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Montrose val bene un giorno sott’acqua

L’ingresso del Links Park, casa del Montrose FC

Sto scrivendo questo post con l’intento di esorcizzare le previsioni meteo per domani, che hanno previsto un po’ di tutto: piogge torrenziali, temporali, vento con picchi a 26mph. Oltre che, ovviamente, ricordare una piacevole giornata.

Domani si dovrebbe tornare on the road sul serio, dopo davvero troppo tempo, ma la prospettiva di rivivere un giorno come il 20 luglio 2019, dal punto di vista strettamente meteorologico, non mi attrae particolarmente.

Uno scorcio del Links Park dall’interno della West Terrace

Avevo in mente di andare a Montrose da parecchio tempo e nel luglio 2019 gli astri si erano finalmente allineati nel modo giusto, cosi qualche settimana prima avevo prenotato i biglietti del treno (in modo da risparmiare qualche soldo) e ovviamente non potevo sapere quale meteo mi avrebbe accolto sulla costa dell’Angus.

“C’è un’aria minacciosa per la via…”

Quella mattina ho lasciato Edimburgo sotto il diluvio e sono sceso a Montrose, dopo un paio d’ore di treno, accolto da un cielo oscurato da nuvoloni grigi e carichi d’acqua. Dopo qualche minuto di bonus, il cielo si è letteralmente aperto e per me, deciso comunque a portare a termine il mio consueto giro turistico prima di andare allo stadio, era iniziato il calvario.

Non ero pronto ad un tale acquazzone e sulla strada verso il Links Park, ricordo di essermi imbucato nel Montrose Museum per cercare di asciugarmi alla bell’e meglio e salvare il pomeriggio – perché nonostante la grande motivazione, passare novanta minuti fradicio non è esattamente una prospettiva allettante.

Montrose in the rain

Il museo mi ha salvato la giornata e, se capitate da quelle parti, vale la pena farci un salto per avere un’idea migliore sulla storia della città e dell’area nel corso dei secoli.

Montrose era sede di un famoso Marchese (che viene citato anche da Sir Walter Scott in una delle sue più famose produzioni letterarie, Rob Roy) ed è stato un centro importante (grazie al suo porto) di commercio marittimo. È tutt’oggi uno dei centri più importanti per la pesca e commercio del cod, un pesce simile al merluzzo che viene utilizzato in uno dei piatti principali della cucina locale: il fish and chips.

La squadra locale, il Montrose FC, milita il League 1 e quel giorno ospitava il Forfar Athletic in un derby dell’Angus valido come terzo turno della fase a gironi della League Cup (allora nota, per ragioni di sponsor, come Betfred Cup). Avevo già visto il Forfar, a Meadowbank, nella prima gara della storia dell’Edinburgh City in League 2 (di cui parlerò prossimamente), ma non ero mai stato a Montrose e non avevo mai visto dal vivo i Gable Endies, quindi la giornata riservava comunque tanto interesse.

Bamse

Prima di arrivare al Links Park e di fermarmi al museo per, come detto, asciugare le ossa, sono andato a far visita a Bamse.

Questo cane San Bernardo (il cui nome, in norvegese, significa “teddy bear”) ha una statua dedicata nella zona vicina al porto. Arrivato a Montrose a bordo del cacciamine norvegese Thorodd durante la seconda guerra mondiale, avrebbe salvato la vita di un ufficiale a Dundee ed era diventato un vero e proprio simbolo. Alla sua morte, nel luglio 1944, la città di Montrose (dove è sepolto) gli ha tributato funerali ufficiali e nel 2006 con la metà delle donazioni arrivate dalla sua Norvegia, ha finalmente anche una statua per ricordarlo.

Cosi, dopo Stenhousemuir e il suo Main Stand, c’è un’altra cittadina scozzese con forti legami con la Norvegia – anche nei Princes St Gardens di Edimburgo c’è un monumento che ricorda i soldati dell’esercito norvegese di stanza in Scozia durante la seconda guerra mondiale.

Il Bryan D. Keith Stand (Main Stand) visto dalla West Terracce

Tornando alla partita, il Links Park (stadio che è la casa del Montrose, fondato nel 1879, dal lontano 1887) ha una capienza di poco più di 4,900 spettatori, che si possono posizionare o nel Main Stand (davvero alto), o nella shed che corre dietro i tornelli. C’è anche la possibilità, per gli ospiti, di vedersi la partita dall’altro lato del campo, che è però una terrace senza copertura.

Lo stadio ha una lunga storia e, come spesso dico, è uno di quei posti che gli amanti del calcio scozzese devono visitare almeno una volta – cosi come Montrose merita decisamente una visita.

La West Terrace vista dal Main Stand

Ironicamente, appena ho messo piede dentro lo stadio la pioggia è cessata (salvo riprendere al fischio finale, con la stessa intensità della mattinata) e le due squadre hanno avuto modo di giocare su un terreno sintetico fradicio ma almeno senza l’ulteriore fastidio della pioggia battente.

La gara si era aperta nel migliore dei modi per i padroni di casa, passati in vantaggio dopo soli nove minuti, ma si era chiusa con una sonora sconfitta (1-4 il risultato finale) che, senza nulla togliere ai meriti del Forfar Athletic, non era di certo facilmente prevedibile.

Il match programme (valido per due gare)

Al ritorno, come detto, sono stato ancora ‘benedetto’ da una pioggia torrenziale, ma non sono stato scoraggiato dal visitare la Montrose Beach e la passeggiata, con scorci che davvero da soli valgono il viaggio.

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L’importanza di vincere in casa dei rivali – anche quando giochi in campo neutro

Banchetto con materiale degli Hearts con il Famous Five Stand di Easter Rd sullo sfondo

Sabato 26 gennaio 2013 sono andato per la prima volta ad Easter Road, la casa dell’Hibernian FC, ma solo perché quel giorno gli Hearts giocavano la semifinale di Scottish Communities League Cup contro l’Inverness Caledonian Thistle.

Ricordo bene molte cose di quel giorno, ma anche piuttosto distintamente le polemiche (a mio parere più che legittime) scatenate dai tifosi del Caley Thistle sulla scelta della sede “neutrale” per la partita: mentre i Jambos, da Gorgie, possono raggiungere lo stadio di Leith con un bus diretto (il numero 1 della Lothian Buses) in poco meno di mezz’ora (traffico permettendo), per i sostenitori dei rossoblu la trasferta dalle rive del fiume Ness alla costa del Firth of Forth può anche durare più di quattro ore in pullman.

Un vero “campo neutro” ma, soprattutto, una vera decisione che avrebbe visto le due squadre incontrarsi a metà strada poteva essere uno dei due stadi di Dundee o anche Perth, ma la SFL allora scelse di giocare entrambe le semifinali nella Central Belt – e, stranamente, solo una di queste ad Hampden Park (quella tra St Mirren e Celtic, di cui ho già parlato).

Easter Rd visto dalla cima di Waverley Pl.

Io all’epoca non vivevo ancora in Gorgie quindi per arrivare ad Easter Road ho dovuto cambiare bus in centro. Adesso, dopo qualche anno qui, se il tempo lo permette consiglio di andare in centro coi mezzi e poi di scendere verso lo stadio degli Hibs facendosi una passeggiata su Leith Walk. Cosi facendo, il tragitto si allunga sensibilmente ma si ha occasione di godersi l’atmosfera di uno dei quartieri più cosmopoliti di Scozia.

Esperienza che ho fatto spesso, ma davvero pochissime volte per una partita di calcio perché, come ho già detto, da tifoso degli Hearts non ho molte ragioni di andare ad Easter Rd.

Per una vista “casual” dello stadio, invece, scendete su London Rd e proseguite oltre l’incrocio con Easter Rd, poco più avanti troverete dei vicoli con scalinata e da li la vista è davvero suggestiva. Lo stadio si vede anche piuttosto bene da Calton Hill, oltre che dall’aereo se siete seduti sul lato sinistro vista finestrino arrivando dall’Italia.

Uno scorcio di Easter Rd visto dal West Stand (Main Stand)

Se visto da fuori lo stadio ha un certo fascino, non sono invece un grande fan di Easter Rd da dentro e il fatto che tifi Hearts non influisce assolutamente sul mio giudizio: ho visto foto dello stadio prima della ristrutturazione e, se paragonate al risultato odierno, il lavoro fatto ha avuto un effetto terribile, uccidendo l’atmosfera e l’unicità dello stadio nel nome di quattro stand “comodi” ma senz’anima.

Tornando alla gara, per gli Hearts siamo nella stagione post-fiveone, post-Romanov, la stagione in cui, risvegliatisi dall’hangover dopo il trionfo in Scottish Cup proprio contro gli Hibs (che si sarebbero dovuti sentire il coro “since 1902” ancora per altri quattro anni) si è subito capito che, per gli anni a seguire, ci sarebbe stato davvero da soffrire.

Con queste premesse, giocare la semifinale di una coppa (considerata la “wee Cup”, ma pur sempre un major trophy) era davvero un risultato importante. I Jambos arrivarono alla gara entrando nella competizione al terzo turno e dopo aver battuto Livingston (3-1 al Tynecastle) e Dundee United (4-5 ai rigori al Tannadice), mentre l’Inverness era partito dal secondo turno battendo, a sua volta, Arbroath (0-2 al Gayfield Park), Stenhousemuir (5-6 ai rigori ad Ochilview Park) e Rangers (0-3 ad Ibrox).

I giocatori degli Hearts festeggiano sotto il settore dei Jambos il goal di Ngoo

Considerando come le due squadre sono arrivate a quella sfida, non sorprende che la gara sia stata decisa ai calci di rigore. L’Inverness, allora guidato da Terry Butcher, era passato in vantaggio in avvio di secondo con Andrew Shinnie tempo prima che Ngoo trovasse il pareggio per gli Hearts. L’espulsione di Scott Robinson costrinse gli Hearts a giocare quasi un’ora (compresi i supplementari) in inferiorità numerica e anche per questo il successo finale (arrivato grazie all’errore di Philip Roberts nell’ultimo penalty della serie) è stato festeggiato da tutto l’ambiente, giocatori e i numerosi tifosi accorsi, con grande entusiasmo. Una vittoria ad Easter Rd, ambiente ostile per eccellenza per un tifoso degli Hearts, va sempre festeggiata anche quando non giochi contro i tuoi rivali!

Il match programme ufficiale della gara tra Inverness Caley Thistle e Hearts

I tifosi degli Hearts erano, per ovvie ragioni, la stragrande maggioranza dei 16,300 spettatori presenti quel giorno e il ritorno verso Gorgie è stato, ancora una volta, festoso. Quella stagione sarebbe stata, però, davvero avara di ulteriori soddisfazioni considerando che gli Hearts sarebbero poi stati battuti dal St Mirren in finale di League Cup, dopo esser stati eliminati dalla Scottish Cup proprio dagli Hibs (1-0 ad Easter Rd) e in campionato avrebbero chiuso al decimo posto, cambiando oltretutto guida tecnica in febbraio con Gary Locke che prese il posto di John McGlynn (che ad inizio carriera si è anche trovato a fare lavori da idraulico per permettere al suo club di allora di andare avanti).

Sembra quasi impossibile da credere che la stessa squadra, ad inizio stagione, era stata eliminata dall’Europa League ai playoff dal Liverpool perdendo 0-1 al Tynecastle ma pareggiando 1-1 ad Anfield, passando in vantaggio con Templeton prima che Luis Suarez spegnesse i sogni di tempi supplementari con un goal al minuto 88.

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Quando i Buddies fecero l’impresa

I tifosi del St Mirren festeggiano la vittoria nella semifinale di Scottish Communities League Cup nel gennaio 2013

Ieri pomeriggio [24 gennaio] il St Mirren è stato sconfitto 1-0 dal Livingston nella semifinale di Betfred Cup (League Cup), nonostante soprattutto nella ripresa i ragazzi di coach Goodwin abbiano davvero provato a ribaltare il risultato maturato in avvio.

Dovranno cosi attendere un’altra stagione prima di poter ripetere l’impresa compiuta nel 2013, quando ad Hampden Park riuscirono ad eliminare il Celtic proprio in semifinale – e sulla strada per andare ad alzare il trofeo due mesi più tardi, sempre al National Stadium ma stavolta contro gli Hearts.

Il Main Stand di Hampden Park, foto scattata 27.01.2013

Quel pomeriggio di fine gennaio (era domenica 27 gennaio 2013, kick off fissato per le 2.30pm) il St Mirren (di cui Goodwin era capitano) era sceso in campo come underdog, che più underdog non si può. Il Celtic di Neil Lennon era arrivato alla semifinale dopo aver battuto il Raith Rovers (4-1, quattro goal a firma di Gary Hooper) e il St Johnstone (5-0, a segno ancora Hooper, Mulgrew e Commons con un hat-trick), in campionato non aveva rivali (era la prima stagione dopo il fallimento dei Rangers, costretti a ripartire dall’allora Third Division) ed era lanciatissimo verso il treble, anche sulla scorta della buona performance in Champions League (dove era stato eliminato dalla Juventus agli ottavi).

Il St Mirren, invece, arrivava a quella sfida avendo giocato un turno in più (il format della competizione, allora chiamata Scottish Communities League Cup, era diverso da quello attuale ma anche allora le squadre che avevano chiuso nei primi posti in Scottish Premier League entravano nella competizione più avanti) e battuto, non senza qualche problema, Ayr United (secondo turno, 5-1), Hamilton Academical (terzo turno, 1-0 con goal di Mair al 90′) e Aberdeen (terzo turno, 2-2 dopo i supplementari e 4-2 ai rigori al Pittodrie).

St Mirren e Celtic entrano in campo prima della semifinale di League Cup del 27.01.2013

Danny Lennon, il manager dei Saints, aveva però già fatto esperienza da “mata-gigantes” da giocatore. Era infatti presente nella squadra dei Raith Rovers che, nel 1994 e proprio contro il Celtic, erano riusciti a vincere la League Cup ai rigori ribaltando un pronostico, forse, allora ancora più blindato di quello del 2013.

Danny non aveva potuto giocare la finale per infortunio, ma aveva contribuito alla vittoria nella semifinale giocatasi al McDiarmid Park contro gli Airdrieonians. Allora entrambi i club militavano in First Division (l’odierno Championship) e il premio della finale contro il Celtic ad Hampden Park valeva quasi come un titolo.

Vendita di sciarpe del Celtic sulla strada di fronte ad Hampden Park

Era la seconda volta, per me, ad Hampden Park quel giorno, nonostante fossi in Scozia da poco meno di sei mesi. Nell’ottobre 2012, infatti, avevo avuto occasione di visitare il National Stadium per vedere la Scozia femminile in azione contro la Spagna, nella gara di andata dello spareggio-qualificazione UEFA Women’s EURO 2013 (di questa gara parlerò altrove).

All’epoca non viaggiavo in treno ma mi spostavo con MegaBus (costavano meno e credevo fossero più comodi) e autobus locali quindi arrivai a Hampden girando per il Southside di Glasgow, col bus che (se ricordo bene) ha una fermata sulla strada principale in linea d’aria di fronte all’ingresso principale dello stadio (mentre arrivando in treno, dalla stazione Mount Florida, Hampden si vede dalla curva di solito destinata agli ospiti).

Il match programme della semifinale

Ricordo bene il viaggio verso Hampden Park, ricordo bene il pre-partita con gli spalti che si riempivano pian piano e il mismatch presente non solo in campo, ma anche nel numero di tifosi al seguito delle due squadre – col settore riservato ai tifosi del St Mirren unico punto ad interrompere la marea biancoverde, nonostante il National Stadium fosse tutt’altro che sold-out.

Tutti, come detto, ci aspettavamo che il Celtic vincesse la gara (chi più, chi meno anche piuttosto facilmente) ma i Buddies sono riusciti davvero a compiere un’impresa clamorosa, ancora più di quando, un paio di mesi più tardi, riuscirono a completare il trionfo battendo gli Hearts in finale (cui non bastò la doppietta di Ryan Stevenson per ottenere un successo nella “wee Cup” che manca ormai da decenni).

Il consueto “huddle” pre-partita dei giocatori del Celtic

A voler guardare indietro adesso, col senno di poi, in quella gara si potevano intravvedere negli Hoops i primi sintomi che sono poi diventati evidenti nelle stagioni successive, col Celtic che l’anno dopo fallí clamorosamente su tutti i fronti (tranne che in campionato), venendo eliminato dalla League Cup al terzo turno (loro prima apparizione stagionale, 0-1 in casa contro il Greenock Morton) e in Scottish Cup (al quinto turno, 1-2 ancora in casa ma stavolta contro l’Aberdeen).

Il match finí 3-2 (St Mirren era designato come “squadra di casa” e anche per questo il Celtic ha giocato in completa divisa nera, a questo link del sito della BBC trovate highlights e interviste post-partita) ma non andò per nulla come ci si attendeva. Il St Mirren, infatti, riuscì a portarsi avanti 3-1 (terzo goal a firma Steve Thompson, nato a Paisley ma con un passato ai Rangers) grazie anche all’errore di Mulgrew dal dischetto. Il difensore, nazionale scozzese, si era riscattato nei minuti finali fissando il risultato sul 3-2.