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Api, Seasiders e una giornata di sole a Pilton

I giocatori del LTHV festeggiano il goal che ha deciso la gara di ieri contro il Dunbar United

Il replay del secondo turno di Scottish Cup mi ha offerto un assist da manuale per tenere aperta la mia “striscia” di partite nella coppa nazionale. Finora, infatti, ero riuscito a vedere una gara per turno ma la scelta di settimana scorsa di andare al Tynecastle Park per la (deludente) gara tra Hearts e Dundee di Premiership, in contemporanea con la doppia sfida della Scozia Femminile, mi aveva di fatto impedito di poter vedere una partita del secondo turno di Scottish Cup.

Come detto, per fortuna non solo alcune gare erano andate al replay, ma addirittura una di queste era in programma ad Ainslie Park sabato 30 ottobre con kick off alle 3pm. Ieri pomeriggio, poco prima delle 2pm, sono salito a bordo del bus numero 21 e, dopo qualche fermata, sono arrivato ad Ainslie Park per la mia seconda visita stagionale – e per la mia terza gara di Scottish Cup.

Ingresso in campo delle squadre

Dopo aver visto in azione per due volte il Tynecastle FC, stavolta le protagoniste della gara di coppa erano Lothian Thistle Hutchison Vale Football Club (la squadra che, come ha sottolineato il mio amico Jim, ha il nome più lungo del calcio scozzese battendo di una lettera l’Inverness Caledonian Thistle Football Club) e il Dunbar United Football Club.

I Seasiders sono stati fondati nel 1925, i loro colori sociali sono il bianco e nero (con prima maglia a strisce, seconda blu) e giocano le gare casalinghe al New Countess Park, uno stadio situato a Dunbar, cittadina dell’East Lothian a circa 30 miglia da Edimburgo. Come dice il loro sito ufficiale, “The club make their senior Scottish Cup debut due in season 2021/22″ ed è stato quindi speciali vederli per la prima volta nella loro prima apparizione nella coppa nazionale.

La shed di Ainslie Park baciata dal sole

Il LTHV, invece, ha una storia molto più recente. Fondato nel 1969 come squadra amatoriale espressione della Lloyd Finance, hanno debuttato col nome Lloyds & Scottish prima di diventare Lothian Thistle. Colleagto con il club Hutchison Vale (che non ha una squadra senior maschile ma agisce solo a livello giovanile ed è stato fondato nel 1940, mentre la squadra femminile gioca in SWPL2) hanno cambiato il loro nome in Lothian Thistle Hutchison Vale all’inizio della stagione 2011/12.

Entrambe le squadre giocano nella Premier League della East of Scotland League (cosi come il Tynecastle), un gradino sotto la Lowland League e quindi al sesto posto nella piramide del calcio scozzese ed entrambe, nonostante la stagione sia ancora piuttosto lunga, hanno già accumulato un distacco dalle prime due in classifica tale da non consentire sogni di promozione in Lowland League – anzi, almeno per quanto riguarda il LTHV l’obiettivo sarà evitare di restare impantanato nella parti basse della classifica.

Una fase della prima frazione di gioco

La sfida di Scottish Cup di ieri, che metteva in palio un posto nel terzo turno con gara casalinga contro l’Edinburgh City, offriva quindi ad entrambe le squadre di poter anche contare sui soldi garantiti dal successo del turno e dalla gara successiva, oltre che dare la possibilità di sfidare una squadra che siede due categorie sopra di loro – e che negli ultimi anni non ha più nascosto le sue ambizioni di promozione in League1.

Dopo una settimana di pioggia battente, nella giornata di ieri il cielo ha deciso di concedere una tregua e ci ha regalato un pomeriggio di sole, umido e freddo ma pur sempre senza dover utilizzare un ombrello o doversi rifugiare nella shed. Sono arrivato allo stadio con circa mezz’ora di anticipo sul kick off quindi in tempo per prendere il programma, mangiarmi una pie e scambiare due parole.

I Seasiders festeggiano il goal che ha aperto le marcature

Il campo sintetico di Ainslie Park ha permesso che la gara si giocasse regolarmente, perché la casa del LTHV (la Saughton Enclosure) ha terreno naturale e più di qualche problema di drenaggio. Per questo motivo, da questa stagione, i gialloneri si sono trasferiti a Pilton e dividono cosi il campo con gli Spartans (maschile e femminile) e l’Edinburgh City, che è ancora in attesa di potersi finalmente trasferire nel nuovo Meadowbank Stadium – i cui lavori di ricostruzione dovrebbero essere ormai quasi al termine.

Settimana scorsa le due squadre hanno pareggiato (1-1) e anche nella gara di ieri l’equilibrio ha regnato per tutti i novanta minuti, nonostante gli ospiti (passati in vantaggio nei primissimi minuti di gioco approfittando di un grossolano errore difensivo del LTHV) si siano trovati, a primo tempo quasi finito, in inferiorità numerica per un inutile fallo di reazione a metà campo.

Il match programme della gara

Si era, allora, già sull’1-1 dopo che i padroni di casa avevano prima guadagnato, poi trasformato un calcio di rigore apparso ‘soft’ ma comunque, almeno da dove ero posizionato io, ineccepibile. C’era una buona cornice di pubblico alla partita, con una ratio di circa tre ospiti per un tifoso di casa, e i sostenitori dei Seasiders (questo il soprannome del Dunbar United) si sono fatti sentire ma non sono riusciti a portare la squadra al risultato voluto.

In avvio di secondo tempo, infatti, il LTHV ha trovato il goal del vantaggio ed è riuscito, non proprio agevolmente ma comunque meritatamente, a restare davanti fino al triplice fischio finale. Sugli altri campi, impresa del Clydebank che dopo aver imposto il pareggio lunedi scorso nel posticipo casalingo, è andato a battere l’Elgin City (club di League2) a domicilio conquistandosi il diritto di giocare il terzo turno di Scottish Cup contro il Clyde mentre il Darvel (club dell’Ayrshire che gioca in West of Scotland League Premier Division) è andato a vincere a Stranraer e sfiderà il Brechin City, unica squadra di Highland League rimasta in corsa dopo la sconfitta dei Brora Rangers per mano degli Albion Rovers ieri pomeriggio nell’ultimo replay del secondo turno.

Posted in 500 miles, Friendly, Scozia

Weekend lunghissimo (e agrodolce) per la Scozia

“Football v Homophobia”, continua l’impegno della Scozia contro ogni forma di discriminazione

La Scozia Femminile ha chiuso ieri sera a Paisley il suo personale weekend “lunghissimo”, apertosi venerdi scorso ad Hampden Park contro l’Ungheria.

Le ragazze di coach Martinez Losa sono scese in campo venerdi sera per il terzo turno del torneo di qualificazione per la prossima Coppa del Mondo e, anche contro le magiare e come successo a Budapest ad inizio settembre, l’unico risultato a disposizione era una vittoria.

I match programme delle due gare del weekend “lunghissimo”

Con la Spagna come favoritissima per la vittoria del gruppo, la Scozia deve assolutamente cercare di vincere le sfide contro le altre avversarie (Faroer, Ucraina e, appunto, Ungheria) per garantirsi il secondo posto e il diritto di giocarsi gli spareggi. Contando che le tre migliori seconde dell’intero lotto passano direttamente allo spareggio “finale” (andata e ritorno), ogni punto è davvero fondamentale e venerdi la Scozia ha dovuto soffrire ben oltre il previsto per avere la meglio delle avversarie, arrivate a Glasgow con l’intento di rendere il compito a Rachel Corsie e compagne il più difficile possibile.

Per onestà, va detto che la Scozia non ha fatto molto per semplificarsi la vita, scendendo in campo un po’ troppo nervosa e faticando molto a mettere in campo il proprio game-plan. Martinez Losa sta cercando di dare una forma diversa alla Scozia e in queste prime uscite le ragazze stanno cercando di adattarsi ai nuovi moduli, anche perché sia l’head coach che il gruppo si stanno davvero conoscendo strada facendo, non avendo avuto modo di lavorare in allenamento e non avendo giocato, prima di ieri sera, nessuna gara amichevole.

Not your usual pre-game routine…

La partita di venerdi mi ha dato occasione di tornare, finalmente e dopo oltre due anni, nel mio pub preferito di Glasgow, il Waxy O’Connor’s. Pre-partita speciale, con pinta di Chieftain IPA e pacchetto di Tayto, prima di prendere il treno da Glasgow Central in direzione Mount Florida.

Avendo già il biglietto (compreso nella quota dello Scotland Supporters Club) sono arrivato allo stadio che mancava poco meno di un’ora al kick off, tempo sufficiente per leggersi il match programme e iniziare ad entrare in clima partita.

Nell’immediato pre-partita, dopo gli inni nazionali, la Scozia ha mostrato solidarietà con le colleghe della NWSL (la massima serie calcistica degli Stati Uniti) per lo scandalo emerso recentemente di abusi subiti dalle giocatrici negli anni, mettendosi in cerchio a bordo campo, prima di inginocchiarsi in campo contro ogni forma di discriminazione – un gesto che, in una gara che coinvolge una rappresentativa ungherese, assume al momento un significato particolare.

Scozia e Ungheria schierate per gli inni nazionali

Come detto, il primo tempo è stato davvero brutto ma nonostante questo la Scozia era riuscita a trovare il goal del vantaggio con la centrocampista offensiva del Milan, Christy Grimshaw, brava nel controllare un cross nell’area avversaria prima di infilare la portiere ungherese, davvero una delle migliori in campo.

La serata, che ha visto la Scozia Femminile stabilire un nuovo record di pubblico per gare ufficiali (gli oltre 18,500 spettatori dell’amichevole contro la Jamaica restano davvero un numero incredibile) con 6,445 tifosi sugli spalti di Hampden Park, doveva ancora riservare sorprese. L’Ungheria, infatti, era riuscita – complice una ‘dormita’ della difesa scozzese – a trovare il pareggio e la Scozia non sembrava in grado di riuscire a prendersi tutta la posta in palio.

La Scozia festeggia la vittoria mentre le giocatrici ungheresi si disperano per la sconfitta arrivata nei minuti finali

Come successo con la nazionale maschile contro Israele, però, Hampden ha potuto ruggire tutto il suo entusiasmo a tempo scaduto, quando capitan Rachel Corsie (who else?) ha trovato il colpo di testa vincente, regalando tre punti potenzialmente fondamentali alla Scozia che resta cosi imbattuta e in scia alla Spagna.

Ieri sera, invece, la prima amichevole della gestione Martinez Losa (e la quarta uscita stagionale) ha segnato anche la prima sconfitta del nuovo corso.

L’esterno dello SMiSA Stadium di Paisley

A Paisley contro la Svezia, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Tokyo 2020, la Scozia ha dovuto cedere (0-2) di fronte ad un’avversaria, al momento, ancora troppo più forte. Anche schierando una squadra lontana da quella ideale, la Svezia è riuscita a chiudere la Scozia nella propria area per larghi tratti del match, trovando il goal del vantaggio solo nella ripresa e raddoppiando grazie ad uno sfortunato autogoal.

Squadre schierate per il minuto di silenzio

Sono arrivato in treno da Glasgow (la stazione, Paisley St James, è davvero distante solo un centinaio di metri dagli ingressi dello stadio) e sono riuscito a vedere tutta la preparazione pre-gara della Svezia, davvero molto interessante notare che le ragazze non si allenano solo per riscaldare i muscoli ma nell’immediato pre-partita hanno giocato per una decina di minuti provando soluzioni offensive con tutte le dieci titolari in campo.

La gara è stata tutto sommato piacevole, nonostante il vento (cui si è aggiunta una pioggia battente a fine primo tempo) con Martinez Losa che ha provato diverse soluzioni – come schierare Erin Cuthbert ‘volante central’ per larghi tratti del match – e ha avuto soprattutto occasione di dare spazio a giocatrici che, nelle gare ufficiali, non avevano avuto modo di mettersi in mostra.

Un momento del match tra Scozia e Svezia

La Scozia non è riuscita a tenere aperta la propria striscia positiva a Paisley, dove battendo la Svizzera nell’agosto 2018 aveva compiuto un passo decisivo verso la qualificazione per la Coppa del Mondo del 2019.

Anche ieri sera, prima della gara, la Scozia ha mostrato solidarietà con le colleghe americane, oltre a rendere omaggio, con un minuto di silenzio, a Walter Smith, ex manager della Scozia maschile scomparso ieri.

Pioggia e vento hanno influenzato le prestazioni delle atlete ieri sera

La Svezia conoscerà domani pomeriggio i nomi delle avversarie al prossimo Europeo inglese, per la Scozia invece adesso testa alla prossima avversaria. Le Blues sfideranno l’Ucraina ad Hampden Park (ieri si è giocato al SMiSA Stadium di Paisley perché Glasgow si sta preparando per ospitare il COP26) il 26 novembre in un’altra gara da vincere a tutti i costi, sulla strada verso la qualificazione per il Mondiale 2023 che si giocherà in Australia e Nuova Zelanda.

Posted in Hearts, Scottish Premiership

Grande delusione o aspettative troppo alte?

Una fase del primo tempo della sfida tra Hearts e Dundee FC

Si dice che se non hai aspettative, non puoi rimanere deluso e che quando, invece, hai aspettative troppo alte, il rischio di rimanere comunque deluso sia direttamente proporzionale.

Non so dire, onestamente, se le mie aspettative nella settimana precedente la gara degli Hearts contro il Dundee FC fossero troppo alte. Dopo il pareggio ottenuto a tempo quasi scaduto ad Ibrox, che lasciava i Jambos ad un punto dalla vetta, e considerando che l’avversario di giornata aveva vinto una sola gara in nove uscite, credevo che attendermi una vittoria (anche piuttosto netta, ma andavano bene anche solo i 3 punti) sarebbe stato il “minimo sindacale” in termini di aspettative come tifoso in possesso di un biglietto per il match.

Va anche considerato che, dopo gli eventi che hanno portato alla chiusura della stagione 2019/20 con conseguente retrocessione degli Hearts e il ruolo da protagonista che ha giocato il Dundee FC nell’intera faccenda (non voglio, qui, andare a toccare una ferita per me decisamente ancora aperta) le sfide tra le due squadre non sono più partite normali.

Oltretutto, nelle file del Dundee FC ci sono tre ex degli Hibs, McPake come manager, Cummings e soprattutto Leigh Griffiths in rosa oltre a Charlie Adams, giocatore il cui talento è indiscutibile ma che non sempre, da avversario, riesci ad apprezzare appieno a causa del suo atteggiamento in campo.

Il match programme

Insomma, sabato scorso sono andato in Gorgie con tanta voglia di vincere convinto che la squadra condividesse la mia stessa ambizione. Mi ero sbagliato, purtroppo, perché gli Hearts sono scesi in campo incapaci di imporre il proprio gioco, non dico svogliati (sarebbe ingeneroso) ma davvero in una di quelle giornate che, se hai qualche decennio di calcio alle spalle, capisci già nei primi minuti sarebbero state difficili.

Sabato faceva il suo debutto il controllo obbligatorio del passaporto covid, senza il quale era negato l’accesso allo stadio. Decisione presa dal Governo Scozzese per cercare di convincere ancora più persone a fare il vaccino (contando che, tra poco, si comincerà a distribuire le terze dosi) e che nelle settimane precedenti il suo ingresso obbligatorio aveva scatenato qualche polemica. Tutto è filato liscio, solite code ai tornelli nei minuti precedenti la gara che nulla hanno a che vedere col pass (la stragrande maggioranza del pubblico, qui, ha l’abitudine – che non riesco a condividere – di lasciare il pub ad un soffio dal calcio d’inizio entrando cosi, spesso, a gara già in corso) e più di 17mila spettatori presenti sugli spalti del Tynecastle Park.

Con l’ingresso obbligatorio del passaporto covid venivano anche tolti gli ultimi limiti di capienza allo stadio, con le aree attorno alle panchine adesso finalmente occupate dai tifosi.

Sabato chiudeva anche la settimana dedicata all’azione della charity Show Racism The Red Card, con tutti i giocatori in campo nel riscaldamento con una t-shirt con il nome della charity, il cartellino rosso con la scritta sulle maglie da gioco e i giocatori che, nell’immediato pre-partita, hanno idealmente mostrato il cartellino rosso al razzismo.

I giocatori mostrano il cartellino rosso al razzismo nell’immediato pre-partita

Come detto, la prestazione messa in campo non è stata nemmeno lontanamente vicina da quella che ci si aspetta da una squadra seconda in classifica, imbattuta in stagione (unica squadra) che gioca in casa contro la penultima in classifica. Nonostante tutte le difficoltà mostrate, gli Hearts era anche riusciti ad andare a riposo avanti nel punteggio grazie al gran goal di John Souttar, uno dei rarissimi casi in cui un giocatore degli Hearts aveva trovato modo di calciare verso la porta avversaria da fuori area – evento davvero molto raro, purtroppo.

Nella ripresa i Jambos avevano continuato a giochicchiare e l’infortunio a Boyce (speriamo davvero non sia nulla di grave) aveva tolto dal campo anche l’unico attaccante “vero” a disposizione di Robbie Neilson. Anche i cambi non hanno avuto l’impatto sperato cosi, a tempo quasi scaduto, Jason Cummings ha approfittato della colpevole disattenzione difensiva dei padroni di casa per trovare il pareggio.

Il settore ospiti è letteralmente esploso, c’è stato un tentativo di andare a contatto coi tifosi di casa (tentativo solo provato, senza alcuna voglia di portarlo davvero a compimento da nessuna delle due parti) e anche con sette minuti di recupero a disposizione gli Hearts non sono più riusciti a rendersi pericolosi.

Riscaldamento pre-gara con t-shirt contro il razzismo

Si è chiuso cosi sull’1-1, risultato che complice la vittoria dei Rangers a Paisley ieri all’ora di pranzo (1-2 in rimonta) lascia gli Hearts al secondo posto ma adesso a tre punti dalla capolista, a pari punti col Dundee United (prossimo avversario) e con un solo punto di vantaggio sul Celtic, al momento quarto.

Spero di sbagliarmi ma vedo più di un parallelo con la stagione 2018/19, iniziata benissimo ma compromessa a cavallo tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre con risultati deludenti e infortuni ‘pesanti’ che avevano costretto gli Hearts a giocare senza elementi importanti per molte giornate. Spero che l’infortunio di Boyce, uscito dal campo zoppicando, non sia nulla di grave, spero di sbagliarmi sul parallelo ma temo che le mie aspettative, ovvero quelle di avere una squadra finalmente pronta a lottare per il titolo fino all’ultima giornata, siano davvero troppo ambiziose.

Nessuno, in Gorgie, ha mai parlato ovviamente di vincere il campionato perché si sa come vanno le cose nel calcio scozzese, si sa che alla fine in un modo o nell’altro una della due old firm, se non entrambe, si prenderanno la scena e faranno gara a sè (come successo ieri sera ad Austin, Texas nel GP degli USA di F1 con Verstappen ed Hamilton) ma per una volta avrei voluto sognare un po’ più a lungo, magari fino a natale.

Posted in Hearts, SWPL1

Aún queda mucho por andar…

Un momento della sfida tra Hearts Women e Glasgow City ad Oriam

Il mio weekend perfetto si è chiuso domenica pomeriggio sulle “tribune” dell’Outdoor Astro di Oriam, il Scotland’s Sports Performance Centre sede di allenamento di Scozia ed Hearts e casa delle Hearts Women.

Dopo aver visto le Jambos in azione ad Easter Rd nell’Edinburgh Derby un paio di settimane fa, era la mia prima volta in casa e l’avversario di turno, le Glasgow City FC, erano sulla mia lista da parecchio tempo.

Per chi segue il calcio femminile scozzese, le Glasgow City sono una sorta di “mito”, con i loro quattordici titoli domestici in a row e la loro peculiarità di essere nate come squadra femminile, senza essere la “filiale” femminile di una squadra maschile.

La copertina del match programme – disponibile solo in versione digitale a questo indirizzo: https://issuu.com/homplc/docs/21.22_hmwfc_programme_glasgow_city_

Il Glasgow City FC è stato fondato nel 1998 da Laura Montgomery e Carol Anne Stewart (entrambe hanno anche rivestito il ruolo di capitane del club). Il club avrebbe avuto un ruolo fondamentale nel cambiare la mentalità di una Nazione, seguendo i dettami di Anna Signeul, che nel 2005 è diventata head coach della Scozia Femminile e si è trovata di fronte un lavoro enorme nel tentativo di costruire le fondamenta per i recenti successi della Nazionale.

C’è un bellissimo documentario prodotto da BBC ALBA sulla nascita del club e si può trovare a questo link.

L’approccio seguito dalle Glasgow City di andare above and beyond quanto richiesto dalla head coach svedese ha permesso loro di portarsi in netto vantaggio rispetto alla concorrenza ma ha anche creato un gap cosi ampio che, nel 2013, il club aveva seriamente pensato di chiedere alla FA inglese la possibilità di giocare in quella che oggi è conosciuta come la Women’s Super League, massima competizione domestica inglese.

Riscaldamento pre-partita delle due squadre

Il club, con cui hanno giocato (tra le altre) Jane Ross, Leanne Chrichton ed Erin Cuthbert, ha scelto come colori sociali l’arancione e il nero. Non ci sono motivi “politici” dietro questa decisione ma solo il fatto che l’arancione è un colore “brillante”. Ben sei giocatrici erano presenti nella rosa della Scozia che, per la prima volta nella sua storia, partecipava alla Coppa del Mondo in Francia e anche adesso, nonostante gli altri club (soprattutto le versioni femminili dell’Old Firm, ma anche le Hibs) stiano lentamente chiudendo il gap al vertice, le City sono una fonte di ispirazione.

Sono anche tornate a casa, al Petershill Park di Springburn (Glasgow North), dopo qualche anno passato tra Airdrie e Cumbernauld a causa dell’inagibilità del terreno di gioco. Proprio al Broadwood Stadium le City hanno giocato le loro gare di Champions League, perdendo contro il Servette il diritto di giocare la fase a gironi – dove avrebbero trovato Chelsea, Wolfsburg e Juventus.

Ingresso in campo delle squadre

Domenica pomeriggio, kick off 2pm, le Glasgow City (con divisa away, maglia-pantaloncini-calzettoni bianchi) sono scese in campo nel sesto turno di SWPL1 (il massimo torneo domestico femminile scozzese) ospiti delle Hearts Women che, sotto la guida della head coach catalana Eva Olid stanno cercando di costruire le fondamenta di futuri successi.

Al momento, però, la rosa delle Jambos è una delle più giovani dell’intera SWPL1 e, di conseguenza, il lavoro di Olid è sia tattico, sia soprattutto psicologico. Il successo ottenuto in rimonta in trasferta contro l’Aberdeen aveva dato entusiasmo a tutto l’ambiente, la prestazione messa in campo ad Easter Rd (al netto di un paio di brutti errori personali) era stata anche incoraggiante ma l’arrivo nella capitale delle Glasgow City, che solo una settimana prima avevano vinto 9-0 contro le Spartans, lasciava prevedere un pomeriggio piuttosto lungo per capitan Kaney e compagne.

Il canovaccio della gara si è sviluppato come facilmente prevedibile con le City in totale dominio di possesso e territorio e le Jambos costrette a difendersi dentro la propria trequarti. Una grandissima prestazione di Charlotte Parker-Smith, che oltre ad essere l’estrema difensora delle Hearts di lavoro è avvocatessa, ha impedito alle ospiti di dilagare ma vanno fatti i complimenti a tutta la squadra, capace di difendersi bene senza commettere falli ed arginando al meglio la marea avversaria che cresceva col passare del tempo.

Un momento della gara

Andate a riposo sullo 0-2, le Jambos hanno saputo contenere le City anche per i successivi quarantacinque minuti (nonostante l’ingresso in campo di Priscila Chinchilla, talentuosa attacante costaricana e una delle punte di diamante di una rosa davvero completa in ogni reparto), chiudendo con una sconfitta ma riuscendo ad evitare che il tabellino si ingrossasse ulteriormente.

Certo, Lee Alexander (portiere della Scozia Femminile) ha passato un pomeriggio piuttosto tranquillo ma, per il momento, le Jambos devono saper prendersi il positivo da ogni uscita e l’aver contenuto una squadra nettamente superiore in ogni zona del campo è davvero un segnale incoraggiante.

Piccola chiosa ‘polemica’, perché purtroppo non posso davvero non sottolineare come il contesto in cui una partita viene giocata sia, sempre ma soprattutto di questi tempi, importante.

Capisco che, per diverse ragioni purtroppo, al momento le Hearts Women giocherebbero in un Tynecastle Park pressoché deserto, ma non posso accettare che nella capitale non ci sia un’alternativa (penso a Meggetland, ma anche ad Ainslie Park nonostante troppe squadre ultimamente abbiano scelto come casa lo stadio degli Spartans) migliore rispetto ad un campo di allenamento con tre “enclosure” e un campo sintetico tutt’altro che perfetto.

Screenshot da BBC iPlayer (la gara era trasmessa in diretta) con i tre stand dell’Outdoor Astro di Oriam. Io ero seduto in quello a sinistra nella foto

Con le Hibs che giocano gare casalinghe a Livingston, Celtic di casa ad Airdrie, Aberdeen che dividono il campo coi Cove Rangers, Motherwell coi Caledonian Braves e Rangers che addirittura giocano nel loro centro di allenamento, credo che ci sia spazio per ulteriori miglioramenti per garantire alle ragazze di giocare in contesti che rispecchino lo status di “massima competizione domestica femminile scozzese”.

La Scozia Femminile, finalmente, giocherà ad Hampden Park tutte le proprie gare casalinghe. Speriamo che, presto, anche i club seguano l’esempio virtuoso della Nazionale e trovino modo di far giocare le proprie squadre femminili a casa propria, non solo come one-off ma con continuità. Tutte e tutti ne avremmo beneficio.

Posted in 500 miles, Scozia

“I just don’t think you understand…”

Il mitico Hampden’s roar sabato sera ha svolto un ruolo cruciale nel successo ottenuto dalla Scozia

Difficile davvero raccogliere a parole tutte le emozioni provate sabato scorso, 9 ottobre, prima, durante e dopo la gara della Scozia ad Hampden Park. Difficile anche perché, anche dopo due giorni, sono senza voce e mi trovo girando per casa a canticchiare “yes sir, I can boogie”.

Non era una finale, quella contro Israele, il successo ha “solo” messo la Scozia nelle migliori condizioni, vincendo le prossime due gare in trasferta contro Isole Faroer e Moldova, di garantirsi il secondo posto nel girone alle spalle della Danimarca e quindi di accedere agli spareggi per uno dei tre posti rimanenti per la prossima Coppa del Mondo, ma vincere una gara cosi, in quel modo, contro un avversario ostico sotto diversi punti di vista, è qualcosa che ti rimane dentro.

Che poi la Coppa del Mondo in Qatar nemmeno la voglio guardare, come avevo già detto in tempi non sospetti, per diversi motivi. Ma sarebbe davvero qualcosa di straordinario vedere la Scozia maschile qualificarsi, dopo oltre vent’anni, per la fase finale di un Mondiale.

On our way to the East Stand…

Erano anni che non mi ritrovavo quasi in lacrime al termine di una partita, erano anni che non provavo una sensazione quasi “extra-corporea” ad un goal, qualcosa di bellissimo che ti permette di sfogare tutte le tensioni accumulate nei mesi precedenti e nei minuti che, dal fischio d’inizio, avevano messo la gara subito in salita.

Erano anni che non festeggiavo un goal con cosi tanta passione da sentire quasi mancare la terra sotto i piedi. Erano anni che non ero davvero cosi contento.

Davvero impossibile descrivere a parole le emozioni provate sabato sera. Giornata iniziata benissimo con sosta pranzo al birrificio Doppio Malto, proseguita con viaggio in treno verso Mount Florida, piccolo contraccolpo col biglietto – QR code non funzionava, cosi mi son garantito un viaggio in biglietteria per avere un nuovo biglietto – e dentro Hampden Park alle 3.45pm, un’ora e un quarto prima del calcio d’inizio, fissato alle 5pm.

Il pre-partita, segnato dall’alternarsi di cielo coperto e una pioggerella fastidiosa, è corso via tranquillo ma la tensione è iniziata a farsi sentire davvero quando le squadre sono entrate in campo, in un Hampden Park completamente esaurito (50,585 spettatori perché per il protocollo-covid ancora in vigore, le aree attorno alle panchine sono rimaste vuote). C’è stato qualche fischio durante l’inno degli avversari, con parecchie bandiere della Palestina che spuntavano tra i Saltire sugli spalti, seguito da una rendition di Flower of Scotland da brividi, giocatori in ginocchio per protestare contro ogni forma di discriminazione, poi il direttore di gara ha dato il via al match.

Il match programme

Che dopo sette minuti, come detto, si è messo subito in salita. Errore difensivo, punizione concessa poco fuori dal limite dell’area, goal degli ospiti. La reazione scozzese c’è stata e uno dei giocatori diventati ormai simbolo della squadra di Steve Clarke, John McGinn, ha pareggiato i conti con un bel tiro a girare dalla destra che ha battuto Marciano (l’ex portiere degli Hibs sabato è stato davvero uno dei migliori in campo).

Il primo tempo, però, doveva ancora riservare drama e cosi è stato, con gli ospiti che alla ripresa si sono riportati avanti col secondo tiro in porta del match (venendo a festeggiare proprio sotto di noi) e con Dykes che, a tempo scaduto, si era fatto parare il rigore del pareggio.

Panoramica di un Hampden Park sold out

Il centravanti del QPR, che coi suoi due goal aveva regalato sei punti alla Scozia nelle precedenti uscite contro Moldova e Austria ha comunque trovato modo di rifarsi nella ripresa, trovando il goal del pareggio (annullato piuttosto clamorosamente dal direttore di gara e convalidato dalla var). Gli avversari di giornata, venuti a Glasgow con il bisogno di vincere, hanno cercato di innervosire la Scozia con ogni mezzo possibile, perdendo tempo già al quarto d’ora del primo tempo, festeggiando i goal provocando il pubblico, simulando e rimanendo a terra il più a lungo possibile.

Anche questo atteggiamento ha decisamente contribuito a creare l’atmosfera giusta per spingere la Scozia verso la vittoria. Andy Robertson (che sabato ha festeggiato i 50 caps in nazionale) e compagni ci hanno creduto fino in fondo, letteralmente, mettendo alle corde gli avversari e riuscendo a trovare il goal della vittoria al 94′ con Scott McTominay, centrocampista del Manchester United che, nonostante sia nato in Inghilterra e sia cresciuto nell’Academy dello United, ha sempre detto di voler giocare per la Scozia – e come ricorda un coro quasi popolare come quello dedicato a McGinn, “He loves the Tartan Army, he turned the English doon”.

Si torna a casa senza voce ma con negli occhi una serata che sarà indimenticabile

Vista a mente un po’ meno calda (non credo avrò mai una mente fredda quando penso a questa partita), non poteva che finire cosi, con un goal anche piuttosto fortunoso nei minuti di recupero (ma va dato credito a McTominay di aver seguito l’azione e di essersi fatto trovare presente sul palo lontano, come ha sottolineato un estatico Ally McCoist durante la telecronaca ormai entrata negli annali).

E alla fine, è giusto cosi. Adesso la Scozia è padrona del proprio destino ma deve vincere ancora, contro Faroer e Moldova, portare a cinque la striscia di vittorie consecutive per arrivare alla sfida di novembre contro la Danimarca senza assilli di classifica.

Il cielo sopra Hampden Park

Se quella sera di settembre, nel 2019, dopo la partita contro il Belgio, mi avessero detto che due anni dopo avrei prima visto la Scozia giocare alla fase finale di un major tournament e poi sarei stato senza voce per tre giorni dopo aver visto la Scozia dal vivo ad Hampden Park vincere una partita folle in rimonta, non penso ci avrei creduto.

Ma è successo davvero, adesso vediamo cosa ci aspetta nelle prossime partite.

Intanto, con la poca voce rimasta, non resta che continuare a ricordare a tutto il vicinato che “We’ve got McGinn – uh! – Super John McGinn, I just don’t think you understand…”

Posted in U21

Young Team in cerca di un posto nella fase finale dell’Europeo U21

Scozia e Danimarca U21 schierate a centrocampo per gli inni nazionali

In una settimana che, per la prima volta in quasi due anni, posso davvero definire densa di impegni, sono riuscito anche ad infilare una partita della Scozia U21, tornando al Tynecastle Park per la seconda volta in cinque giorni – dopo quasi due anni di assenza.

Ieri sera l’avversaria dei wee Dark Blues era la Danimarca, una squadra che, come la nazionale maggiore maschile, è cresciuta parecchio negli ultimi anni. Il paradosso di nazionali come Danimarca, ma anche Belgio e Olanda, è quello di stare al top a livello internazionale pur avendo un campionato domestico di livello tutt’altro che eccelso.

Il match programme

Per mancanza di competenza non entro adesso in un’analisi dell’Academy dell’Ajax o su come il Midtjylland abbia costruito una squadra capace di sfiorare la qualificazione alla fase a gironi di Champions League, ma credo di poter dire senza timore di smentite che i denari a disposizione dei club di Eredivisie o di Superliga danese non siano nemmeno paragonabili con quelli della Premier League inglese – o della Liga, ma nemmeno della Serie A italiana nonostante il torneo tricolore sia, ultimamente, un po’ meno attraente rispetto agli Anni Novanta del secolo scorso.

La Scozia U21 ha aperto il suo Europeo vincendo (1-0) in Turchia, un successo sorprendente che purtroppo i ragazzi di coach Scott Gemmill non sono stati capaci di replicare ieri sera, cedendo (0-1) di fronte ad una squadra apparsa più completa in ogni reparto e più “pronta”.

Le tre gare della Scozia U21 al Tynecastle Park

Ho visto solo poche gare dal vivo della Nazionale U21 e tutte al Tynecastle Park, ma la prima in assoluto mi è capitato di vederla allo Stadio Pietro Fortunati di Pavia, contro l’Italia. Era il 25 marzo 2005 e gli Azzurrini di coach Claudio Gentile vinsero 2-0 con goal di Bianchi e Rosina contro una Scozia che aveva in porta l’eroe di Belgrado, David Marshall, e in difesa un certo Christophe Berra.

Da allora ho dovuto attendere più di tredici anni per rivedere l’U21 scozzese dal vivo. Avversaria di quella sera, martedi 6 settembre 2018, era Andorra e una tripletta di Fraser Hornby, allora in forza all’Everton, aveva regalato alla Scozia il successo in quella che sarebbe stata l’unica vittoria, per me, dal vivo.

Un mese dopo, infatti, l’Inghilterra si era imposta (0-2) mentre un anno più tardi, in una fredda serata d’ottobre del 2019 molto diversa da quella di ieri sera, con la prima Indian Summer di stagione, la Scozia non era riuscita ad andare oltre lo 0-0 contro la Lituania.

Un momento di Scozia-Danimarca, chiusasi 0-1

Ho sempre avuto grande affetto per l’Italia U21 perché, ai tempi della scuola, giocava sempre nel primo pomeriggio e di solito di mercoledi, dandomi quindi occasione di una pausa tra pranzo e compiti. Ricordo bene i pomeriggi passati davanti al mio piccolo televisore per guardare giocatori che, qualche anno più tardi, avrebbero poi trovato spazio nella nazionale maggiore. Ho trasposto questa attenzione, questo “affetto” alla Scozia U21 ma le gare giocate di sera e il contesto dello stadio, con pochi spettatori (ieri sera eravamo poco più di 1,400 al Tynecastle Park) e la maggior parte di questi distratta e non proprio interessata a quanto succede in campo, hanno tolto un po’ di fascino.

I prossimi due impegni, contro Kazakistan e Belgio, sono in programma in novembre al Tannadice Park di Dundee. Bellissimo stadio, ma è difficile che nel 2021 riesca ancora ad organizzarmi per andare a vedere una gara dal vivo. Mi siederò comunque sul divano, o per terra, e farò in modo di vedere l’U21 in diretta televisiva perché, nonostante tutto, è un rituale cui non voglio rinunciare.

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Tornare a casa dopo tanto tempo (o We shall not be moved, part 2)

Un momento della gara tra Hearts e Motherwell

Tornare a casa dopo tanto tempo è spesso qualcosa di piacevole. Dipende comunque da diversi fattori (la casa, cosa ci aspetta in quella casa, la nostra predisposizione d’animo quando intraprendiamo il viaggio e quando finalmente raggiungiamo la meta).

Ricordo benissimo, ai tempi del liceo, di aver studiato che l’Odissea era solo uno dei libri che raccontavano il ritorno a casa di un eroe della guerra di Troia, Ulisse/Odisseo, mentre I Nostoi (“i ritorni”), poema in cinque libri del cosiddetto ciclo troiano in cui venivano raccontati i ritorni a casa, appunto, degli altri eroi “epici”, è andato perduto. Il ritorno è un tema che ritorna [gioco di parole brutto ma voluto, ahime] spesso in letteratura, in tutto il suo corso e il concetto stesso di ritorno implica un luogo da cui ci si è allontanati, volenti o costretti, e che si vuole rivedere.

Ora, dopo questa citazione “colta”, non intendo assolutamente descrivere il mio ritorno al Tynecastle Park in chiave eroica, ma nel mio piccolo la giornata di ieri, 2 ottobre, si è già guadagnata un posto speciale nella mia personale storia della mia vita (tutto personale, d’altronde questo è un diario e non potrebbe quindi essere altrimenti).

There and then, and now: i programmi delle ultime due gare viste al Tynecastle Park

Insomma, dopo oltre due anni (l’ultima volta era il 25 settembre 2019) ieri sono finalmente tornato “a casa”, al Tynecastle Park, per vedere una partita degli Hearts. La colpa maggiore di questa assenza è, ovviamente, della pandemia ma tra fine settembre 2019 e il marzo 2020 gli Hearts avevano giocato diverse partite ma io, per un motivo o per l’altro (rugby, spesso, il trasloco, ma anche un bisogno di staccare dalla mia routine che iniziavo a sentire piuttosto impellente) non ero più riuscito ad andare in Gorgie (da cui mi ero trasferito nel dicembre 2019 dopo sei anni).

Per marcare ulteriormente l’evento, quando sono andato a ritirare il mio biglietto in settimana mi sono anche preso la nuova maglia away, quella con la scritta sul petto “Always Hearts” che è già diventata una delle mie maglie preferite.

Always Hearts, a richiamare uno dei murales presenti nel Main Stand del Tynecastle Park

Lo stadio è sempre lo stesso, ma il pre-partita (con tornelli aperti dalla 1.30pm per kick off alle 3pm, controllo passaporto vaccino covid, mascherina da indossare ovunque tranne quando seduti al proprio posto) è un po’ diverso, anche perché è la prima volta per me in Gorgie dopo il trasloco.

I lavori in corso mi permettono comunque di arrivare a piedi allo stadio percorrendo Gorgie Road e approfitto della camminata (ringraziando anche Giove Pluvio per aver interrotto la striscia di showers che si abbatteva dal mattino e che sarebbe ripresa durante la partita) per comprare il programma della gara.

I’m back

Andando a rivedere i programmi delle sfide tra Hearts e Well ho rivisto quello della mia prima volta, marzo 2013, programma con intervista esclusiva a Marius Zaliukas, allora in procinto di lasciare il club.

Non posso negarlo, la situazione di ieri aveva per me l’aria di un deja-vu: Hearts partiti benissimo in campionato, imbattuti, con la possibilità di andare primi in classifica da soli (attendendo oggi il risultato di Rangers-Hibs) e Motherwell come avversario.

Insomma, ero tornato con la memoria all’inizio di autunno del 2018 – sappiamo tutti come sia poi finita, ma fatte le dovute proporzioni direi che il paragone non solo si possa azzardare, ma sta anche in piedi.

Forever in our Hearts: il match programme del mio primo Hearts-Motherwell

Il Motherwell, dal canto suo, arrivava in EH11 sulla scorta di buone prestazioni, buoni risultati e solo un punto dietro gli Hearts. Non potevo mancare.

I Jambos mi hanno davvero impressionato, soprattutto per l’autorevolezza mostrata nella prima parte di gara. 2-0 all’intervallo per i goal di Boyce (rigore) e Kingsley (punizione da poco fuori area), prestazione maiuscola di Baningime (Beni per gli appassionati maroon) a metà campo e nel complesso Motherwell annichilito, con gli Steelmen che hanno creato una sola occasione a tempo scaduto, nata da un corner dubbio e disinnescata alla grande da Craig Gordon, adesso davvero il miglior portiere scozzese in attività senza ombra di dubbio.

Ingresso in campo delle squadre

Certo, Boyce ha fallito un rigore in avvio di ripresa e Gordon è stato superlativo su Woolery nel ribaltamento del gioco, gli Hearts hanno avuto qualche passaggio a vuoto e in generale, si, avrebbero potuto fare meglio, ma non credo ci sia modo migliore di presentarsi alla supersfida di Ibrox del 16 ottobre.

Cosa succederà, quel giorno e nelle settimane successive, nessuno può saperlo. Nel 2018 la sconfitta in semifinale di League Cup contro il Celtic e gli infortuni occorsi a giocatori-chiave avevano ridimensionato le ambizioni dei Jambos, ma risentire ieri pomeriggio, seppur timidamente, risuonare un “we shall not, we shall not be moved…” dalle parti di Gorgie mi ha comunque fatto molto piacere.

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“Pioneers and trailblazers”, ma solo dopo oltre quarant’anni

Il poster dello spettacolo in scena al Traverse Theatre

Mercoledì 29 settembre è stata una giornata che ho personalmente dedicato al calcio femminile scozzese. Il caso ha voluto che, nello stesso giorno, ci fosse infatti il Women’s Edinburgh Derby ad Easter Rd (di cui ho già parlato) e la messa in scena dello spettacolo teatrale dedicato ad una delle più grandi giocatrici scozzese della storia recente, Rose Reilly.

Lo spettacolo, chiamato semplicemente “Rose”, è in scena al Traverse Theatre di Edimburgo fino a domani, 2 ottobre, ma i biglietti sono andati esauriti davvero in pochissimo tempo. Lo spettacolo rientra nell’offerta di “A play, a pie and a pint“, splendida iniziativa che consente, col prezzo di ingresso, di vedersi uno spettacolo (di solito in programma all’ora di pranzo) e prima, o dopo, mangiare una pie e bersi una pinta di birra – o un bicchiere di vino, se l’aria del teatro vi ispira di più.

“Rose” è un one-woman show scritto da Lorna Martin che racconta la storia di Rose Reilly attraverso la voce della protagonista, dai suoi primi anni in Ayrshire all’amore per il calcio e a tutte le avventure e i problemi affrontati a causa del suo folle amore per la palla tonda.

Rose, una delle migliori calciatrici della sua epoca (ma non solo), ha avuto la “sfortuna” di innamorarsi di uno sport, il calcio, che fino al 1971 (sarebbe stato il 1974 in Scozia) per le donne era proibito vedere come una carriera. Non solo, a causa del ban datato 1921, con cui le federazioni calcistiche avevano deciso di proibire alle donne di giocare a calcio impedendo ai club “maschili” di dare accesso a squadre femminili ai propri impianti, organizzare anche un’amichevole era davvero un’impresa.

I tempi son cambiati, per fortuna, la strada da fare è ancora molto lunga ma la consegna dei caps alle atlete che hanno preso parte alla prima gara internazionale tra Scozia e Inghilterra giocatasi a Greenock nel 1972 su un terreno di gioco ghiacciato, con le giocatrici scozzesi che furono costrette a comprarsi loro le maglie blu, cui hanno cucito numeri e logo e che sono arrivate al campo di gioco a bordo di un camion che trasportava letti e divani dopo che non erano riuscite ad organizzare il noleggio di un autobus.

Il palcoscenico pronto prima dell’inizio dello spettacolo

La storia della carriera di Rose Reilly si mischia, inevitabilmente, con quella della sua vita privata e sempre tenendo presente un background “patriarcale” che vede la SFA nei panni del villain.

Rose, per giocare a calcio a livello professionistico, è stata costretta ad emigrare prima in Francia, poi in Italia dove ha davvero trovato modo di esprimersi al massimo, vestendo anche la maglia della Nazionale Italiana e vincendo il Mundialito nel 1984 – va ricordato che la prima Coppa del Mondo femminile organizzata dalla FIFA è datata 1991.

Il biglietto dello spettacolo

Rose ha ricevuto “giustizia” (dopo esser stata bannata dalla SFA, con altre due colleghe, nel 1974) solo nel 2019 quando la First Minister Nicola Sturgeon, nel pre-partita dell’amichevole tra Scozia e Giamaica giocatasi ad Hampden Park (ultimo match della Scozia prima della partenza per la prima presenza ad una Coppa del Mondo) ha consegnato a lei e ad altre sue compagne di squadra il cap per la gara contro l’Inghilterra giocatasi a Greenock.

Pioneers and trailblazers” vengono chiamate, adesso, Rose e le sue compagne. Credo che queste definizioni facciano loro piacere ma fino ad un certo punto, perché sono convinto che Rose e le sue compagne, cosi come tutte le donne che amano il calcio nonostante questo meraviglioso sport non abbia sempre ricambiato questa passione, volessero soltanto essere libere di giocare.