima gara giocata, non potevo prevederlo quando ho messo piede per la prima volta al Firhill Stadium nell’agosto 2019.

Avevo già visto il Partick Thistle giocare un paio di volte al Tynecastle contro gli Hearts (una di queste in un replay di Scottish Cup) e i Jags erano stati ospiti il giorno in cui veniva aperto al pubblico per la prima volta il nuovo Main Stand del Tynecastle Park (e di questo parleremo presto) ma non ero mai riuscito a combinare di andarli a vedere tra le mura amiche. Ho grande simpatia per i Jags e non ho problemi ad ammettere che, se mi fossi trasferito a Glasgow anziché ad Edimburgo e nonostante abbia grandissimo rispetto per il Queen’s Park, loro sarebbero davvero la mia squadra.

Dall’interno del Jackie Husband Stand

Avevo voglia di vedere il Firhill Stadium anche perché, fino alla stagione 2011/12, quello stadio che sorge a Maryhill era stata casa anche dei Glasgow Warriors che si erano poi spostati, nell’annata successiva, ad ovest allo Scotstoun Stadium. Avevo visto molte immagini del campo con le “acca” e anche, quando ero ancora in Italia, una gara dei Jags (credo contro il Celtic, se ben ricordo) trasmessa da Sky Italia quando seguiva il campionato scozzese (ovvero, trasmettendo le gare di Celtic e Rangers).

Insomma, perché abbia aspettato quasi sette anni per andare al Firhill resta uno di quei misteri cui non sai darti una risposta e la colpa, spesso, la dai al fatto che “vabbè son qui vicino ci vado presto” ma poi quel “presto” non arriva mai.

L’interno della magnifica Queen’s Cross Church

Raggiungere il Firhill da Edimburgo non è cosi scomodo, oltretutto. “Solito” treno da Haymarket (o Waverley, se siete in centro) direzione Glasgow e ultima fermata Glasgow Queen Street, poi ci sono due opzioni: o si prende la metropolitana (che, a mio parere, è comunque un’esperienza da fare) scendendo alla fermata St George’s Cross, poi si risale a piede Maryhill Rd fino allo stadio, oppure si fanno due passi in centro fino alla stazione Glasgow Central e si prende il bus della First (se ben ricordo, il 60 o 60A simpliCITY ma sempre meglio controllare il sito della compagnia di trasporti) che parte dalla fermata di fianco alla stazione e vi lascia ad un centinaio di metri scarsi dallo stadio (nome della fermata, Bonawe St).

La zona attorno allo stadio non è propriamente turistica (c’è un pub, The Woodside Inn, frequentato dai tifosi dei Jags nei pre-partita) ma a due passi dal Firhill c’è comunque una vera e propria gemma che straconsiglio di visitare. Si tratta della Free Church of St Matthew, conosciuta col nome di The Mackintosh Church.

Questo edificio è l’unica chiesa disegnata da Charles Rennie Mackintosh, architetto di fama mondiale che ha lasciato numerosi capolavori in giro per il mondo (tra cui il mio preferito è la Glasgow School of Art) si può visitare solo tre giorni alla settimana (lunedì, mercoledì e venerdì) per cui consiglio, se si volesse fare doppietta, di andare al Firhill quando i Jags hanno un anticipo il venerdì sera – oppure fare serata a Glasgow (che è sempre una grande idea!) e andare il sabato alla partita.

Altro motivo per vedere il Partick Thistle in casa è la loro mascotte, Kingsley, che nonostante sia stata ‘imposta’ dallo sponsor di turno non riesco a non farmela piacere.

Kingsley nel pre-partita del match contro l’Ayr United

La mia prima visita è stata ad inizio agosto, seconda giornata della stagione 2019/20 di Scottish Championship con il Partick Thistle che, nell’anticipo del venerdì sera, ospitava il Dundee United di Lawrence Shankland, strafavorito per la vittoria finale del torneo.

La gara era in diretta su BBC Scotland ma, nonostante una leggera pioggia scesa nel pre-partita, orario, giorno e importanza dell’avversario avevano comunque richiamato un buon pubblico. Anche da Dundee erano arrivati in tanti a sostenere gli Arabs (che avevo visto, pochi giorni prima, debuttare in casa con un successo netto sull’Inverness Caley Thistle, gara di cui parlerò prossimamente) e la cornice, in generale, non poteva essere migliore.

Il concourse del Jackie Husband Stand con poster in ricordo di John Lambie

Il Firhill Stadium presenta i segni degli anni passati e dei mancati restauri cui andrebbe sottoposto ma anche cosi, anche senza la terrace che è stata incredibilmente tolta lasciando solo i tre lati coperti, ha decisamente (almeno per me) un grande fascino.

Arrivando al Jackie Husband Stand si percorre un pezzo di strada in salita che costeggia la vecchia terrace e sul muro si nota il murales dedicato al club, prima di svoltare per entrare nel piazzale di fronte allo stand dove sorge anche il botteghino che vende i tagliandi d’ingresso.

Il murales che costeggia la vecchia terrace e visibile sulla strada verso il Jackie Husband Stand

Il Main Stand è stato rinominato Colin Weir Stand nel 2016 in onore di Colin Weir, primo patron dei Jags che dopo la vittoria alla lotteria Euromillion nel 2011 aveva donato una cifra considerevole al club per cui ha sempre fatto il tifo. Weir, mancato nel gennaio 2020, è stato onorato con un’ultima visita al Firhill sulla via verso la chiesa per il suo funerale, gesto simbolico ma davvero di grande significato. Colin Weir non è stato solo un grande tifoso dei Jags, ma anche un grande sostenitore della causa dell’Indipendenza della Scozia, donando ingenti somme alla campagna per lo Yes nel 2014 e all’SNP.

Il Colin Weir Stand

Con il Main Stand assegnato agli ospiti (come capita solo se il contingente al seguito della squadra è superiore alle 500 unità) e andando alla gara da neutrale, ho scelto di sedermi nello stand che corre parallelo al Main Stand, il Jackie Husband Stand. La struttura avrebbe bisogno di qualche lavoro di miglioramento che il club, al momento, non può certo permettersi ma onestamente tutto quello che si chiede ad uno stadio “di provincia”, si trova al Firhill. Compresa la grande passione del pubblico, che non è ovviamente numeroso come ad Ibrox o al Celtic Park ma che segue il club, nella buona e nella cattiva sorte, con grande affetto.

Quella sera, i Jags passarono in vantaggio per primi ma, come sarebbe successo poi altre volte nel corso di quella stagione, alla fine si fecero rimontare e i Terrors, grazie ai goal di Shankland e Pawlett, tornarono a Dundee con altri tre punti.

Le case che sorgono dietro il North Stand e rendono ancora più caratteristico lo skyline dello stadio

Sono riuscito a tornare solo un’altra volta al Firhill, per la gara dei Jags contro l’Ayr United a fine agosto 2019 e come gustoso antipasto del concerto degli Skunk Anansie che era in programma quella sera (sabato 31 agosto) alla O2 Academy di Glasgow. Anche allora, Thistle avanti per ben due volte, poi in nove e alla fine sconfitto (2-3) in rimonta.

I match programme ufficiali delle due gare viste al Firhill

Come detto, l’esperienza del Firhill Stadium è davvero consigliata a tutti gli amanti del calcio cosiddetto “provinciale” (che, sia chiaro, qui è sempre e solo usato come termine positivo) e appena avremo occasione di tornare a viaggiare “liberamente”, ho già in programma un’altra visita in Maryhill.

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Dove il mare incontra il calcio

L’East Stand del Gayfield Park col mare alle sue spalle

Ho già usato l’espressione “luogo dell’anima” su queste pagine, nel post fatto qualche giorno fa sul Cappielow Park. Devo usarla, giocoforza, ancora anche oggi – ma, prometto, non sarà cosi abusata in futuro.

Parlare di Arbroath senza definirlo un luogo dell’anima, sarebbe semplicemente impossibile. Perché per chi, come me, ha a cuore la Scozia, Arbroath rappresenta davvero molto di più di un luogo da visitare per dire “ci sono stato”. Arbroath, per la Scozia, potrebbe davvero essere considerato come Guernica-Gernika per i Paesi Baschi, ovvero un luogo dell’anima, un simbolo di unità, una sineddoche per il Paese intero.

Inutile dire, dopo questa premessa, che considero indispensabile una visita alla cittadina che sorge in Angus, sulle coste del Mar del Nord, a poco meno di due ore di treno da Edimburgo. Ci sono treni diretti tutto il giorno ma non sono frequentissimi, quindi consiglio di prenotare per tempo e consultare gli orari online sul sito della ScotRail – scaricatevi la app, dove ci sono davvero tutte le info necessarie e attraverso cui si possono anche acquistare i biglietti.

La copia della Declaration of Arbroath esposta all’interno della Arbroath Abbey

Arbroath è conosciuta nel mondo per aver dato il nome alla “Dichiarazione”, una lettera scritta nel 1320 da nobili scozzesi e indirizzata all’allora papa Giovanni XXII, in risposta alla scomunica comminata a Robert the Bruce, reo agli occhi del pontefice di aver ignorato la sua richiesta di tregua (1317) durante la prima guerra d’Indipendenza scozzese.

In quella lettera, oltretutto, si fa riferimento ad un Regno di Scozia indipendente, e non un territorio sottomesso alla corona inglese. Celeberrimi sono alcuni passaggi del testo, come “We do not fight for honour, riches, or glory, but solely for freedom which no true man gives up but with his life.

La Declaration of Arbroath è stata spedita dalla Arbroath Abbey, l’abbazia che – seppur in rovine – si può visitare (e vale davvero la pena). Dista davvero a poche centinaia di metri dalla stazione dei treni, a questo link tutte le informazioni utili (orari, costo entrata etc).

Uno scorcio dell’interno della Arbroath Abbey

Sono stato due volte ad Arbroath, entrambe con la scusa di vedere gli Hearts sfidare in amichevole pre-season il club locale, l’Arbroath FC al Gayfield Park.

Prima di andare allo stadio, come consuetudine, tappa alla Abbey e pranzo al The Old Brewhouse, pub/hotel situato in riva al mare all’inizio del suggestivo porto, dove si può gustare il piatto tipico del luogo: lo smokie.

Lo smokie è haddock (più o meno, merluzzo) affumicato con un procedimento particolare, cotto al vapore e servito con patate e insalata. Una vera e propria delizia.

Lo smokie che ho avuto la fortuna di mangiare in tutto il suo splendore

Dal molo si arriva allo stadio a piedi in una decina di minuti e si può costeggiare il mare fino al Gayfield Park, che sorge davvero a pochissimi metri dalla riva. Lo stadio, in sé, è piuttosto “vecchio stile” e anche, volendo essere un po’ cattivi, non proprio in grandissime condizioni ma location e quest’aria di “tempi che furono” lo rendono davvero speciale.

Oltretutto, d’inverno la posizione geografica fa in modo che il Gayfield Park sia uno dei posti più freddi del calcio – e, se siete fortunati, in giornate di mareggiata potete anche vedere giocatori bagnati dal mare mentre battono un calcio d’angolo!

Panoramica del Gayfield Park dalla bandierina all’angolo tra il Main Stand e la North Terrace

Io sono andato sempre in estate e ho avuto la fortuna di trovare due giornate piuttosto asciutte, che hanno reso le due visite ancora piú piacevoli.

I Lichties (questo il soprannome dell’Arbroath FC) sono in questa stagione in Championship ma il primo anno che li vidi giocare, nell’estate 2018, erano ancora in League 1 e quel giorno non era nemmeno stato fatto un programma ufficiale della partita. Nel negozio all’interno dello stadio vendevano, al suo posto, i fogli fotocopiati (a colori) delle formazioni per una cifra, se ricordo bene, non superiore a 50p.

Il foglio delle formazioni della pre-season friendly tra Arbroath e Hearts nel luglio 2018

Hanno la maglia maroon, come gli Hearts, su cui campeggia (nella parte alta della schiena) una bandiera scozzese, e uno zoccolo duro di appassionati.

La cittadina ha poco più di 23mila abitanti e, pur non avendo dati precisi, credo che la media-spettatori si aggiri attorno al migliaio tra paganti e abbonati. Sul sito ufficiale del club è presente il dato spettatori (1,373) presenti sugli spalti il 4 maggio 2019, giorno in cui i Lichties hanno festeggiato la vittoria della League 1 e la promozione in Scottish Championship pareggiando (1-1) contro il Dumbarton, al termine di una stagione che hanno davvero dominato dalla prima giornata.

Il banner che celebra il successo dell’Arbroath in League 1 nella stagione 2018/19 appeso all’interno del Gayfield Park

Il 3 luglio 2018 gli Hearts vinsero (1-2) mentre un anno dopo subirono una brutta sconfitta (2-0, era il 29 giugno 2019) che, col senno di poi, si poteva leggere come una triste premonizione della stagione che ci attendeva.

Arbroath è un posto davvero unico e, come ho già detto, consiglio davvero di metterlo nella vostra lista per il prossimo viaggio in Scozia. Nonostante le quattro ore scarse di viaggio (se pensate di fare andata/ritorno facendo base ad Edimburgo, due ore per tratta) si può visitare tranquillamente in una giornata e soprattutto ci si può vedere una partita di calcio senza per questo rinunciare ai piaceri da “turista” che la cittadina offre.

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Ad un passo dal cielo

Panoramica del St Mirren Park nel pre-partita di Scozia-Svizzera femminile

Ricordo benissimo quel giorno, giovedi 30 agosto 2018. Avevo il turno della mattina ma avevo deciso di prendere comunque mezza giornata di ferie per non rischiare di rimanere impantanato nel traffico dei lavoratori che, dalle 4pm in poi, affollano le stazioni per tornare a casa.

Oltretutto, siccome la mia destinazione era Paisley (da Edimburgo, coi mezzi pubblici, non proprio dietro l’angolo) e dovevo cambiare due treni volevo evitare di arrivare in ritardo. Certo, il kick off della partita era fissato per le 7.35pm e c’era anche la diretta televisiva (su BBC ALBA) ma la gara era davvero importante e, come sempre mi capita soprattutto quando visito un posto o uno stadio nuovo, volevo arrivare con largo anticipo per farmi un giro attorno e fare qualche foto.

Quella sera la Scozia ospitava la Svizzera al St Mirren Park (allora chiamato, per ragioni di sponsor, The Simple Digital Arena) in una partita fondamentale per le speranze delle Dark Blues di qualificarsi alla FIFA Women’s World Cup in programma in Francia nel 2019.

Il braccialetto con l’hashtag “#OurGirlsOurGame distribuito fuori dal St Mirren Park prima della gara

La Scozia Femminile non aveva mai partecipato alla Coppa del Mondo e, in generale, l’ultima apparizione di un Saltire a bordo campo ad una Coppa del Mondo risaliva al 1998 – ironia della sorte, anche in quell’anno il mondiale (maschile) si giocava in Francia.

La rappresentativa maschile aveva deluso parecchie volte le attese di un’intera Nazione, arrivando solo nel 2007 (con la vittoria, guarda caso, contro la Francia) ad un passo dal qualificarsi per Euro 2008. Poi, solo prestazioni sotto le aspettative e mancate qualificazioni che si erano susseguite senza soluzione di continuità.

L’East Stand (Main Stand) del St Mirren Park visto dall’esterno

La rappresentativa femminile, invece, era salita agli onori delle cronache quasi senza fare rumore, in un mondo (quello del calcio, ma spesso anche dello sport in generale) dove le discipline femminili hanno quasi sempre meno soldi, meno attenzione e meno aspettative di quelle maschili.

La questione mi provoca davvero molti fastidi, ma qui mi limito a dire che, quando riesco, sono sempre andato a vedere giocare le ragazze della nazionale femminile di calcio e rugby e per me, lo sport è sport e non riconosco nessuna superiorità intrinseca alle versioni maschili.

Un momento di Scozia-Svizzera

Anyway, tornando a giovedi 30 agosto, l’attesa per la partita era per me davvero tanta perché da qualche tempo non riuscivo ad andare a vedere le ragazze dal vivo e l’occasione era davvero storica: una vittoria con due goal di scarto sulle quotatissime elvetiche, infatti, avrebbe dato alla Scozia (con una gara ancora da giocare) completa padronanza del proprio futuro.

Ogni altro risultato, invece (tranne, ovviamente, la sconfitta) lasciava la Scozia in balia del risultato della Svizzera che, nell’ultimo giornata del torneo di qualificazione, avrebbe fatto visita ad una Polonia già fuori dai giochi (mentre la Scozia avrebbe sfidato l’Albania, altrettanto senza ambizioni di classifica, a Shkodër).

Pie e Bovril, immancabile nel pre-partita di ogni grande gara del calcio scozzese

La Scozia aveva avuto, fino a quel momento, alti e bassi, perdendo una gara (1-0 contro la Svizzera a Schaffhausen in aprile) e vincendone cinque, ma proprio l’ultima vittoria in termini cronologici (raccolta in trasferta a Kielce sulla Polonia 2-3. gara decisa dal goal di Evans al 90′ dopo che la Scozia era stata sotto 2-0 fin oltre l’ora di gioco) aveva acceso gli entusiasmi e davvero dato alle Dark Blues la concreta possibilità di entrare nella storia.

Il match programma della gara con Erin Cuthbert in copertina

Il St Mirren Park è un bello stadio, comodissimo da raggiungere in treno da Glasgow Central e con la stazione (Paisley Gilmour St) davvero a cento metri dall’ingresso. Ho notato anche numerosi parcheggi attorno allo stadio, ma non guido e non saprei dire se fossero o meno a pagamento.

È uno stadio, tutto sommato, “moderno” ma piuttosto piccolo (capienza poco piú di 8mila spettatori), quindi riesce anche ad essere piuttosto originale – nonostante tutto, ovviamente. Non mi ha colpito moltissimo all’interno, nonostante la partita si veda davvero bene da dietro la porta dove ho scelto di posizionarmi. Mi siedo lato tribuna principale nel Nord Stand, il settore solitamente riservato agli ospiti, perché quella sera sono aperti solo 3 stand (il South Stand era infatti chiuso) e l’unico riservato a chi non aveva acquistato biglietti in prevendita era proprio questo, mentre nel West Stand erano ammessi solo membri del Supporters Club della SFA – che alle gare delle rappresentative femminile e U21 hanno accesso gratuito con la loro tessera da soci.

Dopo gli inni nazionali e le consuete foto di rito, l’atmosfera si scalda subito con la Scozia che trova il doppio vantaggio in sette minuti (Cuthbert va in goal al 2′, Kim Little raddoppia al 6′) ma, nella più tipica maniera scozzese, al 7′ le avversarie trovano il goal che fissa il risultato sul 2-1 con cui si chiude il match.

Uno scorcio del West Stand nel pre-partita con la mia bandiera in primo piano

La delusione delle ragazze a fine gara era davvero evidente, perché la vittoria consentiva loro di agganciare la Svizzera in vetta alla classifica a pari punti, ma lasciava alle avversarie il vantaggio della differenza-reti negli scontri diretti.

Nessuno poteva immaginare che, quattro giorni dopo, i goal di Kim Little e Jane Ross avrebbero regalato non solo la vittoria in Albania ma anche primo posto nel Gruppo 2 e qualificazione alla Coppa del Mondo, grazie al contemporaneo pareggio (0-0) della Svizzera in Polonia.

Il sogno era diventato realtà, Flower of Scotland sarebbe tornato a risuonare in uno stadio in occasione della fase finale di una Coppa del Mondo e tutto questo grazie al lavoro straordinario di Shelley Kerr e di tutte le ragazze.

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L’importanza di vincere in casa dei rivali – anche quando giochi in campo neutro

Banchetto con materiale degli Hearts con il Famous Five Stand di Easter Rd sullo sfondo

Sabato 26 gennaio 2013 sono andato per la prima volta ad Easter Road, la casa dell’Hibernian FC, ma solo perché quel giorno gli Hearts giocavano la semifinale di Scottish Communities League Cup contro l’Inverness Caledonian Thistle.

Ricordo bene molte cose di quel giorno, ma anche piuttosto distintamente le polemiche (a mio parere più che legittime) scatenate dai tifosi del Caley Thistle sulla scelta della sede “neutrale” per la partita: mentre i Jambos, da Gorgie, possono raggiungere lo stadio di Leith con un bus diretto (il numero 1 della Lothian Buses) in poco meno di mezz’ora (traffico permettendo), per i sostenitori dei rossoblu la trasferta dalle rive del fiume Ness alla costa del Firth of Forth può anche durare più di quattro ore in pullman.

Un vero “campo neutro” ma, soprattutto, una vera decisione che avrebbe visto le due squadre incontrarsi a metà strada poteva essere uno dei due stadi di Dundee o anche Perth, ma la SFL allora scelse di giocare entrambe le semifinali nella Central Belt – e, stranamente, solo una di queste ad Hampden Park (quella tra St Mirren e Celtic, di cui ho già parlato).

Easter Rd visto dalla cima di Waverley Pl.

Io all’epoca non vivevo ancora in Gorgie quindi per arrivare ad Easter Road ho dovuto cambiare bus in centro. Adesso, dopo qualche anno qui, se il tempo lo permette consiglio di andare in centro coi mezzi e poi di scendere verso lo stadio degli Hibs facendosi una passeggiata su Leith Walk. Cosi facendo, il tragitto si allunga sensibilmente ma si ha occasione di godersi l’atmosfera di uno dei quartieri più cosmopoliti di Scozia.

Esperienza che ho fatto spesso, ma davvero pochissime volte per una partita di calcio perché, come ho già detto, da tifoso degli Hearts non ho molte ragioni di andare ad Easter Rd.

Per una vista “casual” dello stadio, invece, scendete su London Rd e proseguite oltre l’incrocio con Easter Rd, poco più avanti troverete dei vicoli con scalinata e da li la vista è davvero suggestiva. Lo stadio si vede anche piuttosto bene da Calton Hill, oltre che dall’aereo se siete seduti sul lato sinistro vista finestrino arrivando dall’Italia.

Uno scorcio di Easter Rd visto dal West Stand (Main Stand)

Se visto da fuori lo stadio ha un certo fascino, non sono invece un grande fan di Easter Rd da dentro e il fatto che tifi Hearts non influisce assolutamente sul mio giudizio: ho visto foto dello stadio prima della ristrutturazione e, se paragonate al risultato odierno, il lavoro fatto ha avuto un effetto terribile, uccidendo l’atmosfera e l’unicità dello stadio nel nome di quattro stand “comodi” ma senz’anima.

Tornando alla gara, per gli Hearts siamo nella stagione post-fiveone, post-Romanov, la stagione in cui, risvegliatisi dall’hangover dopo il trionfo in Scottish Cup proprio contro gli Hibs (che si sarebbero dovuti sentire il coro “since 1902” ancora per altri quattro anni) si è subito capito che, per gli anni a seguire, ci sarebbe stato davvero da soffrire.

Con queste premesse, giocare la semifinale di una coppa (considerata la “wee Cup”, ma pur sempre un major trophy) era davvero un risultato importante. I Jambos arrivarono alla gara entrando nella competizione al terzo turno e dopo aver battuto Livingston (3-1 al Tynecastle) e Dundee United (4-5 ai rigori al Tannadice), mentre l’Inverness era partito dal secondo turno battendo, a sua volta, Arbroath (0-2 al Gayfield Park), Stenhousemuir (5-6 ai rigori ad Ochilview Park) e Rangers (0-3 ad Ibrox).

I giocatori degli Hearts festeggiano sotto il settore dei Jambos il goal di Ngoo

Considerando come le due squadre sono arrivate a quella sfida, non sorprende che la gara sia stata decisa ai calci di rigore. L’Inverness, allora guidato da Terry Butcher, era passato in vantaggio in avvio di secondo con Andrew Shinnie tempo prima che Ngoo trovasse il pareggio per gli Hearts. L’espulsione di Scott Robinson costrinse gli Hearts a giocare quasi un’ora (compresi i supplementari) in inferiorità numerica e anche per questo il successo finale (arrivato grazie all’errore di Philip Roberts nell’ultimo penalty della serie) è stato festeggiato da tutto l’ambiente, giocatori e i numerosi tifosi accorsi, con grande entusiasmo. Una vittoria ad Easter Rd, ambiente ostile per eccellenza per un tifoso degli Hearts, va sempre festeggiata anche quando non giochi contro i tuoi rivali!

Il match programme ufficiale della gara tra Inverness Caley Thistle e Hearts

I tifosi degli Hearts erano, per ovvie ragioni, la stragrande maggioranza dei 16,300 spettatori presenti quel giorno e il ritorno verso Gorgie è stato, ancora una volta, festoso. Quella stagione sarebbe stata, però, davvero avara di ulteriori soddisfazioni considerando che gli Hearts sarebbero poi stati battuti dal St Mirren in finale di League Cup, dopo esser stati eliminati dalla Scottish Cup proprio dagli Hibs (1-0 ad Easter Rd) e in campionato avrebbero chiuso al decimo posto, cambiando oltretutto guida tecnica in febbraio con Gary Locke che prese il posto di John McGlynn (che ad inizio carriera si è anche trovato a fare lavori da idraulico per permettere al suo club di allora di andare avanti).

Sembra quasi impossibile da credere che la stessa squadra, ad inizio stagione, era stata eliminata dall’Europa League ai playoff dal Liverpool perdendo 0-1 al Tynecastle ma pareggiando 1-1 ad Anfield, passando in vantaggio con Templeton prima che Luis Suarez spegnesse i sogni di tempi supplementari con un goal al minuto 88.